A Molfetta Simone Cristicchi parla agli studenti dell tragedia della guerra a Trieste e del Magazzino 18
MOLFETTA - Masserizie, mobili, letti, stoviglie, fotografie, giocattoli e oggetti di vita quotidiana abbandonati. Tutte testimonianze di un’amnesia e di un silenzio collettivi. Simboli di una pagina nera ed appartenenti ad un passato la cui eco risuona oggi più forte che mai. Una macchia lavata via dai libri di storia come a voler cancellare ciò che è stato. È la tragedia che ha visto protagoniste 350mila famiglie costrette, a partire dal 1947, ad abbandonare le proprie case, la propria terra e il patrimonio di affetti e ricordi all’indomani dell’occupazione delle truppe jugoslave del generale Tito alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Di fatti dopo il trattato di Parigi, gli italiani dell’Istria e della città di Fiume si trovarono isolati e obbligati o ad accettare violenze, soprusi e in taluni casi anche l’internamento oppure a scegliere la via dell’esodo. La vicenda dei Giuliano – Dalmati e il dramma delle foibe istriane sono state le tematiche alla base del secondo “Viaggio della Memoria” che il Comune di Molfetta ha organizzato a Trieste dal 15 al 17 marzo con 40 ragazzi selezionati dalla rete delle scuole e accompagnati dai loro docenti. Quasi come a voler rispolverare un vecchio libro ingiallito dalla patina dell’oblio, gli allievi hanno ripercorso i luoghi simbolo di una disgrazia inconcepibile ed ancora oggi inaccettabile.
Un’esperienza unica e toccante cui ha fatto seguito un incontro presso l’Auditorium Regina Pacis di Molfetta con il cantautore che ha stimolato tale progetto. Si tratta di Simone Cristicchi che ha deciso di ripercorrere la storia di questo esodo in uno spettacolo teatrale, Magazzino 18, titolo ispirato proprio a quel luogo nel Porto Vecchio di Trieste dove gli esuli lasciavano tutti i loro averi in attesa di potersene riappropriare in futuro. L’idea di ritagliare un pezzo di storia così importante ma poco conosciuto e rincollarlo in prima pagina è scaturita – come ha raccontato l’illustre ospite alla platea di studenti – dalla voglia di «salvare la memoria per renderla immortale, così da fermarla e salvaguardarla».
Non a caso il cantautore romano ha incominciato la sua ricerca partendo dall’ambito familiare e da un reduce speciale della II Guerra Mondiale, suo nonno Rinaldo. Un uomo, un marito, un padre, un servitore dello Stato italiano che ha combattuto la campagna di Russia in cui persero la vita migliaia di soldati e molti altri furono fatti prigionieri del nemico. Una testimonianza preziosa utile a sottolineare l’inutilità della guerra che ha un solo obbiettivo, ovvero l’arricchimento di petrolieri e banchieri. Tra una battuta ironica e l’altra, Cristicchi ha offerto ai presenti il dono prezioso di una testimonianza a filo diretto con il passato, con gli orrori degli eventi bellici.
Dopo la parentesi familiare, si è spostata l’attenzione sulla valenza di un luogo simbolo come il Magazzino 18 in cui singolare è la quantità e la diversità degli oggetti ammonticchiati dentro la struttura. Si va da montagne di sedie aggrovigliate, a comporre quasi una scultura moderna, a decine di armadi di legno desolatamente vuoti, passando per letti e lettere e poi virando sul personale con lettere, fotografie, pagelle, diari, reti da pesca, strumenti musicali, attrezzature da artigiano che non vedranno mai più il legno o il ferro. Oggetti che racchiudono ancora oggi l’anima delle perone che a malincuore li hanno dovuti abbandonare e che per questo restituiscono ai visitatori una suggestione incredibile, quasi da pelle d’oca – come hanno ricordato le testimonianze dei ragazzi presenti nell’auditorium. Un luogo, quello del magazzino che diventa museo e contrassegno di chi ha lasciato tutto pur di rimanere italiano ed onorare la propria patria.
Ringraziando il cantautore – l’assessore alla cultura Betta Mongelli – ha sottolineato come quello di Cristicchi rappresenti oggi uno strumento artistico efficace per propagandare la cosiddetta memoria condivisa secondo cui tutti gli italiani devono riconoscersi in una storia comune, in primis gli studenti che diventeranno i cittadini del domani e i depositari di testimonianze, che si spera, tramandino ai posteri per mantenere viva la storia della propria Patria.
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