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Berlusconi, l'agognata, mai raggiunta trasparenza
03 novembre 2013

Il tormentone “decadenza sì, decadenza no” allieta le nostre giornate. Ci fa dimenticare le ambasce che affliggono i nostri tempi? Magari! Ci riferiamo ovviamente alla decadenza del Senatore Berlusconi, dopo la condanna per frode fiscale, per la quale si è perfino sfiorato una crisi di governo; di quel Governo che faticosamente, non senza polemiche e recriminazioni è stato …messo su, nel Maggio scorso, per tentare di tamponare la deriva politico/economico/istituzionale che il voto di Febbraio – con il “porcellum”: l’attuale Legge elettorale – aveva consegnato alla Nazione. Tutti, o meglio, molti si erano illusi che, una volta tanto, dopo tutte le vicissitudini che conosciamo fin troppo bene e dopo l’imperio del rieletto (per necessità) Presidente Napolitano, Destra e Sinistra italiane, avessero deciso (parola grossa, visti i risultati) di cooperare per formare un esecutivo di scopo. Un Governo che avesse l’obiettivo di risanare i famigerati conti pubblici, varare alcune riforme urgenti: una per tutte quella della Legge elettorale, rinvigorire con strumenti appropriati l’economia disastrata, razionalizzare l’abnorme “spesa pubblica” (autentica idrovora di risorse finanziarie, con risultati sempre più scadenti), cercare di bloccare l’aumento fuori controllo dei disoccupati e creare le condizioni per stimolare la domanda interna, cosa che avrebbe avuto ricadute sull’economia generale e permesso di creare posti di lavoro soprattutto per i GIOVANI !
E’ di oggi un nuovo record negativo: disoccupazione giovanile 41,4%!!! E, questi pensano di far cadere il Governo, per …salvare un pregiudicato! La storia che ci allieta o affligge da ormai quattro lustri: il Cavalier Berlusconi Silvio e le sue vicende personali; le ricadute sulla Nazione ed in particolare sul Governo di scopo. Il Cavaliere perseguitato, secondo i suoi estimatori, dalla Giustizia italiana da circa vent’anni, è stato riconosciuto colpevole, dopo i tre gradi di giudizio che il nostro Ordinamento prevede, di FRODE FISCALE. Delitto gravissimo per un comune mortale; per un Parlamentare poi… Il fattaccio, compiuto negli anni dal 1985 del secolo scorso e continuato (quindi anche quando dopo il 1994 il Cavaliere è sceso – lo dice solo lui – in politica), gli ha – si può usare l’indicativo presente, visto che la Corte di Cassazione ha confermato la condanna – permesso di accumulare un grosso patrimonio occulto, esentasse. La condanna, come noto è stata di quattro anni di reclusione e l’interdizione dai pubblici uffici per due anni, secondo la sentenza recentemente ritarata dalla Corte d’Appello di Milano. Per effetto di indulti precedenti, il Cavaliere dovrà scontare un anno di reclusione domiciliare o presso Strutture sociali. L’interdizione (dai pubblici uffici) invece decorre dopo la sentenza d’appello di Milano.
Ovviamente sia l’interessato che i suoi sostenitori, parlano di Giustizia forcaiola, ad orologeria, Giudici venduti, persecuzione giudiziaria, ecc.. Per le strane, bizantine, complicatissime norme che regolano i provvedimenti sui Parlamentari (non valgono ovviamente per i ladri di galline, ancorché difesi, anche essi da “principi del Foro”), l’espulsione del Cavaliere dal Senato dopo le condanne definitive, necessita di una votazione, appunto in seduta plenaria al Senato. Però, sempre a causa dei bizantinismi levantini tipici del nostro ordinamento, la votazione del Senato potrebbe avvenire sia con votazione palese (il Parlamentare dichiara apertamente il suo voto) sia per votazione segreta (il Parlamentare, nel segreto del suo scranno, vota senza dichiarare il proprio orientamento di voto). Per cui, con un ennesimo bizantinismo, una Commissione ad acta deve stabilirlo. Senza voler evocare qui tutte le faticose diatribe, dichiarazioni, contro dichiarazioni, minacce di sfracelli sul Governo delle larghe intese, necessità o meno di far espellere il Cavaliere Berlusconi (il quale, per effetto dell’interdizione dai pubblici uffici comminatagli come pena accessoria, perderebbe anche l’onorificenza), ieri la Commissione ad acta ha stabilito che la votazione per sancire o meno la decadenza del Cav. Sen. Silvio Berlusconi, sarà celebrata con l’espressione di VOTO PALESE! Qui non vogliamo discutere se la condanna sia giusta, se siano state rispettate le procedure di salvaguardia che sono riservate ad ogni accusato di reato, sottoposto a giudizio (pensiamo che siano state rispettate, non fosse altro che per il fatto che a difendere l’imputato Berlusconi, c’era un Collegio difensivo forse il migliore/costoso possibile), se la pena somministratagli sia congruente con il delitto commesso ed accertato in tre gradi di giudizio, intendiamo solo riflettere sulla strana posizione dei difensori del Cavaliere. Le minacce, le intimidazioni, le pressioni esercitate da alcuni fedelissimi di Berlusconi fin qui, hanno riguardato, in un crescendo quasi rossiniano le vicende precedenti la scelta sul voto palese. Potevano essere condivisibili/comprensibili? Forse. Certamente nell’ambito del Partito PdL e/o FI – non si sa bene, al momento, come chiamare la compagine che fa capo al Sen. Berlusconi che ne è il Padrone, l’ispiratore – tutto questa esibizione muscolare di minacce e quant’altro può essere legittima. Fa specie però che nessuno abbia mai considerato che probabilmente, al netto dell’eventuale persecuzione, tutta da dimostrare a tutti, di cui si dichiara vittima, il Cavaliere abbia potuto forse delinquere e quindi essere giustamente condannato. Ma non è neanche questo il punto. Il punto è: che cosa temono dal voto palese i …difensori? Coloro che ritengono ingiustamente condannato un uomo che è “preferito” da tanti Italiani e che pertanto non può essere perseguito, qualunque delitto commetta?. Forse non esiste maggiore e più limpida espressione della DEMOCRAZIA di quella di un voto in cui chi lo fa si assume la responsabilità morale, civile e politica della propria scelta, in forma palese. Oppure dobbiamo pensare che coloro i quali non sono …d’accordo con le sentenze, con i diversi pronunciamenti, invocando il voto segreto, sperano nella adesione di Parlamentari di schieramenti politici diversi, i quali spinti da chissà quale pulsione, potrebbero segretamente votare contro la decadenza del Sen. Berlusconi, malgrado le sentenze passate in giudicato.
Tra parentesi, il voto segreto, per come stanno le cose nel PdL/FI adesso, potrebbe riservare anche curiose situazioni. Il PdL/FI evoca un gravissimo vulnus alla democrazia (sic!), il fatto di aver condannato un frodatore fiscale riconosciuto tale; aggiunge che il vulnus è ancor più grave, avendo la Commissione parlamentare, di cui fanno parte Parlamentari PdL/FI, emesso un verdetto a maggioranza – lo si ricordi – di votazione per la decadenza, con voto palese. Il Cavaliere è sotto inchiesta anche per un altro spiacevole evento che, se dimostrato, lo vede accusato di aver elargito somme cospicue di denaro ad un Senatore per far sì che costui confluisse nel suo Partito: delitto odiosissimo almeno nelle DEMOCRAZIE compiute. Il dibattimento è in corso insieme ad altri, per delitti fra i più inusuali per una figura istituzionale come Silvio Berlusconi. Le sentenze verranno. Senza voler essere maliziosi (l’abbiamo già evocata altre volte, ma è sempre d’attualità l’aforisma: a pensar male si fa peccato, ma a volte ci si azzecca), si potrebbe facilmente insinuare che l’avversione verso la votazione palese, nasconda in effetti l’impossibilità di poter drogare l’espressione del voto in aula del Senato. Infine vorremmo far rilevare che tutte le richieste di trasparenza, di lealtà sempre evocate da chi ci governa (ivi compresi i Parlamentari PdL/FI), naufragano miseramente di fronte al fatto che qualcosa che si può esprimere in totale trasparenza, venga osteggiato con argomentazioni risibili.
Chissà che cosa ne pensano gli Italiani di questo. Noi vorremmo solo osservare che accettando il teorema evocato dal PdL/FI: Berlusconi è votato da milioni di Italiani, per cui non può essere espulso dal Senato, potremmo arrivare al punto che il berlusconi della situazione, prossimo venturo, votato anche magari da solo mezzo milione di Italiani, potrebbe invocare il medesimo trattamento. E così via, giù, sempre più giù.

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Autore: Tommaso Gaudio
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1°parte. - Al di fuori della politica l'uomo ha fatto miracoli: ha sfruttato il vento e l'energia, ha trasformato sassi pesanti in cattedrali, è riuscito a controllare e vincere quasi tutte le malattie, ha cominciato a penetrare i misteri del cosmo. “In tutte le altre scienze si sono registrate notevoli progressi” ebbe a dire una volta John Adams, secondo presidente degli Stati Uniti “ma non in quella del governo, la cui prassi è rimasta immutata.” Esistono quattro tipi di malgoverno, spesso combinati fra loro: la tirannia, l'eccessiva ambizione, la inadeguatezza e la decadenza, e, infine, la follia o la perversità. Ma follia e perversità, potrebbe obiettare qualcuno, fanno parte della natura umana, e allora per quale ragione dovremmo aspettarci qualcosa di diverso dagli uomini di governo? La follia dei governi preoccupa perché si ripercuote con effetti più negativi su un maggior numero di persone; di qui l'obbligo per i reggitori di stati di agire più degli altri seconda ragione. Tutto ciò è risaputo da tempo immemorabile, e allora perché la nostra specie non ha pensato a prendere precauzioni e a cautelarsi? Qualche tentativo è stato fatto, a cominciare da Platone, che propose di creare una categoria di cittadini destinati a diventare professionisti della politica. Secondo lui la classe dominante, in una società giusta, doveva essere costituita da cittadini che avevano imparato l'arte di governare, e la sua soluzione, affascinante ma utopistica, erano i re filosofi: “Nelle nostre città i filosofi devono diventare re, oppure chi è già re deve dedicarsi alla ricerca della sapienza come un vero filosofo, in modo da far coesistere in una sola persona potere politico e vigore intellettuale.” Fino a quando ciò non fosse accaduto, riconosceva Platone, “le città e, io credo, l'intero genere umano non potranno considerarsi al riparo dai mali.” E' così è stato. (continua)
2°parte. - Il conte Axel Oxenstierna, cancelliere svedese durante la terribile Guerra dei Trent'anni, parlava con ampia cognizione di causa quando disse: “Renditi conto, figlio mio, che ben poco posto viene lasciato alla saggezza nel sistema con cui è retto il mondo.” Lord Acton, uomo politico inglese del secolo scorso, usava dire che il potere corrompe, e di ciò ormai, siamo perfettamente convinti. Meno consapevoli siamo del fatto che esso alimenta la follia, che la facoltà di comandare spesso ostacola e toglie lucidità alla facoltà di pensare. La perseveranza nell'errore, ecco dove sta il problema. I governanti giustificano con l'impossibilità di fare altrimenti decisioni infelici o sbagliate. Domanda: può un paese scongiurare una simile “stupidità difensiva” come la definì George Orwell, nel fare politica? Altra domanda, conseguente alla prima: è possibile insegnare il mestiere ai governanti? I burocrati sognano promozioni, i loro superiori vogliono un più vasto campo d'azione, i legislatori desiderano essere riconfermati nella carica. Sapendo che ambizione, corruzione e uso delle emozioni sono altrettanto forze di controllo, dovremmo forse, nella nostra ricerca di governanti migliori, sottoporre prima di tutto i candidati a un esame di carattere per controllarne il contenuto di coraggio morale, ovvero, per dirla con Montaigne, di “fermezza e coraggio, due virtù che non l'ambizione ma il discernimento e la ragione possono far germogliare in uno spirito equilibrato.” Forse per avere governi migliori bisogna creare una società dinamica invece che frastornata. Se John Adams aveva ragione, se veramente l'arte di governare “ha fatto pochissimi progressi rispetto a 3000 o 4000 anni fa” non possiamo aspettarci grandi miglioramenti. Possiamo soltanto tirare avanti alla men peggio, come abbiamo fatto finora, attraverso zone di luce vivida e di decadenza, di grandi tentativi e d'ombra. (fine)

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