Apriamo le gabbie e liberiamo le galline ovaiole
Stop agli allevamenti intensivi. In Italia più del 90% delle galline vive in gabbie di batteria. Questo tipo di allevamento prevede uno sfruttamento continuo di questi animali costretti a vivere in uno spazio più piccolo di un foglio. In aggiunta a ciò le aziende, per ottenere maggiore profitto, sottopongono queste creature a continue esposizioni a luce artificiale che stimola la produzione delle uova.
Una vera e propria tortura, insomma. Le galline non hanno spazio adeguato per muoversi e per svolgere le loro funzioni vitali. Ovviamente i danni che subiscono sono innumerevoli: dall'osteoporosi alla frattura delle ossa, dalla deformazione degli arti alla crescita smisurata delle unghie che spesso finiscono per attorcigliarsi attorno alla gabbia incrementando così il senso di prigionia. In molti casi alcune di loro impazziscono e, vittime di frustrazione e aggressività, diventano cannibali tanto da dover subire la mutilazione del becco.
Esistono delle soluzioni a questo problema: l'allevamento all'aperto e biologico e l'allevamento a terra. Il primo prevede un'area coperta con accessi all'esterno mediante appositi varchi e quindi la possibilità per gli animali di respirare aria fresca e soddisfare i propri bisogni mentre gli allevamenti a terra si svolgono in grandi capannoni provvisti di mangiatoie, abbeveratoi, nidi e trespoli con ampi spazi disponibili per il movimento delle galline. Ma le industrie non sembrano volersi accollare ulteriori spese per adottare questi sistemi anche se, in realtà, i costi di produzione aumenterebbero davvero di pochissimo. Per i consumatori acquistare un uovo “all'aperto” significa spendere solo 2,6 centesimi di euro in più rispetto ad uno proveniente da allevamenti in batteria.
Riconoscere la differenza tra questi prodotti è semplicissimo: basta guardare il codice riportato obbligatoriamente sia sull'uovo stesso che sulla sua confezione. Codice 0, 1 e 2 indicano rispettivamente l'allevamento biologico, all'aperto e a terra mentre “codice 3 allevamento in gabbia”. Questa dicitura molto spesso è riportata in maniera poco leggibile oppure è sostituita da altre come ad esempio “uova di campagna” o “uova di fattoria” .
La notizia positiva è che dal 1° gennaio 2012 l'allevamento in gabbia sarà eliminato ma questo termine di scadenza rischia di essere posticipato. Per questo motivo la LAV (Lega Anti Vivisezione), che si batte costantemente per la tutela dei diritti degli animali, ha indetto una petizione su scala nazionale affinché si applichi la direttiva entro la data prestabilita. Per aiutare questa associazione nella sua lotta e garantire maggiore libertà a questi animali è possibile firmare on-line visitando il sito web www.lav.it oppure rivolgendosi nei negozi di animali della nostra città.
Facciamo si che le uova non siano più “avanzi di galera”.
Autore: Serenella d'Ingeo