Un "archeomostro" rischia di deturpare il Duomo di Molfetta
MOLFETTA - Vecchie letture e nuovi mostri. Dalla prima stralciamo questa citazione: “Per una visuale più completa del Duomo occorre vederlo da una certa distanza onde
avere, in prospettiva, la contrapposizione della prima cupola su quella più alta che emerge al centro della chiesa”. Seguiamo il buon consiglio dello storico Vincenzo Maria Valente e, visto che ci manca la sua mano per ricalcare le sue famose tavole del Duomo, ci armiamo di macchina fotografica. Ma nell’inquadratura qualcosa non corrisponde. Invece di scorgere le cupole alleggerite dalle finestrelle ecco apparire i nuovi mostri. Un massiccio muro che va a sostituire il precedente fabbricato, rimasto solo nella parte anteriore oscura la visuale (nella foto) e come se non bastasse una scala ancora in laterizi e tavole che delimitano il perimetro della costruzione fanno presupporre una ulteriore colata di cemento che magari non chiuderà “l’alzata”, per dirla volgarmente, ma andrà a creare una veranda con vista privata sul Duomo. E
pazienza se la foto che ci suggeriva di scattare Valente sarà rovinata.
Succede a Molfetta ancora una volta colpita nel suo monumento simbolo di cui tutti si vantano ma nessuno, e soprattutto chi avrebbe il dovere di salvaguardarlo, se ne preoccupa realmente.
L’immobile adiacente alla chiesa, sul cui tetto sono in corso i lavori, è già balzato agli onori delle cronache alla fine del 2009 per via di un sequestro preventivo della Guardia di Finanza poi annullato dal tribunale del riesame. Per mesi i lavori sono rimasti fermi salvo poi riprendere regolarmente, per regalare alla città vecchia questo nuovo squarcio di mattoni e cemento.
Ci chiediamo è mai possibile che su un immobile, il cui valore artistico e culturale supera quello economico, sia realizzato un simile intervento? Insomma non stiamo parlando del vano tecnico su una casa di campagna per guadagnar qualche metro quadro e una verandina su cui arrostire con gli amici, ma di un terrazzo su un edificio storico assolutamente non preesistente (come si può vedere nella galleria fotografica) che incide drasticamente sul monumento più prezioso della città. La sopraintendenza dei beni culturali ne è al corrente? E se non si tratta di un intervento abusivo i tecnici del Comune avranno fatto i dovuti accertamenti? Speriamo che questa volta abbiano misurato bene l’impatto dell’opera. Del resto si tratta di una piccola sopraelevazione e negli uffici di via Carnicella sono abituati a ben altre sviste, considerando che si sono accorti tardivamente che la nuova caserma della capitaneria di porto sarebbe finita così a ridosso del mare.
Cercheremo di dare risposte a questi interrogativi e nel rispetto delle regole, se qualche permesso è stato violato, chiediamo che si abbia il coraggio e la tempestività di intervenire per ripristinare lo status quo ante. Perchè se le costruzioni che deturpano i beni paesaggistici sono definite ecomostri, indipendentemente dalla regolarità delle autorizzazioni, questo può a ragione essere definito un archeomostro. Il rischio è che nell’Italia dei condoni e nella città dell’abusivismo anche questo nuovo mostro venga esorcizzato.
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Autore: Michele de Sanctis jr.