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Successo del laboratorio teatrale “Quei figuri di trent'anni fa” all'Alberghiero  
15 maggio 2007

Un atto unico venato d'amara ironia, “Quei figuri di trent'anni fa” d'Eduardo de Filippo, è il testo rappresentato con successo dal laboratorio d'arti sceniche dell'I.P.P.S.A.R. (Alberghiero) di Molfetta, nel contesto della settima edizione della “Giornata dell'arte e della creatività studentesca”. Un laboratorio, quello dell'istituto, che già negli anni precedenti aveva prodotto esiti di rilievo sul piano artistico, nell'allestimento degli spettacoli “Emozioni al muro”, “Delirio”, “La baronessa dell'Olivento”. A curare la regia e il coordinamento artistico, con un collettivo quasi totalmente rinnovato e composto prevalentemente da allievi di prima, le docenti Adelaide Altamura, Teresa de Leo, Daniela Logrieco, Angela Pisani e Ida Porcelli. “Quei figuri di trent'anni fa” disegna con 'fosca' levità un quadro d'estremo degrado morale, quello d'un presunto “Circolo della caccia” (questo il titolo originale dell'atto unico) napoletano, in realtà bisca clandestina, in cui don Gennaro Fierro (Dario dell'Orco), detto 'Punto e Virgola', spilla quattrini al gioco a gonzi quali l'avvocato Peppino Fattibene (Dario Vacca). A permettere il perpetrarsi del sistema truffaldino la complicità di giovani desiderosi di facili guadagni e disposti a prestarsi a far da 'pali', come Luigino Poveretti (Cosma Damiano Rubini). Se però il palo non è un fulgido esempio di perspicacia, può capitare che l'orditore della truffa si trovi a subire ingenti perdite e la gonzissima vittima ad accumulare guadagni insperati. A complicare il tutto l'improvvisa irruzione della polizia: Gennaro e la cricca d'imbroglioni tenterà d'occultare le 'insegne' della bisca, ma il palo e il merlo Fattibene, credendo che l'intero affare sia solo una burla, finiranno col tradire la reale natura del 'circolo', consentendo alla giustizia di espletare il proprio corso. Un testo apparentemente semplice, ma ricco di spunti metateatrali: il “Circolo della caccia” è una sorta di palcoscenico, in cui donne di malaffare si trasformano in contesse e baronesse e tutti gli avventori divengono interpreti di una messinscena il cui regista è don Gennaro, che vediamo comicamente istruire il poco sveglio Luigino. Un teatro in cui sacro e profano s'intersecano: all'arrivo degli agenti le contesse-baronesse si convertono in pie donne e recitano il rosario. Un palcoscenico in cui è difficile distinguere i buoni dai malvagi, perché la corruzione morale è figlia del degrado sociale, è frutto amaro degli stenti di una vita (è il caso di donna Filumena-Costanza Lotito). La stessa giustizia non appare pienamente 'giusta', se nella retata del Delegato (Gianpaolo Massimini) cade anche don Fattibene, la vittima del raggiro. Vittima forse tacciabile di boria, ma non per questo meritevole del trattamento spicciativo, cui i rappresentanti della legge la sottopongono. A ciò s'aggiunga che i funzionari non destano certo la simpatia della Peppenella-Sciusciù (Erika Scaringella), con le sue leziose cantilene amorose indirizzate a Gegé. Un allestimento gradevole quello dell'I.P.S.S.A.R., che intelligentemente, non potendo riprodurre il vernacolo napoletano, delinea gli stessi scenari di degrado avvalendosi di un'accentuazione delle inflessioni dialettali delle nostre terre. Le scelte musicali sottolineano il carattere di divertissement, seppure amaro, della pièce; la scenografia riproduce dettagliatamente lo spazio-bisca, non rinunciando nemmeno all'espediente del quadro-nascondiglio, riprodotto nell'armadio con quadro. Tra gli interpreti si segnalano i tre protagonisti: roccioso in tutti i sensi Dario dell'Orco, che incarna bene - e con un pizzico d'ironia - il ruolo di tenutario della bisca; Cosma Damiano Rubini impazza simpaticamente, riuscendo efficace anche nella mimica facciale. A Dario Vacca l'arduo compito del ruolo che fu d'Eduardo, ruolo in cui il ragazzo si destreggia bene, alternando ingenuità e albagia. Tra le ragazze ci piace particolarmente la donna Assunta di Rosalba Mastrodonato, che nel personaggio matronale, un tempo di Linda Moretti, riesce brillante e sfodera notevole carisma. Un plauso va però a tutti i giovani studenti-attori: Erika Scaringella (molto spiritosa), Vincenzo Grillo (sornione al punto giusto), Costanza Lotito, Angelo Mastrapasqua, Francesco Ranieri, Salvatore Di Reda, Antonio Di Pinto, Valeria Paduanelli, Nicoletta D'Angelo, Isabella Sgroni, Gianpaolo Massimini, Michele Paolicelli, Savino Asseliti, Antonio Maiorano. Siamo debitori alla loro bravura e al loro entusiasmo di una preziosa possibilità di riflettere anche sulla società odierna. Perché quei loschi figuri di trent'anni fa, forse, non differiscono tanto da quelli in cui, più o meno consapevolmente, è dato d'imbattersi oggi.
Autore: Gianni Antonio Palumbo
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