Oggi si decide alla Procura di Trani, il destino del sindaco di Molfetta Minervini e di altri indagati:chiesto l’arresto ai domiciliari per presunta corruzione e altri reati
Il sindaco Minervini
MOLFETTA – Oggi si decide il destino del sindaco di Molfetta, Tommaso Minervini. Questa mattina ci sarà l’interrogatorio preventivo ad un eventuale arresto ai domiciliari.
Saranno anche interrogati altri 7 indagati su 21 nell’inchiesta su presunti favori negli appalti pubblici: i dirigenti comunali Lidia De Leonardis e Alessandro Binetti, l'imprenditore Vito Leonardo Totorizzo, l'autista (e cugino) del sindaco, Tommaso Messina.
Tra gli indagati da parte della Procura di Trani ci sono anche l'ex vice sindaco Antonio Ancona, l'ex assessore Mariano Caputo (già finito in carcere per lo scandalo “Appaltopoli” che ora è arrivato al processo senza la costituzione di parte civile del Comune per un errore del legale) e la presidente della Multiservizi Maria Pia Annese.
Le accuse, a vario titolo, sono turbativa d’asta, corruzione, peculato, depistaggio.
I pubblici ministeri Francesco Tosto, Giuseppe Francesco Aiello e Marco Gambardella della Procura di Trani nella loro richiesta cautelare hanno chiesto il divieto di dimora a Molfetta per l'ex luogotenente della Guardia di Finanza, Michele Pizzo, per il dirigente comunale Domenico Satalino e anche per il funzionario comunale Mario Morea.
Gli interrogatori saranno tenuti dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Trani Marina Chiddo.
Oggetto dell’inchiesta penale sono l’appalto per l’area mercatale e i lavori del nuovo porto commerciale.
Questi i vari capi di accusa:
Capo A
Viene chiesto l’arresto di Tommaso Minervini e vengono indagati anche l’ex dirigente comunale Vincenzo Balducci, l’ex assessore Mariano Caputo, il dirigente comunale Binetti e gli imprenditori Maria Teresa e Rocco Palazzo. Questa l’accusa: “in concordo tra loro commettevano frode nelle pubbliche forniture” in merito all’appalto dell’area mercatale, che doveva sorgere all’estrema periferia a Ponente.
Per il Capo B stesse richieste di misure giudiziarie: arresto di Tommaso Minervini, indagati l’ex dirigente comunale Vincenzo Balducci, l’ex assessore Mariano Caputo, il dirigente comunale Binetti oltre agli imprenditori Teresa Santo e Andrea Leone in quanto, in concorso tra loro, “turbavano la scelta di un contraente e procedevano ad affidamento diretto” dei lavori della nuova area mercatale tra via mons. Bello e via dei Salesiani.
Per il capo E viene richiesto l’arresto di Minervini e Satalino e indagato Ancona, perché, secondo la Procura, sempre in concorso “al fine di occultare i reati commessi” nei due capi precedenti, “facevano approvare alla Giunta il progetto di fattibilità tecnica economica dei lavori di completamento dell’area mercatale omettendo in toto, dolosamente, nel testo la ricostruzione delle reali ragioni che rendevano necessarie tali ulteriori opere di completamento”.
Per il Capo F, arresti domiciliari nei confronti di Minervini, Satalino e Morea, funzionario comunale, con l’accusa di aver avuto una condotta finalizzata all’eseguimento dei reati descritti in precedenza con il sindaco quale “istigatore”, Morea quale “rendicontatore” e Satalino quale “redattore” di atti con cui chiedere fondi ai Ministeri competenti.
Per il capo G, arresti domiciliari per Minervini e la dirigente comunale Lidia de Leonardis per il capo E nel quale risulta indagata la funzionaria Maria Cristina del Vescovo. “Con abuso di poteri e con violazione dei doveri inerenti alle funzioni pubbliche da essi rispettivamente esercitate – è detto nelle ipotesi di accusa – impedivano o turbavano la gara per l’affidamento e la gestione del servizio” nello specifico quello di “Porta futuro”.
Per il Capo G richiesti i domiciliari per Lidia de Leonardis e il finanziere in pensione Pizzo Michele, secondo l’accusa in concorso e con l’aggravante del loro status di pubblici ufficiali visti i ruoli ricoperti, portavano a conoscenza l’esistenza delle indagini.
Per il Capo I, richiesti i domiciliari per Minervini e la De Leonardis per presunte responsabilità, una volta scoperto di essere intercettati, nella manomissione delle apparecchiature elettroniche (microfoni e telecamere).
Il Capo J richiede i domiciliari per Minervini e De Leonardis per presunto falso ideologico in atto pubblico e peculato.
Nel Capo K la richiesta di domiciliari riguarda l’ex finanziere Michele Pizzo con l’accusa di aver redatto atti provanti il suo servizio anche se non era vero con l’obiettivo di conseguire profitti salariali.
Col il Capo L vengono richiesti i domiciliari per Minervini, De Leonardis e Messina con l’accusa di aver utilizzato l’automobile del Comune per fini privati.
Al sindaco e alla dirigente, inoltre, c’è l’aggravante di aver commesso il fatto con abuso di potere e violazione dei doveri inerenti la pubblica funzione.
Con il Capo M, richiesti i domiciliari per Minervini, Alessandro Binetti e l’imprenditore Totorizzo, che sarebbe stato interessato ad ottenere l’appalto dei lavori di costruzione e concessione della gestione della banchina a sud est del piazzale retrostante il nuovo porto di Molfetta e che, con l’aggravante di aver abusato dei propri poteri, sindaco e dirigente “impedivano la gara e ne allontanavano gli offerenti mediante promesse, collusioni e altri mezzi fraudolenti”, secondo l’accusa dei pubblici ministeri.
Il Capo N vede richiesta di domiciliari per Minervini, Alessandro Binetti e Vito Totorizzo per concorso nel reato di falso in atti fidefacenti al fine di occultare il reato contestato nel capo M, con l’aggravante di aver abusato dei propri poteri contestata a sindaco e dirigente.
Per il Capo O, ancora domiciliari per Minervini e Totorizzo per presunte promesse di appalti in cambio di voti elettorali nella campagna del 2022 per l’elezione del sindaco e relativo ballottaggio. Secondo l’accusa queste presunte promesse giustificherebbero la candidatura a consigliere comunale di Giuseppe Totorizzo, figlio dell’imprenditore, nella lista civica “Insieme per la città” a sostegno della canditura di Minervini al secondo mandato consecutivo a sindaco.
Con il Capo P si chiedono i domiciliari per Minervini e Binetti e vengono indagati il funzionario comunale Saverio Amato e il progettista dell’opera portuale e delle relative varianti in corso d’opera, Gianluca Loliva. L’accusa è che le 4 persone coinvolte in concorso, “con collusioni e altri mezzi fraudolenti” ponevano in essere una condotta con lo scopo di “condizionare la scelta del contraente, turbavano il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando, del capitolato speciale d’appalto” e altra documentazione della gara per l’individuazione dell’operatore economico a cui affidare i lavori di completamento delle opere foranee e costruzione del porto commerciale – priorità 2 – del progetto generale di completamento.
Per il Capo Q ancora domiciliari per Minervini e indagati Antonio Ancona e Maria Pia Annese, che oggi ricopre l’incarico di presidente della società municipalizzata Multiservizi.
L’accusa per loro è che, in concorso, legati anche dall’appartenenza politica alla coalizione che sosteneva Minervini alle elezioni 2022 con l’Annese candidata al Consiglio Comunale nella lista civica “Molfetta in azione”, “colludevano, turbavano il procedimento amministrativo, condizionando le modalità di scelta del contraente” relativamente all’iter per la nomina del Presidente della Multiservizi, incarico poi assegnato all’Annese.
Con il Capo R, sempre richiesta di arresti domiciliari per Minervini, mentre risultano indagati Ancona e Annese con l’accusa di concorso in corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio: il sindaco Minervini avrebbe promesso in cambio di sostegno elettorale incarichi che prevedono invece procedure pubbliche.
Ovviamente gli indagati potranno dimostrare la loro innocenza, sempre garantita fino al terzo grado di giudizio. Hanno anche la facoltà di non rispondere o di non presentarsi davanti al Gip, che poi procederà come riterrà opportuno, anche con la conferma dell’arresto.
Ricordiamo che l’eventuale arresto del sindaco Minervini, comporterà conseguenze anche per l’amministrazione della città, sia in caso di dimissioni, sia in caso di sostituzione. In ballo, perciò, non c’è solo il destino del sindaco, ma anche quello della città.
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