MOLFETTA - «La valorizzazione del territorio deriva principalmente dalla conoscenza dello stesso». Queste le sagge parole con cui Anna La Candia, presidentessa dell’ANEB Molfetta, ha introdotto l’incontro «Il territorio di Molfetta tra tutela e valorizzazione». Dopo aver ricordato le diverse iniziative sostenute dall’associazione per la salvaguardia del nostro territorio, la presidentessa ha presentato la relatrice, la dott.ssa Marianna Anaclerio, che ha sostituito il prof. Raffaele Annese, trattenuto da impegni di lavoro.
Entrambi appartengono al centro di educazione ambientale del Parco Nazionale dell’Alta Murgia,sito a Ruvo, in cui accolgono le scolaresche e gli adulti per mostrare le bellezze naturali, storiche e architettoniche pugliesi e murgiane. L’intervento della dott.ssa Anaclelio si è incentrato sull’agro di Molfetta, in modo particolare su Lama Cupa, sul Pulo e su Torre Calderina.
Le lame, vie preferenziali in cui scorre l’acqua, acquistano il nome dal territorio che attraversano: Lama Martina-Cupaè la più grande delle lame locali e si estende da Terlizzi a Ruvo fino alla Prima Cala. Nei tempi antichi era una zona ricca di boschi con querce secolari e lecci. Alle spalle della stazione (via Ungaretti) la vegetazione si estende per 20km, mentre, proseguendo verso via Madonna delle Rose fino alla vicinale del Mino, sono state edificate abitazioni a ridosso della lama e durante le abbondanti precipitazioni box e cantinole si allagano.
Nella lama si possono ammirare muretti a secco, terrazzamenti che hanno la funzione di trattenere il terreno e di contenere acqua. La flora che cresce su questi muretti è costituita da ginestrelle, viburni, lentischi, ciclamini, gigari, biancospini, melograni, corbezzoli e rose selvatiche. In un fondo privato non distante dalla lama si erge un carrubo secolare alto 12m. Nella lama si individuano anche i pozzi fuori terra, da cui un tempo i bambini raccoglievano l’acqua piovana, i “pagghjar”, che servivano ai contadini per riporre gli attrezzi da lavoro e per ripararsi dalle intemperie, e la Grotta del Crocifisso (chiamata così perché un tempo era di proprietà del clero), una grotta naturale scavata nella roccia calcarea dall’acqua. In contrada Samarelli è presente un trullo e una calcàra, nella quale si lavorava la calce.
La dott.ssa Anaclerio ha, poi, descritto il Pulo di Molfetta. Si tratta della dolina più grande e più importante di tutta l’Italia (fatta eccezione per qualche sito siciliano) sia dal punto di vista archeologico, perché si riscontrano scoperte appartenenti all’epoca preistorica come il villaggio neolitico (i cui manufatti sono conservati nel Museo diocesano di Molfetta) e la necropoli, sia dal punto di vista industriale per la presenza della nitriera borbonica, da cui nel Settecento si estraeva il salnitro, sostanza chimica fondamentale per la creazione della polvere da sparo.
Un importante sito del Pulo è la Grotta di Ferdinando e Carolina (i due sovrani borbonici), purtroppo non visitabile per il fenomeno carsico. La dottoressa ha, però, spiegato che la grotta può essere resa visitabile attraverso un intervento di manutenzione se solo ci fossero sovvenzionamenti pubblici. Accanto al Pulo è presente il monastero dei Cappuccini (non visitabile). La flora che popola il Pulo è la più disparata: carrubo, cappero, micromeria nervosa, acanto, alloro e ailanto o “pianta assassina” perché emette veleno dalla radici uccidendo le piante circostanti. L’ailanto veniva utilizzata per la produzione della seta.
Purtroppo, nell’agro di Molfetta numerose sono le torri abbandonate: ad esempio, Torre Madonna della Rosa, Torre del Gallo, Torre Villotta, Torre San Giacomo, Torre dell’Alfiere e Torre Calderina, compresa in un territorio che si estende verso Bisceglie. A 2-2,5km da quest’ultima è presente in mare la Posidonia oceanica, un’oasi naturale che ha la funzione di trattenere la sabbia e impedire che il fondale sia spazzato via.
Purtroppo, questa zona, caratterizzata dalla presenza di pesci come lo scorfano, il cavalluccio marino, il riccio di mare e ancora il tuffetto, il cormorano, l’airone e il germano reale, è stata rovinata dalla pesca a strascico. Tra l’altro, proprio in quest’oasi naturale è stato realizzato lo scarico dei liquami di Molfetta-Ruvo-Corato.A questo proposito, è stato riprodotto il
video realizzato da
Quindici sullo scarico a Torre Calderina.
Il sequestro probatorio del depuratore di Molfetta nell’operazione Dirty Water (vicenda da affrontata da Quindici) ha anche evidenziato una situazione pessima e fortemente degenerante per il paesaggio locale agreste e marino che, ancora oggi, continua ad essere sottoposto a una violenza inaudita.
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