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Vagabondando tra i libri - II
15 dicembre 2018

Aldo Capitini, dunque, allargò il suo orizzonte culturale, venendo a contatto con la rivista di Piero Gobetti, “Rivoluzione liberale”, pubblicazione, questa, contraria al fascismo. Concorse poi ad un posto presso la Scuola Normale di Pisa e nel 1924 si trasferì in questa città. La “Normale” era un collegio universitario collegato alle Facoltà dell’Università di Pisa: gli studi erano coltivati con entusiasmo e serietà ed era anche un luogo di alta formazione umana. Le riviste, facilmente consultabili, davano l’idea del progresso letterario e scientifico, italiano e straniero; i colloqui tra normalisti continuavano nelle sale da pranzo e nelle passeggiate sui lungarni. Un’amicizia determinante di quegli anni fu per Capitini quella con Claudio Baglietto, il più amico, il più congeniale, insomma il “dimidium animae meae (metà dall’anima mia)” di agostiniana memoria. Baglietto aveva abbandonato il cattolicesimo in giovane età, a tredici anni ed era alla ricerca di una religiosità sua propria, rifacendosi soprattutto a Kant. Di questo filosofo il giovane apprezzava la prudenza e la lucidità del metodo e la valorizzazione dell’interiorità, coadiuvato in questo da Capitini. Interessanti sono le lettere che i due amici si scambiarono negli anni successivi, quando Baglietto viveva in Germania, con una borsa di studio e Capitini rimase a Pisa, come segretario della “Normale”. Gli argomenti erano la non violenza e la doverosità dell’obiezione di coscienza nei confronti del servizio militare. Un altro argomento era il vegetarianesimo; Baglietto sentiva che il cattolicesimo era molto chiuso ai valori e ai diritti degli esseri sub-umani. In seguito Capitini avrebbe detto, sentendo che un periodo di gravi avvenimenti si avvicinava, la guerra di Etiopia, quella di Spagna e quella mondiale: “Si esalta il militarismo, ci si prepara quindi all’assalto di altri uomini, seminando odio, rovine e lutti in tante famiglie? Ebbene, io eviterò di nutrirmi con cibi carnei, per significare, mentre ci si prepara ad uccidere tante creature umane, la doverosità del rispetto per tutti gli esseri, cominciando da quelli che sacrifichiamo alla nostra nutrizione e spesso più per edonismo che per vera necessità fisiologica”. I due amici si scambiavano anche considerazioni a proposito della “persuasione”: è preferibile dedicare il tempo, che di solito usiamo per trascinare gli altri nella sfera delle nostre idee, ad un più profondo e coerente scavo dentro noi stessi. Ogni azione di propaganda, ogni tentativo di conversione, non è infatti che una forma di violenza. Scriveva il Baglietto all’amico: “Dirò sempre a quelli che me lo chiedono, o a cui so che interessa, quello che penso; anzi non ho mai sentito così forte come ora il valore dell’amicizia e della comunità con tutte le persone a cui si è naturalmente legati da affetto. Ma cercherò sempre di dirlo come un fatto, a titolo di informazione sulle mie opinioni e basta”.

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