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Allarme sicurezza a Molfetta, giovane aggredito in pieno centro Una lettrice di “Quindici” denuncia: bulli impuniti e assenza delle forze dell'ordine
02 agosto 2009

MOLFETTA -Da tempo “Quindici” ha avviato, unico media a Molfetta, una campagna sulla sicurezza in città. Lanciamo da mesi l’allarme su questa situazione che sta degenerando anche perché la microcriminalità resta impunita fra l’indifferenza dell’amministrazione comunale. In questa situazione il cittadino si sente impotente e non sa come difendersi, cosa si deve fare, tornare al far west, si chiedono alcuni cittadini anche nei nostri forum. Della situazione di degrado è una riprova la lettera che pubblichiamo, inviata a “Quindici” che si fa portavoce da sempre di queste ingiustizie.
Questa donna, il cui figlio è rimasto vittima di un’aggressione da parte di alcuni bulli, non nasconde la sua sfiducia nelle istituzioni che, alle quali pur si è rivolta, ottenendo una risposta negativa o di assoluta indifferenza. Un fatto grave, che non può lasciare indifferenti le istituzioni. Da quanto tempo denunciamo, senza risposta, la situazione di emergenza e di caos che si crea al lungomare. Ma il silenzio e l'inerzia delle istituzioni sono una conferma della loro colpevole tolleranza. Non è con il senso unico che si risolve il problema. Se la maggioranza non interviene perché per lei il problema non esiste, perché il sindaco, a cui la legge affida la responsabilità della sicurezza, afferma nell’intervista, pubblicata su “Quindici” in edicola, che il problema non lo riguarda perché di competenza delle forze dell’ordine, le opposizioni di centrosinistra devono alzare ancora di più la loro flebile voce contro questa situazione. Il Pd e Rifondazione comunista non possono limitarsi a diffondere un comunicato per mettersi la coscienza in pace: occorre reagire con più decisione e a questo noi di “Quindici” li invitiamo anche a nome dei cittadini, di quella società civile, di quell’opinione pubblica che rappresentiamo e che ancora si indigna.
Non si può accettare la logica della violenza, occorre ristabilire le regole, a cominciare dall’obbligo del casco per chi conduce un motorino (anche e soprattutto se è un assessore comunale), una violazione del codice inspiegabilmente tollerata dai vigili urbani.
Di questo passo dove finirà la fiducia dei molfettesi? “Quindici” e i suoi giornalisti liberi continueranno questa battaglia solitaria in difesa della legalità e daranno voce ai cittadini vittime di ingiustizie e sopraffazioni ormai all’ordine del giorno a Molfetta. Ci uniamo alla signora nella denuncia di questo squallido episodio, nella speranza che chi può e deve intervenire si svegli da questo inspiegabile “torpore”.
L’indifferenza a lungo andare diventa colpevole. Ecco la lettera della nostra lettrice che ringraziamo per il suo contributo e il coraggio della denuncia. «Gentile direttore, mi trovo costretta a denunciare a mezzo stampa l’aggressione di mio figlio avvenuta in pieno centro da un gruppo di bulli di fronte all’ammessa impossibilità di intervenire da parte delle forze dell’ordine. Proverò a riordinare le idee considerando la grande agitazione che in queste ore sta attraversando la mia famiglia. Un paio di sera fa, poco dopo le 20 mio figlio di 14 anni era fermo con alcuni amici sul muretto nel primo tratto di lungomare quando da Corso Dante sono sbucati due bulli che gli hanno sottratto la bici con la quale aveva raggiunto il centro. Allora mio figlio ha rincorso i ragazzi che dopo pochi metri si sono fermati e non paghi l’hanno aggredito verbalmente e percosso con colpi sul corpo e sulla testa.
E a questo punto nasce il secondo motivo della mia indignazione. Il ragazzo ha chiesto aiuto a due signori che sostavano nelle vicinanze che non hanno alzato un dito e anzi si sono dileguati. L’aggressione è finita con i due bulli che per concludere in bellezza hanno lanciato la bicicletta giù sugli scogli. Quando è riuscita ad avvisarmi era ormai troppo tardi e ho trovato mio figlio in lacrime e molto spaventato. A questo punto ho chiamato le forze dell’ordine ma il telefono dei vigili urbani suonava senza alcuna risposta e a quel punto mi sono recata dai carabinieri che mi hanno risposto che ormai non potevano più intervenire. Mio figlio tornato a casa ha vomitato e non ha dormito serenamente, tanto che il giorno dopo l’ho accompagnato in ospedale dove mi hanno tranquillizzato circa le sue condizioni di salute. A distanza di pochi giorni non riesco ancora a essere serena.
Mio figlio ha qualche timore ad uscire da solo e ora inizio a essere molto più preoccupata anch’io. Tante domande affollano i miei pensieri. Dov’è quella Molfetta tranquilla che il sindaco si affanna a descrivere? Com’è possibile che in pieno centro si verifichi l’aggressione a un ragazzo senza che nessuno intervenga in sua difesa? Possono questi atti restare impuniti? A chi deve rivolgersi un cittadino per avere almeno giustizia? Se con questi bulli non si interviene subito, cosa si sentiranno legittimati a fare quando saranno più grandi? Spero che queste domande non cadano nel vuoto perché non vorrei augurare a nessuno di intervenire in soccorso di suo figlio in lacrime e alla fine provare lo stesso senso di impotenza che in questo momento mi pervade. Grazie».

Autore: Giacomo Pisani
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Gentile lettrice, in qualità di Molfettese non residente per motivi di lavoro, mi associo alla sua denuncia circa l'aumento incontrollato della delinquenza a Molfetta, controllato solo da inutili statistiche del Sindaco Azzollini per cui la città è sicurissima e a misura di gente civile. Ormai le sue statistiche ed affermazioni equivalgono a quelle di Pulcinella, ovvero a nulla. Come può un Sindaco-Senatore fare bene il suo incarico se è poco presente sia a Molfetta che a Roma? Come può rivolgersi ai Molfettesi e agli Italiani con quel fraseggio scurrile e arrogante a cui ci ha abituato nei consigli comunali diffusi in rete a dimostrazione di quanto vale? E che dire del comportamento omertoso di taluni Molfettesi incoscenti di arrecare danno ai concittadini e all'immagine della propria città? Io con immenso dispiacere ho dovuto allontanarmi dalla mia tanto amata Molfetta che non ho mai rinnegato e di cui ne vado fiero per avermi dato i natali. Ma in tutti questi anni sono stato osservatore del disinteresse dei cittadini verso la città in cui vivono, del saccheggio da parte di amministratori incompetenti, poco istruiti in materia e intenzionati esclusivamente a razziare quelle ultime risorse raschiate dal fondo del barile. Io dico ai Molfettesi, svegliatevi perchè questi loschi figuri non possono rappresentarvi, non si può fare di tutta l'erba un fascio; i Molfettesi sono da sempre stati uomini di cultura e di eccelso ingegno, basta guardare un pò indietro a ciò che hanno fatto i nostri anziani. Perciò il mio grido è: SVEGLIATEVI, MOLFETTESI......SVEGLIATEVI!!!!!
Bravi !!!! Ma quante belle parole di solidarietà, quanti bei commenti, quante belle critiche nei confronti di un sindaco e di una amministrazione inconsistenti e inesistenti, ma, come ormai è prassi consolidata, è solo la solita grande ipocrisia che in questi casi ci accomuna. Ci si dimentica forse che la cittadinanza siamo noi, chi parcheggia in doppia fila..scagli la prima pietra chi non lo ha mai fatto...siamo noi, chi si indigna al solo pensiero di chiudere al traffico il lungomare, via dante e io ci aggiungerei tutto le strade intorno alla villa comunale, rendendo l'aria irrespirabile in queste citate arterie, siamo noi. Come conseguenza logica almeno il sabato e la domenica si risolverebbe il problema delle auto in doppia fila...suvvia due passi ogni tanto fanno bene alla salute, a proposito ma a questi ragazzi i motorini e le macchine chi è che glieli acquista ? Come recita il vecchio detto..fai come dico..ma non fare come faccio...i ragazzi non fanno altro che mettere in atto gli eventuali valori che gli trasmettiamo. Ma basta ascoltare un tg qualunque per rendersi conto che questa è una nazione dove i delinquenti hanno più diritti e più tutele della gente onesta, dove chi ci governa passa la maggior parte del tempo a fare il clown, dove si risparmia sulla salute dei poveri cittadini, per poi scoprire che intascavano tangenti. Molfetta, nel suo piccolo non fa altro che rispecchiare questo..e ci vantiamo di essere fra le 8 nazioni più...scusate ma non so più di cosa...

Sarà forse il vento che non l'accarezza più, sarà il suo cappello che da un po' non gli sta su, sarà quella ruga di ridente nostalgia, o la confusione tra la vita e la poesia: non assalta treni perché non ne passan mai; non rapina banche, perché i soldi sono i suoi; vive di tramonti e di calcolati oblii e di commoventi, ripetuti lunghi addii struggenti addii... Molfetta stanca col cuore infranto stanotte va; va, su un cavallo bianco, col suo tormento lontano va, dov'è silenzio, dov'è silenzio, dove... dov'è silenzio, dov'è silenzio, dov'è silenzio, dove... Ha una collezione insuperabile di taglie; molte, tutte vuote già da tempo, le bottiglie; dorme sul cavallo che non la sopporta più, e si è fatto un mazzo per la pampa su e giù. Ogni notte passa e getta un fiore a qualche porta, rosso come il sangue del suo cuore di una volta; poi galoppa via fino all'inganno dell'aurora, dove qualche gaucho giura di sentirla ancora, cantare ancora... Ah Molfetta stanca, stanotte ho pianto pensando a te: c'è un po' della mia vita nella tua vita che se ne va dov'è silenzio, dov'è silenzio, dove... dov'è silenzio, dov'è silenzio, dove... Se chiudo gli occhi, dentro gli occhi sei di nuovo quella vero, quando sorridevo, quando ti credevo: ascoltami, guardami, sta' ferma: è ancora vivo questo amore, tutto questo amore, tutto il nostro amore: e tu lontano non ci vai a morire come una puttana, prima del mio cuore, al posto del mio cuore: non mi lasciare solo in questa notte che non vedo il cielo: torna Molfetta! torna Molfetta! torna Molfetta! Dov'è silenzio, dov'è silenzio, dove... dov'è silenzio, dov'è silenzio, dove... ("Bandolero stanco" - Vecchioni - poco, poco modificata)





Le pagine di cronaca dei giornali abbondano di inquietanti resoconti di episodi di violenza, che hanno come protagonisti ragazzi che frequentano le scuole superiori o addirittura le scuole medie inferiori ed elementari. Tali atti di microcriminalità giovanile, evidenti manifestazioni del “fenomeno di bullismo”, assumono contorni sempre più sinistri a causa del loro stretto legame con l'universo di Internet , il mezzo di comunicazione e socializzazione prediletto dalle nuove generazioni. Basti pensare alla miriade di video amatoriali girati dai bulli a testimonianza delle loro “imprese” e immessi nel cyberspazio (celeberrimi i contenuti audiovisivi reperibili nel portale “You Tube”) con il palese obiettivo di primeggiare nella classifica delle sconcezze commesse. Ecco che, di fronte a uno dei nuovi e più preoccupanti problemi del nostro tempo, gli psicologi Loredana Petrone e Mario Troiano, con il saggio “Dalla violenza virtuale alle nuove forme di bullismo”, tentano non solo di fornire un quadro chiaro e completo del fenomeno, ma anche e soprattutto di offrire risposte e soluzioni pratiche e concrete, attuabili con immediatezza da genitori, insegnanti e operatori, senza perdersi nelle lungaggini, avverse alla comprensione dei non addetti ai lavori, tipiche dei contributi scientifici eccessivamente specialistici. Affrontano il fenomeno del bullismo dalla sua etimologia ed esplicando le caratteristiche, le modalità e le tipologie del comportamento aggressivo e violento. Contrariamente a quanto si è soliti pensare, il termine bullismo ha radici antiche, in quanto risale all'epoca del Rinascimento. Nonostante ciò, bisogna aspettare il 1935 per vedere questa parola registrata per la prima volta in un dizionario (il Panzini). Con i nuovi mezzi di comunicazione, il fenomeno si è espanso ed è diventato più complesso. Queste prepotenze non sono occasionali, ma si ripetono nel tempo, configurandosi come una vera e propria persecuzione. Il bullismo è, quindi, una sottocategoria del comportamento aggressivo, contrassegnato da alcune peculiarità distintive: l'intenzionalità nell'offendere e nell'arrecare danno o disagio, la persistenza nel tempo, l'asimetria di potere nella relazione bullo-vittima, l'uso moralmente ingiusto del potere, il piacere evidente provato dall'aggressore, la sensazione di oppressione sperimentata dalla vittima. Molteplici sono le categorie del bullo: il bullo aggressivo (colui che ha un comportamento caratterizzato da un'aggressività empatia verso gli altri), il bullo passivo (è un soggetto molto ansioso insicuro, poco popolare, cerca la propria identità e ricopre un ruolo di gregario nel branco e ha la funzione di sostenitore di chi agisce le prepotenze), e il bullo ansioso (è spesso sia bullo che vittima, ha una personalità caratterizzata da bassa autostima, ansia e instabilità emotiva, mette in atto comportamenti vessatori nei confronti dei compagni più deboli, ma cede spesso al rimorso e ai sensi di colpa). In ogni atto di bullismo un ruolo significativo è svolto dai coetanei, compagni di classe o di gioco dei protagonisti del comportamento violento. Non a caso il bullo non agisce mai da solo: è sempre attorniato da amichetti che lo incitano, lo sostengono e lo incoraggiano a preservare nelle aggressioni. Altri approvano le sue modalità relazionali in maniera indiretta, osservando le sue bravate tra risolini e gridolini. Loredana Petrone, psicologa e psicoterapeuta e collaboratrice della cattedra di Medicina dell'Università La Sapienza di Roma e Troiano, psicologo, psicoterapeuta, direttore dell'Istituto europeo internazionale di Psicologia dell'emergenza e consulente tecnico del Tribunale di Roma, si servono della loro diretta esperienza per raccontare le devastanti conseguenze degli atti di bullismo, tanto per la vittima quanto per il carnefice. Quest'ultimo, infatti corre il rischio di diventare un criminale incallito, adito alle droghe e all'alcolismo. La vittima invece, oltre ad essere affetta da molteplici disturbi psicofisici immediati (come solitudine, depressione, ansia, insicurezza, incubi, angoscia, mancanza di appetito, calo nel rendimento scolastico, fobia sociale) viene marchiata da conseguenze destinate a protrarsi nel tempo e a segnare i suoi comportamenti anche da adulto. Il nuovo sconvolgente marchio distintivo delle società attuali è il fenomeno del “cuyberbullo”, cioè colui che utilizza la posta elettronica, i blog, le reti sociali informatiche, i cellulari, gli Sms, le fotografie e i video digitali ecc.ecc. con l'obiettivo di offendere, molestare. Diffamare, appropriarsi di identità altrui e rendere di pubblico dominio e violare la privacy, senza l'autorizzazione dell'interessato. Esiste un'indiscutibile correlazione tra la visione di spettacoli violenti e la messa in atto di condotte aggressive. Decisivi anche i contesti familiari e sociali in cui si vive: le conseguenze di una certa televisione sui comportamenti dei bambini che non devono essere mai lasciati soli davanti al video, ma accompagnati e possibilmente discutere sugli spettacoli loro preposti. A tale proposito, è fondamentale il ruolo dei genitori, chiamati a imporre limiti precisi, che allontanino i loro figli dai pericoli del “videoabuso” e della dipendenza dei media. Anche la scuola gioca un ruolo capillare, tanto nell'arginare le manifestazioni di bullismo, che la vedono teatro privilegiato della violenza ai pari della “strada”, quanto nel prevenirle. La migliore prevenzione è l'educazione. Gli insegnanti devono, quindi, educare gli alunni al dialogo, aiutare il bambino nel rapporto sociale con i suoi compagni, a decodificare e razionalizzare le emozioni, educarlo alla cultura del rispetto, coinvolgendo le famiglie, oggi non facile. “Adolescenti contaminati si addentrano nella trasgressione, nella devianza, mentre la società si dibatte nelle norme poco condivise, nel rigore e nelle severità da usare chiaramente per l'altro, non per il proprio figlio. Vittime e carnefici diventano carne da macello, c'è chi muore e c'è chi rimane oltraggiato per l'intera esistenza”.


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