Alberghiero, studenti in scena con La quaterna Un successo
Il laboratorio teatrale della XV Giornata dell'Arte e della Creatività
Il Laboratorio di arti sceniche dell’Istituto Alberghiero di Molfetta conferma, anche in questa XV edizione della Giornata dell’Arte e della Creatività studentesca, la propria capacità di affascinare e divertire il pubblico attraverso la rappresentazione de La quaterna di Eduardo De Filippo, in occasione del trentennale della morte dello scrittore napoletano. La pièce è un felice adattamento dell’originale Sogno di una notte di mezza sbornia (1937), titolo che ammicca trasgressivamente alle alchimie fantastiche di Shakespeare (ma anche alle pomposità teatrali del Vate D’Annunzio). Nell’opera, poi, assistiamo alla comica deminutio nientemeno che del grande Dante Alighieri (simpaticamente interpretato da Sabino Maldera), declassato al rango di dispensatore onirico di numeri al lotto, nonché di latore di menagrame profezie. Proprio un sogno figlio dell’ebbrezza rivelerà al protagonista Don Pasquale De Felice (un magistrale Francesco Torre) la combinazione vincente di una quaterna secca. Oltre al felice suggerimento, l’immortale poeta informa il protagonista del fatto che, sessanta giorni dopo il suo prossimo compleanno, è destinato a morire. Mentre tutti gioiscono per la vincita, che dona ai De Felice un’inattesa e inebriante ricchezza, l’uomo si strugge di malinconia, consapevole di dover presto dare addio all’esistenza. Comincia così i febbrili, e dispendiosi, preparativi del suo funerale, coadiuvato dal compassato don Felice Trapasso (sempre Sabino Maldera), sino all’arrivo del giorno fatidico… La quaterna è un’opera che anticipa numerose tematiche tipiche del lavoro eduardiano. Emerge il legame inscindibile del popolo napoletano con il gioco del lotto, che in Non ti pago darà l’avvio a una querelle, relativa proprio al destinatario di un sogno rivelatore. Affiora l’idea della crisi della famiglia, che dovrebbe rappresentare un’àncora per l’individuo, ma spesso si tramuta in trappola infìda, come già aveva mostrato Luigi Pirandello nel Fu Mattia Pascal. In più occasioni, De Felice avrà modo di meditare, infatti, sull’ipocrisia dei suoi congiunti. I figli, Gina e Arturo, ben interpretati da Noemi Bellifemine e Antonio Matera, manifesteranno un affetto non disinteressato e la stessa seconda moglie, Maddalena (un’eccezionale Giulia Carpini), avrà un moto di gioia incontenibile, quando si prefigurerà la ricca vedovanza in età ancor giovanile. Ne deriveranno scene spassosissime, come quella in cui la futura vedova si atteggia a inconsolabile, ma quando il marito le prospetta l’idea di accompagnarlo nel viaggio verso l’Ignoto, la donna prorompe in uno sdegnoso, e poco convinto: “Avviati, che io ti seguo!”. Non mancano amare meditazioni su come la ricchezza cambi l’indole degli individui, non solo nelle manifestazioni esteriori. A proposito di quest’ultime, non possiamo non rammentare i gustosi strafalcioni del personaggio della Carpini, mentre si sforza di adoperare la lingua italiana in luogo dell’icastico dialetto. Dalle prime battute alla seconda parte dello spettacolo, mutano gli scenari: non più popolane dedite al cucito, tra una “vaiassata e l’altra”, ma sedicenti dame della società bene, che sorseggiano tazze di the e si premurano di darsi un contegno, senza riuscire a celare la propria vera natura. Il collettivo ha superato il difficile ostacolo della lingua napoletana, optando per l’ottima scelta di mantenere l’inflessione linguistica del paese d’origine dei singoli studenti. La messinscena è stata curata nei dettagli, in una sapiente regia collettiva, cui hanno contribuito i docenti Adelaide Altamura, Teresa De Leo, Annamaria Russo, Daniela Logrieco, Antonio Allegretta, Carla Calò e Rosita Napolitano; scenografia e costumi sono stati curati con meticolosità dalla professoressa Antonietta Travaglini. Un plauso a tutti gli interpreti (oltre agli studenti già citati, rammentiamo Alessia Castellano, Paola de Pinto, Emanuella Salvemini, Michela Dascoli, Alessandro Fucci, Stefania Bonasia, Simona Matteucci, Doriana Mennea, Simone Lobascio, Domenico Matera, Luisa Lacerenza e Carmen Rana), che, con competenza e passione sottolineate dal dirigente, prof. Antonio Natalicchio, hanno confermato l’immagine della “Scuola come luogo nodale di Ricerca e Formazione”, nonché di valorizzazione di giovani talenti.
Autore: Gianni Antonio Palumbo