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Un’anteprima del nuovo Palazzo Dogana: al via dal 12 luglio
15 giugno 2019

Restituzione alla città di un edificio di immenso valore storico-artistico. Non è un’affermazione intrisa di orgoglio, non presuppone l’imposizione di una primogenitura nel volersi attribuire il merito di aver distolto un bene che unisce tutti indistintamente in un senso comune di molfettese appartenenza, all’oblio. L’aver voluto restituire il Palazzo ex Dogana Vecchia alla sua città nelle forme e nella sua maestosa dignità, è stata una presa d’atto, di quella consapevolezza che assale di fronte all’inerzia e che grida ragione contro ingiustizia. L’architetto Francesco Paolo Arbore ne è convinto. Si è trattato di un lavoro di squadra, di un team che pur conoscendo cambi nell’assetto societario, ha lavorato coralmente per un bene che merita attenzioni e valorizzazione, edificio del ‘700 vincolato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali che, in un moto continuo di dare-avere, restituirà prestigio alla città se supportato da strutture ancora in progress, come l’auspicato waterfront, ed iniziative di valorizzazione del territorio. Unico molfettese a far parte del team di progettazione sin dal’anno 2009, quando vi fu l’atto di concessione di valorizzazione per cinquant’anni, l’arch. Arbore sottolinea che il recupero funzionale dell’immobile ex Dogana Vecchia è frutto di un’avventura iniziata nel 2008 con la partecipazione alla gara e successiva vincita per l’aggiudicazione della concessione dell’edificio per un arco temporale di cinquanta anni. Una sfida impegnativa che è stata raccolta e portata alla sua programmata conclusione. La proprietà (Magna Grecia s.r.r., Ing. Antonio Resta e C. s.r.l., RONI service s.r.l.) nel 2013 affida definitivamente ad un pool la progettazione del recupero conservativo, approvato dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città metropolitana di Bari, dell’edificio, formato dall’arch. Francesco Paolo Arbore, dal compianto ing. Vito Azzollini, e dal Dott. Geologo Filippo Zuccaro cui, nel 2017 si aggiunge lo Studio milanese Ncbarchitettura degli architetti Riccardo Emanuele e Samuel Balasso, pool coordinato dall’Ing. Nicola Stefanelli. Una sfida che è una promessa mantenuta, come da crono programma: fine lavori il 31/12/2018 ed anteprima il 12 luglio 2019. Tutto pronto: un edificio di circa 5.300 mq che conserverà la sua vocazione artistica, senza stravolgimenti, un complesso che riacquista un’apparente uniformità dopo il susseguirsi di interventi di trasformazione per usi cui veniva, di volta in volta, adibito. Una struttura che è stata una scoperta, il ritrovare un vano che non era neanche censito nelle mappe in possesso della proprietà demaniale, la meraviglia di come il tempo non ha scalfito la bellezza di una struttura che, nonostante il passare dei secoli, non ha avuto bisogno di interventi di risanamento statico. Il risultato è la produzione di una struttura che, dal seminterrato ove sarà collocato, l’ingresso dalla Banchina Seminario, al lastrico solare, accoglierà il turismo del leisure, ospitato in trentadue stanze e tre suites, coccolato in una SPA di 155mq, deliziato dagli chef di un ristorante che potrà accogliere cento coperti, che garantirà, tramite ascensori e pedane a scomparsa, l’accesso ed i medesimi servizi ad ospiti con disabilità. Un team, come sottolinea l’arch. Arbore, che non ha incontrato grandi difficoltà, il cui obiettivo comune è stato restituire il palazzo, orgoglioso della sua vocazione storica, ad presente ed ad un futuro sostenibile. Le aspettative sono ambiziose: la struttura, quattro stelle sup., distante venti chilometri dall’Aeroporto Karol Wojtyla, con collegamento autostradale, si candida ad accogliere anche clienti business e turisti che necessitano di soggiornare nelle vicinanze di Bari e che potrebbero scoprire o riscoprire un immenso patrimonio artistico, storico, con una cucina fortemente radicata alla tradizione ed al territorio in un contesto che è possibile affermare, senza tema di smentita, essere uno dei più bei prospetti sul mare d’Italia. Un restauro che assurge a pieno titolo ad opera d’arte esso stesso perché “l’arte non riproduce ciò che è visibile ma rende visibile ciò che non sempre lo è”. (Paul Klee) © Riproduzione riservata

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