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Chi è veramente Matteo Renzi?
22 ottobre 2013

A sentirlo parlare sembra molto determinato, ma non preparato. Vuole cambiare il paese; vuole governare con il centro sinistra; vuole abbattere la burocrazia; vuole liberare il paese, rendendolo efficiente.

Cose belle da sentire, ma difficilmente realizzabili, nel breve periodo, considerata la situazione politica esistente. Vuole governare con un centro sinistra, ma non dice dove trova il centro, ammesso che ci sia una Sinistra. Vuole vendere parte del nostro patrimonio, vuole vendere le imprese a partecipazione statali, vuole fermare le grandi opere come: la TAV, chiudere tutti gli ospedali con meno di 100 posti letto, riformare i grandi ospedali, abolire il valore legale del titolo di studio. Il programma di Renzi è di 100 punti, difficile elencarli tutti.
Ammesso e non concesso, che Renzi venga chiamato a formare un governo, con chi ritiene di poterlo formare, accettando poi il suo programma? Non lo dice mai. Continua però ad affermare di voler riformare il Paese. Il paese non è una Provincia Toscana, che Renzi ha governato a soli 29 anni, qui si tratta di governare un paese in una situazione pietosa. Un paese ingovernabile!
Oggi, nessun politico, veramente responsabile e preparato, sgomiterebbe per governare l'Italia! Renzi sì, vuole governare questo paese: prepara il suo programma con 100 punti e va avanti, senza mai spiegare come arrivare alla realizzazione. Tutta la stampa italiana e la RAI sono presenti in tutte le manifestazioni di Renzi.
L'altro giorno, finalmente, il Corriere della Sera, si poneva il problema Renzi. Era la prima volta che, un grande giornale, mettesse in discussione Renzi. A mio modesto avviso, Renzi è solo un simpatico ragazzone che, grazie al padre ex DC, ma anche bene introdotto e vicino alla gente che conta, (siamo in Toscana, patria della massoneria), si avvicina a Prodi, poi al PPI ed infine alla Margherita per diventare segretario provinciale della stessa. Dopo, diventa presidente della Provincia a soli 29 anni. Tutto merito di questo ragazzone? Non credo.
Mi domando però, come è possibile che Renzi trovi tutto questo spazio nel PD? La Margherita ha occupato totalmente il PD? Dove sono i vecchi comunisti, tutti rottamati? Come è possibile affidare le sorti di un vecchio e glorioso partito ed un Paese disastrato, ad un simpatico ragazzone? Non è bastato il ventennio di Berlusconi, per renderci tutti più prudenti, e perché no, tutti più attenti e diffidenti?
Perché Renzi va a cena con Berlusconi ad Arcore, riunisce i banchieri, corre a trovare la Merkel, va solo in veste di sindaco di Firenze? Non ci è dato sapere. Personalmente farei molta attenzione, perché è in ballo il Paese. Qualcuno mi dice che è molto furbo. Mi va bene, ma il nostro martoriato paese ha bisogno di un ragazzo furbo per salvarsi ed emergere?
E' vero, Renzi ha portato in Italia, attraverso la sua televisione “Il grande fratello” e ” L'isola dei famosi”, ma questi sono titoli per governare il paese Italia? Non ci ricorda un pochino Berlusconi? Io ho conosciuto il partito di Gramsci, di Togliatti, di Terracini, di Amendola, di Pajetta, di Berlinguer. Possibile che non esista un solo discepolo di questi grandi uomini nel PD, capace di governare il Paese?
Oggi non ci serve un Renzi, ma uomini di grandissime capacità, per salvare un Paese come il nostro, tutto da rifare.

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Autore: Vitangelo Solimini
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Il negher veneziano scrive: "L'Italia esiste solo sulla carta topografica." Peggio, sempre manipolati, sempre distorti, sempre indirizzati nella direzione opposta, nella direzione di appoggio di chi è al potere. Cultura laica e cultura religiosa unite in una tacita funzione di cultura dominante. Anticlericali arrabbiati e sacerdoti zelanti concordi nel mantenere il popolo in condizioni di “gregge” Un vizio antico, lo spagnolismo, lo spirito servaggio, l'accettazione del potente come fatto ineluttabile grava sull'Italia anche dopo la “rivoluzione” risorgimentale, che ha soltanto rimpastato situazioni difformi o vecchi contrasti sotto un potere diventato unico, accentratore. Cos'era il popolo dopo l'unità d'Italia? Quattro cinque decenni dopo? Cos'è ora? Cos'aveva dato e ha dato l'istruzione obbligatoria che pur era ed è stata una grande, l'unica innovazione di stampo civile dopo l'unificazione politica del paese? Potremmo paragonare l'istruzione elementare obbligatoria di allora all'istruzione nozionistica di massa di oggi, con tutto il supporto di mass-media e di industria culturale. Se non c'è l'intento di “liberare” l'uomo, nel senso di liberare il suo senso critico e di mettere in moto le sue capacità creative, non si fa altro che accrescere la disponibilità di un “materiale umano” più evoluto, più capace, ma sempre utilizzato sostanzialmente ad uso e a consumo di chi gestisce le leve del potere. La cultura dominante ha mille modi per plasmare i suoi soggetti e mantenerli in soggezione. Quello che in questi due casi appare un processo liberante, un salto di qualità, non è che un processo di crescita quantitativa, che modifica alcuni dati ma non trasforma le situazioni.-


“Colui che un giorno insegnerà il volo agli uomini, avrà rimosso tutti i termini; tutti i termini verranno gettati all'aria, la terra sarà nuovamente battezzata con il nome di “La leggera”. Lo struzzo corre più veloce che il più veloce cavallo, ma tuttavia infligge il greve capo nella terra greve: così fa l'uomo che ancora non sa volare. Grevi gli sembrano la terra e la vita; e così esige lo spirito della gravità! Ma chi vuol diventare leggero, chi vuol diventare un uccello, deve amare se stesso: - così insegno io. Non di certo amandosi con l'amore dei tisici e dei malati: perché fra quella gente puzza perfino l'amore di sé. Bisogna imparare ad amare se stessi – così insegno – d'un amore gagliardo e sano: allo scopo di sopportare se stessi e non andare strapagando. Tale stravaganza si chiama “amore del prossimo”: con questa parola fino ad oggi furono pronunciate le migliori menzogne e le migliori ipocrisie, specialmente da coloro che sono stati di peso a tutto il mondo. E, in verità, imparare ad amarsi non è un comando né per oggi né per domani. Al contrario, di tutte le arti è la più delicata, la più astuta, la più raffinata, la più paziente. Ogni possesso infatti è ben celato al suo possessore; e di tutti i tesori, quello che vi è più vicino è trovato per ultimo, - così opera lo spirito di gravità. Quasi fin dalla culla ci è fatto dono di grevi parole: “bene” e “male” – così si chiama questo veleno. A tale condizione ci si perdona di vivere……………………………………..Ma masticare e digerire tutto, è cosa da porci! Dire sempre “sì” è da asino è da bestie consimili. Ma trovo ancora più ripugnanti i leccatori di sputi; e la bestia più repellente che abbia trovato fra gli uomini l'ho chiamata parassita: non voleva amare e, tuttavia, voleva vivere l'amore. Così parlò Zarathustra.


E' straordinario! Noi Italiani siamo un popolo davvero peculiare. Siamo capaci di esprimere (ahimé, ultimamente, sempre meno) Personaggi sommi in campo intellettuale, artistico, scientifico, anche politico perfino. Pur tuttavia siamo inclini ad essere creduloni. Basta che qualcuno, con o senza i fatidici "peli sullo stomaco" (mi riferisco al profittatore, all'arrogante, ecc.) ci faccia balenare qualcosa di diverso?, rivoluzionario?, fuori dagli schemi a cui siamo abituati, per adagiarci intellettualmente a questi nuovi "masaniello", come acutamente li ha definiti "A' uallera" (complimenti, un nick davvero eloquente!). Esempi, la nostra storia ne fornisce: per non andare lontano, Mussolini, Craxi, Berlusconi, Grillo, Monti (che è stato come una meteora, meno male!) e, adesso, Renzi. Renzi, colui che ROTTAMA (termine odiosissimo, applicato agli uomini, fossero anche gli individui più abietti), colui che vuole cambiare tutto, colui che chiede un mandato a "scatola chiusa", sulla parola: farà quello che altri, in decenni non hanno fatto!!. E' certamente animato da sani principi; sta facendo bene come Sindaco di Firenze; è amato, addirittura idolatrato da tantissimi (vedi Mussolini, Craxi, Berlusconi, Grillo); per lui (spero che non sia così) molte donne - come succede con un altro dei personaggi da me evocati - si "darebbero"? (spero di no, sarebbe squallido). Però, alla fine, che cosa c'è? C'è che non riusciamo mai a presentare, scegliere con la testa ed il cuore un Uomo che sia un uomo di stato, che parli meno di rottami, di miracoli (che attendiamo da circa vent'anni), l'ultimo truculento capo-popolo, sembra aver stancato persino i suoi Parlamentari, almeno una buona parte. Allora che cosa possiamo fare? Non dobbiamo andare lontano, dobbiamo solo guardare un pò alle nostre spalle (prima di buttarci a corpo morto, sul nuovo - vecchio messia) per trovare esempi di quanto possa essere pericoloso "SOGNARE" nel modo in cui alcuni ci chiedono di farlo. Esempi ne abbiamo; facciamoci guidare più che dall'esuberanza, dalla esperienza e, sopratutto, impariamo a descernere meglio il "pifferaio", il "fasu tutto mi", l'uomo della provvidenza. Il lavoro di riportare la Nazione nel solco delle sue (almeno di alcune delle sue parti, atteso che l'Unità d'Italia, relativamente recente, è ancora vissuta come un errore storico da molti, e chi lo nega, nega la storia) tradizioni storiche, culturali, istituzionali è improbo. Quello di cui abbiamo bisogno è di UOMINI DI STATO, di uomini che dedichino le loro qualità - e ve ne sono tanti - alla Comunità, non al proprio Partito, se non addirittura, ai propri interessi. Uomini che non rottamino tutto ma siano capaci di fare il lavoraccio con quelli che hanno sotto mano. Si, perché - ne sono certo - dai D'Alema, Veltroni ed altri, che si sono "rottamati" (come afferma Renzi) c'è ancora da ricavare molto, insieme a tanti Personaggi che sono costretti a nascondere le loro prerogative sotto il manto dell'"ordine di scuderia".

Se il linguaggio della politica tende a diventare quello della pubblicità, colmando in tal modo la lacuna tra le due sfere della società un tempo molto differenti, ne segue che tale tendenza sembra esprimere il grado esprimere il grado in cui dominio ed amministrazione hanno cessato di essere funzioni separate ed indipendenti nella società tecnologica. Ciò non significa che il potere dei politici di professione sia diminuito; è vero il contrario. Quanto più la sfida che essi montano al fine di potervi far fronte assume carattere globale, quanto più la prossimità della distruzione totale sembra un fatto normale, tanto più essi sono liberi da una effettiva sovranità popolare. Ma il loro dominio è stato incorporato nelle prestazioni quotidiane e nei trattenimenti dei cittadini, ed i “simboli” della politica sono anche quelli degli affari, del commercio e del divertimento. Le vicissitudini del linguaggio hanno un parallelo nelle vicissitudini del comportamento politico. Nella vendita di apparecchi che permettono di rilassarsi divertendosi nel rifugio antiatomico, nella ripresa televisiva dei candidati in lizza per coprire i ruoli più importanti della nazione, la congiunzione tra la politica, affari e divertimento è completa. Ma la congiunzione è fraudolenta e fatalmente prematura, poiché affari e divertimento sono ancora la politica del dominio. Non si tratta ancora della satira dopo la tragedia, non è finis tragoediae – la tragedia può cominciare da un momento all'altro. Ed ancora una volta, vittima del rito non sarà l'eroe ma il popolo.
1°parte. - Al di fuori della politica l'uomo ha fatto miracoli: ha sfruttato il vento e l'energia, ha trasformato sassi pesanti in cattedrali, è riuscito a controllare e vincere quasi tutte le malattie, ha cominciato a penetrare i misteri del cosmo. “In tutte le altre scienze si sono registrate notevoli progressi” ebbe a dire una volta John Adams, secondo presidente degli Stati Uniti “ma non in quella del governo, la cui prassi è rimasta immutata.” Esistono quattro tipi di malgoverno, spesso combinati fra loro: la tirannia, l'eccessiva ambizione, la inadeguatezza e la decadenza, e, infine, la follia o la perversità. Ma follia e perversità, potrebbe obiettare qualcuno, fanno parte della natura umana, e allora per quale ragione dovremmo aspettarci qualcosa di diverso dagli uomini di governo? La follia dei governi preoccupa perché si ripercuote con effetti più negativi su un maggior numero di persone; di qui l'obbligo per i reggitori di stati di agire più degli altri seconda ragione. Tutto ciò è risaputo da tempo immemorabile, e allora perché la nostra specie non ha pensato a prendere precauzioni e a cautelarsi? Qualche tentativo è stato fatto, a cominciare da Platone, che propose di creare una categoria di cittadini destinati a diventare professionisti della politica. Secondo lui la classe dominante, in una società giusta, doveva essere costituita da cittadini che avevano imparato l'arte di governare, e la sua soluzione, affascinante ma utopistica, erano i re filosofi: “Nelle nostre città i filosofi devono diventare re, oppure chi è già re deve dedicarsi alla ricerca della sapienza come un vero filosofo, in modo da far coesistere in una sola persona potere politico e vigore intellettuale.” Fino a quando ciò non fosse accaduto, riconosceva Platone, “le città e, io credo, l'intero genere umano non potranno considerarsi al riparo dai mali.” E' così è stato. (continua)
2°parte. - Il conte Axel Oxenstierna, cancelliere svedese durante la terribile Guerra dei Trent'anni, parlava con ampia cognizione di causa quando disse: “Renditi conto, figlio mio, che ben poco posto viene lasciato alla saggezza nel sistema con cui è retto il mondo.” Lord Acton, uomo politico inglese del secolo scorso, usava dire che il potere corrompe, e di ciò ormai, siamo perfettamente convinti. Meno consapevoli siamo del fatto che esso alimenta la follia, che la facoltà di comandare spesso ostacola e toglie lucidità alla facoltà di pensare. La perseveranza nell'errore, ecco dove sta il problema. I governanti giustificano con l'impossibilità di fare altrimenti decisioni infelici o sbagliate. Domanda: può un paese scongiurare una simile “stupidità difensiva” come la definì George Orwell, nel fare politica? Altra domanda, conseguente alla prima: è possibile insegnare il mestiere ai governanti? I burocrati sognano promozioni, i loro superiori vogliono un più vasto campo d'azione, i legislatori desiderano essere riconfermati nella carica. Sapendo che ambizione, corruzione e uso delle emozioni sono altrettanto forze di controllo, dovremmo forse, nella nostra ricerca di governanti migliori, sottoporre prima di tutto i candidati a un esame di carattere per controllarne il contenuto di coraggio morale, ovvero, per dirla con Montaigne, di “fermezza e coraggio, due virtù che non l'ambizione ma il discernimento e la ragione possono far germogliare in uno spirito equilibrato.” Forse per avere governi migliori bisogna creare una società dinamica invece che frastornata. Se John Adams aveva ragione, se veramente l'arte di governare “ha fatto pochissimi progressi rispetto a 3000 o 4000 anni fa” non possiamo aspettarci grandi miglioramenti. Possiamo soltanto tirare avanti alla men peggio, come abbiamo fatto finora, attraverso zone di luce vivida e di decadenza, di grandi tentativi e d'ombra. (fine)


“Io ho conosciuto il partito di Gramsci, di Togliatti, di Terracini, di Amendola, di Pajetta, di Berlinguer. Possibile che non esista un solo discepolo di questi grandi uomini nel PD, capace di governare il Paese?” – Perché? Perché la gente non reagisce in modo globale, definitivo? C'è una verità che dobbiamo dirci: perché manca la convinzione. Sotto etichetta democratica c'è in giro ancora molta mentalità di derivazione fascista. C'è qualunquismo, c'è la fuga dalle proprie responsabilità, c'è il desiderio, o l'abitudine, di lasciare ad altri la “politica sporca”. Non è stato approfondito a sufficienza il perché, il motivo o i motivi di questa mancanza di convinzione democratica. La cultura è intesa come campo di esercitazione di pochi intellettuali. E anche quando, in questo dopoguerra, la cultura ”impegnata” ha cercato di “andare verso il popolo”, è riuscita forse a coinvolgere una parte in un discorso di partecipazione all'attività politica, ma non a cambiare le prospettive, soprattutto non a far diventare i ceti popolari protagonisti della propria elevazione civile. Non ha giovato gran che la diffusione quantitativa degli strumenti di conoscenza: la scuola d'obbligo, l'aumento degli alunni che frequentano le scuole superiori, la liberalizzazione delle facoltà universitarie con accesso aperto a tutti, l'industria culturale con il libro a basso prezzo, i periodici di divulgazione scientifica, la radio, la televisione, la stampa. Se tutto ciò fosse andata nella direzione giusta non dovremmo amaramente lamentare la mancanza di coscienza democratica nella gente, la sprovvedutezza di fronte ad alterazioni colossali sia della verità storica sia delle situazioni più vicine se non addirittura attuali. La manipolazione dell'opinione pubblica è ancora in gran parte in mano ad una certa “cultura dominante” staccata dalla realtà popolare. E la gente comune vaga, con giudizi apparentemente propri, ma nella realtà tratti dalle considerazioni messe lì, con l'aria più innocente e più seria, dall'editoriale di un quotidiano o da un commento del telegiornale, da una “risposta al lettore” stesa con fare bonario o dall'analisi di un “esperto”, magari puntigliosa ed esauriente, su questo o quell'altro aspetto di una determinata situazione. Quello che manca è il rapport5o di continuità, lo svolgimento di una crescita culturale, che possa mettere un ragazzo, e l'individuo in genere, in grado di passare da situazioni di sprovvedutezza ad un possesso di strumenti mentali e di capacità critiche sufficientemente solide. Tali cioè da poter, volendolo, giudicare in proprio avvenimenti piccoli e grandi.



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