Corso Umberto I - Parte II
L’esistenza di diverse città e paesi con centri urbani immutati nei secoli costrinse la Società Italiana delle Strade Ferrate Meridionali a non progettare il tracciato della sede ferroviaria dentro questi centri per non modificare pesantemente l’assetto urbano. Il tracciato quindi fu spostato più a monte, collegando le stazioni ai limiti delle città. Le bretelle di collegamento divennero col tempo spazio di futuri insediamenti residenziali e industriali in un periodo di incremento demografico. La Società Italiana delle Strade Ferrate Meridionali dette luogo all’esecuzione delle espropriazioni delle varie porzioni dei fondi rustici e incaricò la ditta milanese Augusto Vanotti e Finardi alla costruzione della sede ferroviaria e delle stazioni. Queste furono costruite su un unico disegno: una struttura centrale con l’elevazione di un primo piano e con due corpi di fabbrica laterali allungati a seconda delle esigenze e importanza. Il 17 febbraio 1865 fu inaugurata la tratta ferroviaria Foggia-Bari e la stazione di Molfetta, con Antonio Papa come primo capostazione1. Il fondo di Corrado de Gioia fu Angelantonio, per la sua posizione, fu scelto quale sede della stazione, del largo antistante, di parte della strada che in futuro doveva avere il collegamento con la città e la nuova sede della strada rurale Madonna della rosa a sud della stessa ferrovia. Vediamo ora in dettaglio la costituzione del fondo prima dell’esproprio. Il fondo di natura ortolizia aveva diversi alberi da frutta. Dentro vi era una piscina d’acqua con dimensioni interne di 12,20 m x 5,50 m x 5,30 m, con volta in muratura di pietrame, con bocca e chiusura rettangolare di pietra (era situata all’inizio di Via Baccarini); aderente alla bocca vi era una pietra lunga 0,90 m scanalata al centro che immetteva in una vasca rettangolare detta votano che misurava internamente 1,65 m x 1,05 m x 1,70 m, racchiuso da 4 pilastri di muratura di pietra che sostenevano un telaio di legname. La superficie del fondo espropriata fu di 6710 m2 pari a 1 vigna, 14 ordini, 7 viti e 9 palmi; fu valutata £. 5.904,80 mentre la piscina £.1.445. Il fondo confinava con la strada rurale Madonna della rosa a est, con la proprietà dei fratelli Giuseppe e Paolo Binetti, ambedue sacerdoti, a nord, con proprietà Cappelluti e de Luca a sud e a ovest con proprietà degli eredi di Giuseppe Dragone. Nel Catasto del 1825 il fondo era intestato a de Gioia Corrado all’art. 2733 e ricadeva nella Sez. C, n. 8212. Abbiamo accennato nella Parte I che la Società Italiana delle Strade Ferrate Meridionali, per completare il tratto di strada dalla stazione alla strada rurale Madonna della rosa, espropriò ai fratelli Giuseppe e Paolo Binetti fu Pasquale, ambedue sacerdoti, una parte del giardino. Riportiamo la perizia dell’ 8 marzo 1865; assisteva i fratelli Binetti l’ing. Antonio Cozzoli fu Pasquale: Il fondo occupato era situato sulla strada Madonna della rosa e consisteva di una parte del giardino fronteggiante la casa di abitazione, da mezzogiorno a settentrione, e di una porzione di orto a figura triangolare. Questa occupazione serviva per la strada di accesso alla stazione pari a 500 m2, ma per dare maggior larghezza alla strada la superficie espropriata fu di 850 m2. Il giardino con alberi da frutta era completamente circondato da pareti di fabbrica in calce alta 6 m compresa la fondazione ed aveva un viale di accesso alla casa che scorreva parallelo. Il lato a settentrione era fiancheggiato, su due lati, da parapetti in muratura alti 1,80 m, coperti da lastre di pietra superiormente si alzavano dei pilastri in muratura posti ad intervalli di 2,60 m, alti 2,10 m e di 35 cm di lato con basi e cornici sagomate. Il giardino era tagliato a croce da un vialetto in brecciame coronato da cordoni di pietra e nel crocicchio vi era il boccaglio di una piscina dalle misure interne di 5,30 m per 5,80 m e profonda 5,90 m. Questa piscina era alimentata dalla strada Madonna della rosa mediante un apposito condotto e vasca di deposito. All’angolo di levante e mezzogiorno vi era scavato un pozzo nero ad uso della casa di abitazione, con canale di immissione e relativo portellino. In capo al viale, alla parte di levante che corrispondeva alla pubblica via, vi era una porta d’ingresso costituita da due pilastri di pietra di 75 cm di lato e alti 2,50 m compresa la cornice e uno zoccolo con grossi pezzi di pietra; i 2 pilastri sostenevano un arco di volta. La larghezza fra i pilastri era di 2,35 m con i battenti della porta; esternamente nel pilastro di destra era ricavata una nicchia con contorni di pietra e dentro un’immagine3. L’orto coltivato a vari ortaggi aveva 3 grossi alberi di fico; confinava con la strada ed era cinto da un muro alto 2 m con un ingresso delimitato da 2 pilastri di 70 cm di lato e alti 2,60 m con i battenti di una porta. In questo orto si trovava un piccolo votano con sezione interna di 1,30 m per 1,20 m e profondo 80 cm. La parte del fondo espropriata fu di 850 m2 e si pagarono £.1160,25; a questa somma si aggiunse il costo della ricostruzioni dei muri di cinta, il nuovo scavo del pozzo nero, la perdita degli ortaggi e altri lavori pari a £.1942. Nel Catasto del 1825 il fondo era intestato a Giuseppe Binetti, sacerdote, all’art. 390 e ricadeva nella Sez. C, n. 8234. 2. continua (La precedente puntata è stata pubblicata su “Quindici” di dicembre 2017) © Riproduzione riservata ————— Note: 1 Biblioteca Comunale Molfetta, Manoscritto n. 428. 2 Archivio Stato Bari (=ASB), Prefettura, Ferrovie, busta 21. 3 Per questa edicola votiva vedi: C. PAPPAGALLO, Edicole votive a Molfetta, Quaderno n. 12 del Centro Culturale Auditorium (1997), p. 108. 4 ASB, Ferrovie, busta 21.
Autore: Corrado Pappagallo