Terremoto sulla giunta Minervini a Molfetta. Il sindaco sempre più solo, lo abbandonano anche gli ex amici del Nuovo Psi
MOLFETTA - Ancora un’altra tegola politica in testa al sindaco Tommaso Minervini dall’instabile Palazzo Giovene, simbolo politico dell’amministrazione comunale di Molfetta.
Ad abbandonarlo, dopo averlo sempre sostenuto, sono ora i compagni del Nuovo Psi, in realtà uno strano soggetto politico nel marasma del ciambotto molfettese, che si richiama a Craxi e si dichiara artefice della vittoria elettorale di Minervini.
Questo strano partito, che ha come segretario Girolamo Altomare e come revisore dei conti dell’Asm Tobia De Trizio, qualche giorno fa aveva diffuso, attraverso strani canali, una specie di comunicato con il quale interveniva nel terremoto politico in atto sulla giunta Minervini. L’ambigua nota, letta per vie traverse, faceva riferimento agli scontri all’interno della maggioranza nell’ultimo consiglio comunale, confermava il sostegno al sindaco, ma aggiungeva che “sembrerebbe che sia in corso uno scollamento tra le forze politiche della maggioranza che, in alcuni casi potrebbe innescare anche fratture insanabili”.
Per risolvere la crisi in atto, quelli che si definiscono Nuovo Psi, sostenevano che l’unica strada possibile per salvare la situazione fosse quella di creare un’adeguata “camera di compensazione politica”, meglio definita “camera di composizione” delle possibili divergenze. Dopo aver proposto questo strano oggetto, sostenevano che la pari dignità fra tutti i gruppi che sostengono il sindaco non poteva mai essere messa in discussione, perché non era bello assistere a repentini cambi di casacca, perché non rafforzava il sindaco e l’amministrazione un travaso di consiglieri (il riferimento è al gruppo “Molfetta che vogliamo”, per capirci nel marasma delle liste civiche che di politico hanno ben poco, ma fanno riferimento a personaggi politici, quello di Leonardo Siragusa che ha visto emigrare nel gruppo “Insieme per Molfetta”- di cui è referente Saverio Tammacco - l’assessore Sergio De Candia e la consigliera Francesca De Palma, della quale l’opposizione chiede le dimissioni per la vicenda dell’appalto assegnato al marito).
Queste trasmigrazioni vengono definite giochi di potere finalizzati a consegnare la città in mano di pochi, in una sorta di cannibalismo politico all’interno della stessa coalizione. Poi si soffermano sul civismo che da essere aggregazione di gruppi animati dalla voglia di amministrare bene una città, si trasformano in una sorta di gruppone al servizio di qualche personaggio “al quale non fa difetto la sete di potere”, ovviamente, aggiungono, “non stiamo parlando del sindaco”, “relegato al ruolo di mero primo amministratore e non di guida della coalizione” (probabilmente vogliono riferirsi al referente di “Insieme per la città”).
I “puri” del Nuovo Psi affermano che loro non cambieranno mai pelle né casacca e qui si contraddicono quando affermano che hanno sostenuto il percorso di Pietro Mastropasqua (centrodestra) e poi hanno “sposato il programma del candidato Tommaso Minervini, che grazie al nostro impegno – dicono - è stato eletto sindaco”. Se consideriamo che Mastropasqua sta all’opposizione, ci chiediamo, dove sta il Nuovo Psi? Sembrerebbe con la maggioranza a sostegno dell’attuale sindaco, come scrivono. E concludono con il pistolotto morale: “abbiamo un unico fine: quello di far rinsavire chi di dovere (chi? ndr). Certe cose non si fanno! (consiglieri monelli, ndr) perché non rafforzano una coalizione, anzi, semmai, la indeboliscono”.
Fine della prima puntata.
Esattamente 10 giorni dopo, il ripensamento di quelli che non cambiamo mai opinione o casacca: “non condividiamo il modo di fare del sindaco e ci dichiariamo fuori da questa maggioranza”.
Il Nuovo Psi, allora, esce dalla maggioranza? Risposta: “Si potrebbe rispondere a questa domanda con un’altra domanda: perché esiste una vera maggioranza politica? Assolutamente no”. Quindi risolvono l’interrogativo sibillino, con l’affermazione: “Non si può quindi ‘uscire’ da ciò che non esiste!
Il sindaco e la sua amministrazione – aggiungono - sarebbero sostenuti da un gruppo di consiglieri guidati o meglio comandati da un uomo solo che non è il sindaco. E anche qui il riferimento sembra Tammacco, ma che non si ha il coraggio di nominare per chissà quale timore.
Ma come? Nel precedente comunicato, avevano confermato il sostegno al sindaco e ora, lo sfiduciano? sembra perché Minervini avrebbe ignorato i compagni socialisti, quelli del garofano rosso per intenderci (“è mancata una risposta politicamente seria da parte del sindaco”).
E quindi deducono che “è evidente che il sindaco non è la vera guida della coalizione”, “è al vertice dell’amministrazione, ma non è al vertice della coalizione che non rispetta la pari dignità tra tutte le forze politiche, che soggiace al diktat altrui, soprattutto di chi favorisce ‘accordi di cartello’ all’interno della stessa per aumentare in maniera spropositata il proprio potere personale”.
Allora ha ragione “Quindici” quando sostiene che il sindaco ombra sia Tammacco?
I nuovo socialisti si sentono traditi da Minervini e dal modo di gestire le coalizioni. Inoltre sostengono di non poter dare più fiducia al sindaco che afferma di non essere a conoscenza gli atti dei dirigenti comunali su appalti milionari (il riferimento è a quello della scuola Cozzoli, assegnato al marito della consigliera De Palma) “e questo palesa l’inutilità della sua funzione”.
Forse, a questo punto, sarebbe il caso di esprimere solidarietà a Tommaso, bastonato anche dagli amici socialisti!
Quindi, continuano gli ex amici del garofano, “non si può continuare a sostenere un sindaco che non solo nulla sa e nulla vede, ma totalmente incapace di essere punto d’incontro della coalizione che ha determinato la sua elezione.
I socialisti rimproverano anche a Minervini il mancato rispetto dei consiglieri di opposizione (il riferimento sarà alle accuse sessiste di violenza verbale rivolte alla consigliera del centrosinistra Annamaria Gagliardi?), definendo il sindaco maleducato, perché “l’educazione dovrebbe prescindere dalle divergenze politiche”.
Conclusioni: “prendiamo le distanze dal sindaco e dalla sua amministrazione, perché il percorso intrapreso, o forse mai abbandonato, ma solo taciuto, non porterà buoni frutti”.
Alla fine ci si chiede: chi comanda a Molfetta? Minervini o Tammacco? E cosa hanno di politico tutte le liste civiche del ciambotto (mai nostra definizione è stata più appropriata) che si richiamano a Molfetta (solo nel nome)?
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