Corso Umberto – I Palazzi (XIII)
Fabbricato a Corso Umberto I, n. civici dei portoni 40 e 46. Il suolo di questo fabbricato era di Speranza Mandara (1819-1895) vedova Pansini che nel 1881 lo vendette al muratore Domenico Balacco fu Sergio. Il Balacco iniziò a fabbricare dall’angolo di Via Adele Cairoli, il piano terra e l’area soprastante lo vendette a Leonardo Pepe. Il Pepe fece costruire il primo piano col portone al n. 32 di Corso Umberto. Nel 1891 vendette a sua figlia Caterina e al muratore Sergio Sallustio fu Giacinto, coniugi, l’area sovrapposta al primo piano per costruirvi il secondo piano. Infatti, nel 1900 i detti coniugi avevano la propria residenza a Via Umberto n. 32 (ora 46). Nel 1903 morì Leonardo Pepe che donò a sua figlia Maria, moglie di Corrado de Gaudio, cinque vani al primo piano e due vani a piano terra su Via A. Cairoli. A Caterina, citata prima, donò tre vani al primo piano e altri tre vani al piano terra, di cui uno all’angolo di Via A. Cairoli. Il fabbricato attiguo, segnalato col portone n. 40, risulta edificato sul restante fondo del Capitolo a suo tempo frazionato a diversi parte di questo suolo era di Bonaventura Attanasio che nel 1883 lo vendette ai muratori Michele Balacco e Saverio Pansini. In seguito essi si divisero questo suolo: al Pansini toccò la parte che era attigua a Corso Umberto e iniziò a fabbricare vendendo nel 1884 un camerone a piano terra, allora segnalato col n. civico 26 ora al n. 38, ad Angelo Picca vetturale. Nel mese di marzo 1885 il Pansini si impegnò con Vito Catacchio e Giacoma Salvemini futuri coniugi alla costruzione di quattro vani sopra l’area edificabile del primo piano. Nel mese di maggio successivo il Pansini vendette ad Angelo Samarelli tre stanze al primo piano confinanti a est con Corso Umberto e a sud con la casa di Leonardo Pepe; solo una stanza ha la finestra su Corso Umberto con un grande balcone. Infatti durante una visita allo stabile, al primo piano sopra i tre vani centrali abbiamo notato un grande e unico balcone. Nel mese di dicembre 1885 il Pansini, avendo iniziato la costruzione del secondo piano, vendette ad Angelo Salvemini una casa di sei stanze col portone su Corso Umberto; questa confina a sud con la casa di Vito Catacchio e Giacoma Salvemini, rispettivamente genero e figlia di Angelo. La direzione dei lavori venne affidata all’arch. Raffaele Pansini. L’intero fabbricato ha linee architettoniche molto semplici e non presenta alcun elemento decorativo. Solo la parte del fabbricato col portone n. 46 ha la facciata spartita in tre parti. La parte centrale è avanzata di circa 30 cent. che con i tre usci centrali uguali dà risalto alla facciata. I tre usci hanno delle lesene laterali su cui poggiano gli archi a tutto sesto con chiave di volta e riquadri che arrivano fino al cornicione marcapiano. Dei tre usci uno è il portone, gli altri due sono camere. Tutti i balconi del primo piano hanno sulla parte superiore dei frontoni con la funzione di grondaia. Le ringhiere dei balconi sono in ferro battuto con colonnine di ghisa. Nel 1900 al n. civico 26 (ora 40) vi abitavano sei nuclei familiari, al n. civico 32 (ora 46) vi abitavano sette nuclei familiari. Nel 1950, al n. 36 vi era la libreria UTET poi in seguito si aprì il negozio di abbigliamento del famoso centravanti Alberto Milli dal 1956 al 1965 circa, fu poi venduto a Losapio che continuò la stessa vendita; al n. 44 sede della Molfetta Sportiva nel 1955 circa; al n. 48-50 Pasquale Gadaleta aprì un negozio di cucine a gas e apparecchi radio e televisioni, poi trasferitosi al n. 25-27; il Gadaleta già dal 1927 vendeva articoli elettrici e di cartoleria; al n.52 nel 1968 si aprì un negozio di articoli da regalo e dischi di Cappelluti. Palazzo di Luigi Minervini, Corso Umberto I, 56. Il 1882 Enrico Tortora vendette a Sebastiano Bufi, muratore e a suo figlio Felice, architetto la parte di suolo confinante a levante con Corso Umberto per edificare un edificio. Il Tortora specificò che il cornicione terminale fosse uguale per tutto l’edificio. Nel suolo era compreso la parte delle strade da aprirsi a nord e ad ovest dell’edificio da costruire. Per atto del notaio Nicola Maurantonio nel 1901 Luigi Minervini fu Saverio comprò dal dottor Luigi Bufi di Sebastiano solo il piano terra a Corso Umberto I, 40. Il Minervini successivamente edificò il primo piano. Nel 1902 il Minervini con altri proprietari di fabbricati situati a Corso Umberto I sollecitò il Comune affinché costruisse le cunette per far scorrere l’acqua piovana. Nel 1915 al n. 40 vi abitava Minervini Luigi fu Saverio di anni 68 vedovo di Cecilia Caputi. Nel 1927 fu eseguito un censimento sui passi carrabili a Corso Umberto I e al n. civico 40 (ora 56) venne segnalato quello del Minervini. Il fabbricato ha una semplice facciata. Il portone molto semplice ha i piedritti modanati con arco superiore a tutto sesto, in cui è infissa una rosta o raggiera in ferro battuto. I tre balconi hanno una ringhiera in ferro battuto con colonnine di ghisa. In basso ai lati interni del portone sono ancora infissi due paracarri in ghisa. Al n. 54 l’antica farmacia del Dottor Luigi Minervini, nipote di Luigi Minervini, ora del dottor Antonio Minervini. Palazzo Tortora, Corso Umberto I, 60-70. Per atto del notaio Matteo Massari nel 1878 Michele Balacco e Gerardo Pomodoro acquistarono dal Municipio una parte di suolo, detto dei funari, sporgente a Corso Umberto I per £. 4.110; essi dovevano pagare un canone annuo al 5% pari a £.205,50 e in tre anni dovevano costruire almeno il piano terra. Per atto del notaio Michele Romano del 1881 Errico Tortora fu Gennaro comprò il fabbricato costituito dai vani inferiori tra Corso Umberto I, Via Ricasoli e Via Principe Amedeo. Nel 1900 era già costruito il primo piano col portone segnalato al n. 50 e vi abitavano Enrico Tortora e sua moglie Maria Giuseppa Pansini e Loreto Tortora con la moglie Carmela Pansini. Nel 1915 vi abitavano Maria Giuseppa Pansini vedova di Enrico Tortora con i figli e Loreto Tortora. Il fabbricato oggi ha due portoni distinti: n. civico 60 e n. civico 70; la facciata ha lineamenti architettonici molto semplici e presenta, a circa 1 metro dalla cornice marcapiano, una fascia uniforme che gira per tutto l’isolato Tortora. Il vano portone del civico 60 ha un aspetto comune, in alto una raggiera in ferro battuto. Si distingue il vano portone del civico 70: ha due lesene laterali con base, colonna e capitello dorico avanzanti rispetto alla facciata per dare la sensazione di una profondità, sorreggono un architrave orizzontale che supporta il balcone. Il portone superiormente ha una bella rosta o raggiera in ferro battuto. Le ringhiere dei balconi sono in ferro battuto con fascia superiore a cartocce con fiori mentre la fascia inferiore è formata da tanti rombi. In basso ai lati del portone ci sono ancora i paracarri di ghisa. Nel 1927 vi è segnalata al n. 48 della vecchia numerazione la rivendita di olio e sapone di Michele Zanna di Giuseppe. Dal 1937 all’attuale n. 64 vi era la sede del commerciante di olio Antonio Camporeale; negli anni ’50 del secolo scorso lo stesso Camporeale gestiva una salumeria. Nel 1980 al n. 68 vi era un negozio di Esposizione d’Arte. Nel 1955 al n. 72 vi era l’esposizione degli elettrodomestici di Corrado Piccininni. Dal 1940 al n. 74 vi è l’antica rivendita dei tabacchi di Girolamo Germinario, oggi gestito dagli eredi. (XIII - continua) ————— Bibliografia: Archivio Stato Bari, Sezione di Trani, notaio Michele Romano, vol. 114-115-116-118-119-122- 124; notaio Matteo Massari, vol. 30-35-43; notaio Michele Introna, vol. 55-91; notaio Vincenzo Raffaele Massari, vol. 150; notaio Ignazio Fontana, vol. 2383-2384; Archivio Diocesano Molfetta, Parrocchia S. Gennaro, Stato delle Anime 1900-1915; Archivio Comunale Molfetta (=ACM), cat. 4, vol. 33-41; cat. 11, vol. 20; Catasto Fabbricati Molfetta, 1879; ACM, II Sezione, cat. 12, vol. 3. © Riproduzione riservata