Valente, un protagonista del Novecento
La scomparsa di un uomo eclettico: poeta, scultore, pittore, filosofo
Se ne è andato in silenzio, così com'era vissuto. Vincenzo Maria Valente (nella foto), eclettico personaggio, poeta, filosofo, scrittore, pittore, scultore, uomo innamorato della sua terra e della sua città alla quale ha voluto fare dono di una Fondazione musicale, che porta il suo nome, con un finanziamento di un miliardo di vecchie lire.
Questa Fondazione si aggiunge al monumento ai "caduti sul mare" collocato all'interno dell'Ipsiam e al busto in bronzo a Gaetano Salvemini sistemato nella villa comunale: tutto a sue spese, colmando due lacune delle varie amministrazioni comunali che si sono succedute nel corso degli ultimi anni.
Il prof. Valente si forma artisticamente a Roma dove completa gli studi presso il Liceo Artistico e l'Accademia di Belle Arti. Appassionato dell'Antico, realizza copie direttamente dagli originali di opere presso le Pinacoteche di Roma, Napoli, Firenze, Torino.
Insegna Disegno e Storia dell'Arte nelle Scuole Superiori e diviene Assistente Incaricato di Disegno nel Biennio della Facoltà di Ingegneria dell'Università di Bari. L'insegnamento non l'ha mai distratto dalla libera professione artistica per la quale ha conseguito importanti premi e riconoscimenti internazionali. Studioso di Arte Romantica, ha pubblicato: La Basilica di S. Marco a Venezia a confronto con il Duomo di Molfetta (ed. Levante), una prestigiosa monografia con oltre 150 disegni.
Appassionato di poesia ha pubblicato due raccolte illustrate con proprie xilografie, genere in cui è particolarmente versato.
Sue opere si trovano presso il Museo Nazionale di Modena, il Museo dell'Incisione Artistica di Verona, il Museo di Carpi.
Vincenzo Maria Valente era soprattutto un attento osservatore della realtà che lo circondava, della gente in particolare, come dimostra il suo lavoro "Lo specchio", una galleria di molfettesi degli anni Trenta. «Poeta, filosofo, pittore che sa cogliere la luce segreta nelle copie da Rembrandt a Melozzo e nelle sue nature morte - ha scritto il preside prof. Giovanni de Gennaro, recensendo il suo libro su "Quindici" - maestro di sgorbia e bulino nelle xilografie di forte realismo, scultore di forme massive, i ritratti estemporanei a disegno possono apparire attività minore. Ma a guardare bene l'intera sua produzione, si scopre la coerenza della sua ricerca in tutte le sue espressioni, compresi i saggi di storia dell'arte. Attraverso tonalità e linee, colpi di bulino e ritmi di masse, si avverte la stessa ansia di identità che negli studi polemici sul Duomo di Molfetta e San Marco a Venezia e soprattutto nelle preghiere poetiche del misterioso Dio "Figlio di Nessuno", che è sempre più in alto di quello che si prega, nei 1050 versi di "Xilografie e parole" del 1994».
Luigi Servolini descrive così l'opera del Nostro: «Quel che colpisce subito nell'opera del Valente è, anzitutto, la "facile mano" del disegnatore: un osservatore acuto che s'impegna sul serio e in profondità per cogliere i caratteri delle figure e le vitalità delle scene. Ma anche un compositore felice che non ama i vuoti che, ora realisticamente, ora simbolicamente riempie per dare anima al quadro e infondere un sapore di attualità. Non obbedisce a mode e a preconcetti di stile: è un gran sincero e crede nei valori dell'Arte come poesia».
Di lui si sono occupati critici e quotidiani. Ecco alcuni giudizi sull'artista e sulla sua opera:
« ...uno studioso ed amante della nostra più sana tradizione; un artista che ha voluto e saputo dimostrare come in tempi di dissolutezze e di negazioni dei sani valori si possa tendere al sublime riallacciandosi al passato per un'arte sana dell'avvenire» ("Il Tempo").
« ...proviene dalla "Scuola" di Roma: dai maestri Coromaldi (pittura) e Rodella (incisione) e poi da Siviero e Prencipe. Ha all'attivo varie pubblicazioni di "Xilografie e parole "; autore di una introvabile monografia sulla "Scultura romanica nel Duomo di Molfetta", una quindicina di Mostre personali e partecipazioni a regionali, nazionali e internazionali; tra le sculture, un busto a Gaetano Salvemini riuscitissimo per lo sguardo penetrante e indagatore. Xilografo veramente geniale il Valente ha parecchie opere che fanno parte del Museo della Incisione artistica di Verona, del Museo di Carpi, del Museo Nazionale di Modena. Sue notizie biografiche si leggono sull'Enciclopedia delle Arti di U. Galetti, sul Dizionario illustrato "Comanducci", sul Dizionario "Incisori d'Italia" di L. Servolini, su "L'arte Italiana Contemporanea" ediz. "Cerga", su "Guida all'Arte Italiana" di C. E. Bugatti di "Europa Arte" e altre pubblicazioni del genere» ("Il Messaggero").
Vincenzo Maria Valente ha attraversato tutto il Novecento, è morto ultranovantenne, mantenendo una straordinaria lucidità. Viveva in una bella casa-museo del centro storico dove aveva raccolto tutte le sue opere. Chi, come noi, ha avuto il privilegio della sua amicizia sa che in quella casa c'è un pezzo di storia di Molfetta. Valente aveva pensato di donarla alla città (oppure alla Fondazione che porta il suo nome), ci auguriamo che l'amministrazione comunale (che vergognosamente non ha inviato nessun rappresentante ai funerali) sappia valorizzare questo piccolo museo che ricorda l'opera di uno dei suoi figli migliori, la cui opera, come spesso accade, in una città dove prevalgono le divisioni sulle condivisioni e dove regna sovrano incontrastato il “dio Edile”, non è stata adeguatamente valorizzata in vita e andrebbe recuperata ora, mettendo da parte invidie ed egoismi, che da sempre sono la rovina questa città, per dare a Vincenzo Maria Valente lo spazio che merita nella storia di Molfetta, che lui ha tanto amato.