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Carnevale a Molfetta, la sfilata batte la pioggia
07 marzo 2011

MOLFETTA – Il carnevale a Molfetta ha battuto la pioggia e c’è stata la sfilata dei carri, in forse fino all’ultimo. Poca partecipazione di pubblico, del resto prevedibile a causa delle cattive condizioni atmosferiche, ma un pubblico entusiasta che si è accontentato di un carnevale in tono minore, comprensibile in tempo di crisi.
Insomma, invece del silenzio, qualcosa c’è stato ed è già tanto, anche se l’organizzazione un po' pasticciata presenta molti interrogativi scomodi ai quali l’amministrazione comunale, in evidente imbarazzo, non ha voluto rispondere.

La sfilata è cominciata alle 16 in coincidenza con l'inizio della diretta televisiva su Antenna Sud permettendo anche a chi non ha potuto o voluto essere presente, di seguire in poltrona lo spettacolo.
A tenere compagnia agli spettatori lungo il corteo, che si è sviluppato attraverso Corso Umberto e si è concluso alla villa comunale, sono stati i presentatori ufficiali Ilaria Turi e Tommaso Amato accompagnati dalla guest star Gianni Ciardo. Attorno a loro il gruppo di animatori dello staff del Carnevale Molfettese e, naturalmente, i sei carri in cartapesta e i figuranti dei gruppi in maschera.
“In attesa della replica di martedì con inizio alle 15.30 e che vedrà la presenza del duo comico Savino e Terrafino e del tronista Giorgio Alfieri -ha detto il responsabile dell'organizzazione Antonio Roselli - invitiamo tutti quanti ad affollare l'Auditorium Madonna della Pace per la seconda serata del Festival del Teatro in programma lunedì alle 20: altre cinque compagnie teatrali molfettesi si alterneranno sul palcoscenico per due ore di assoluto divertimento”.
 
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Anche a mio modesto avviso l'analisi è corretta, corretto anche il giudizio di Amleto. Dubito il presente e la correzione del tiro, perché sia l'analisi che il giudizio mi sembrano alquanto fine a se stessi. Non è il carnevale una cosa che si vede, una festa che si vive ma la vita intera anche quando la si vive nelle sue drammaticità. A mio avviso non abbiamo più memoria “storica”, solo memoria di avvenimento/i. Non riusciamo più a trasmettere la memoria del passato perché quando lo facciamo, volontariamente o involontariamente dimentichiamo le situazioni storiche-sociali del momento. Esempio molto banale: ci poniamo la domanda così come abbiamo fatto in casi come questi: “chi era più forte Coppi o Merck”? Ricordiamo solo le imprese ciclistiche dei due campioni, dimenticando la “storia”, i cambiamenti socio-politici, culturali - economici avvenuti nel tempo trascorso tra le due realtà umane e sportive; due realtà completamente diverse se non rovesciate, anche nelle regole e tecnologia. Siamo ancora a livello di: “ai miei tempi”!, “una volta…..”, “noi al posto vostro”! e via di seguito. Forse per questo si resta “indietro” se ci confrontiamo con altre culture; siamo lumache se non gamberi, siamo lenti nell'affrontare i cambiamenti rapidi e veloci della società contemporanea, anche con le sue brutture e difficoltà, perché siamo più che legati, ancorati al nostro passato, burocraticamente apatici, scarica barili e irresponsabili, non ci fidiamo di niente e nessuno, gli avversari vengono visti come nemici, abbiamo paura dei cambiamenti, ci affidiamo al ricco di turno e al miracolo piovuto dal cielo per risolvere i nostri problemi, invece di recitare il “mea culpa”, rimboccarci le maniche e cambiare strada. Abbiamo confuso il progresso con la civiltà, siamo cavernicoli con i cellulari, con tanto di narcisismo e le voglia solo di apparire e non ci rendiamo conto che si sta'........scomparendo.



Sig. Zanna, non vorrei deluderla, ma lei cita una parola “vergogna”, una parola e un senso che non esistono più, così come scrive lo scrittore M. Belpoliti nel suo libro “Senza vergogna”, di recente pubblicazione. Nella politica e nei politicanti poi……….. Leggo: “ quel sentimento che ci suggerisce di provare un turbamento, oppure un senso d'indegnità di fronte alle conseguenze di una nostra frase o azione, che c'induce a chinare il capo, abbassare gli occhi, evitare lo sguardo dell'altro, a farci piccoli e timorosi, sembra scomparso”. La vergogna, come il pudore, non costituisce più un freno al trionfo dell'esibizionismo e del voyeurismo, sia tra le gente comune come tra le classi dirigenti, politici amministratori più che mai. La perdita di queste due “virtù” è contestuale a un altro singolare fenomeno: l'idealizzazione del banale e dell'insignificante. “Lo sguardo di molti - scrive – non si rivolge più a persone di notevole rilievo morale o intellettuale, bensi a uomini e donne modesti, anonimi assolutamente identici all'uomo della strada o alla donna della porta accanto. Si tratta di un fenomeno prodotto dalla televisione, da alcuni programmi di grande ascolto come il grande fratello”. L'uomo contemporaneo ha perso l'abitudine ad osservarsi, proiettare lo sguardo su se stesso e farsi esami di coscienza. La società del tutto è possibile. Quella attuale, ha sostituito Edipo, simbolo del senso borghese, del mondo patriarcale, con Narciso, in cui è il successo a costruire identità. La società contemporanea ha cancellato la cultura del senso di colpa, della vergogna, con la cultura del narcisismo. La vergogna si è trasformata in “vergogna di non avere successo”, di non essere notati: la terribile vergogna d'essere nessuno. Infine: la vergogna contemporanea consiste nel sentimento del fallimento della propria esibizione. “CI SI VERGOGNA DI VERGOGNARSI". Le vittime si vergognano, mai i carnefici.


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