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Storia del Duomo simbolo di Molfetta
15 dicembre 2017

Nelle scorse settimane ha suscitato molto clamore il crollo di una parte delle decorazioni della facciata est del Duomo San Corrado. Vediamo di ricostruire la storia di un luogo simbolo di Molfetta. Il destino della nostra città, definita da Pina Belli D’Elia in Puglia romanica «fiorente per i traffici, popolata da secoli da mercanti afferenti dai maggiori centri pugliesi ma anche da Amalfi, dalla Grecia, dalla Dalmazia, da Venezia», è da sempre legato «al mare, alle sue vie, ai commerci, all’avventura d’Oriente... nel suo porto si affollavano nel XII e XIII secolo, le navi appartenenti a una flotta che solcava l’Adriatico e il Mediterraneo: navi cariche di merci che battevano incessantemente la rotta della Terra Santa, imbarcando armati e pellegrini, richiamati a ondate successive dalle guerre e dai Luoghi Santi...». Non sorprende, dunque, che la chiesa vescovile «una delle più belle e singolari chiese della Puglia romanica» sia stata edificata a «margine dell’abitato, non solo affacciata sul mare ma costruita sull’orlo stesso». Come non ricordare la descrizione che Giuseppe Marinelli fa nella sua “Relazione di Molfetta ad Aldo Manuzio” (1583): «...sta la Cattedrale del Vescovato et abitazione del Vescovo, bagnate di continuo dalle acque del porto...». É ancora Pina Belli d’Elia a sottolineare: «la chiesa fu intenzionalmente ideata perché costituisse un punto di riferimento per quanti giungevano da lontano e per primi ne avvistavano la mole cristallina e le torri emergenti sui bassi tetti e sulle terrazze delle case e delle chiese minori assiepate intorno ad essa». La studiosa pone in evidenza la facciata absidale del Duomo San Corrado, con le torri «che svettano improvvise serrandone la facciata orientale percorsa da archi incrociati di sapore arabosiculo, illuminata al centro dalla finestra absidale circondata da sculture aggettanti». In realtà non si possiedono dati precisi sulla sua fondazione benché venga menzionata in diversi documenti a partire dal 1185 (testamenti, lasciti, devoluzioni di beni). Berteaux, basandosi solo sull’esame stilistico, l’aveva datata tra la fine del XII e i primi decenni del XIII secolo. Pina Belli D’Elia è categorica nell’affermare: «nessuna traccia palese giustifica invece l’altra ipotesi, dell’esistenza di un precedente tempio di Nettuno o di una più antica chiesa cattedrale che la nuova fabbrica avrebbe inizialmente inglobato». Sempre secondo quanto riferito dalla studiosa, l’antica cattedrale – dedicata a Santa Maria Assunta – venne impostata «nella seconda metà del XII secolo secondo lo schema a cupole in asse con semibotti sulle navata laterali, largamente impiegata già dall’XI secolo per molte chiese monastiche benedettine». L’edificazione della chiesa è avvenuta per blocchi successivi, a partire proprio dall’area presbiteriale (comprendente presbiterio con abside inclusa e torri). Dopo la costruzione del primo blocco i lavori sarebbero stati interrotti (come provano evidenti tracce strutturali), presumibilmente durante il passaggio dalla dominazione normanna a quella sveva. Alla ripresa del cantiere il progetto dovette variare notevolmente forse per ragioni pratiche, ma soprattutto per «un cambiamento del gusto e dall’apertura dei costruttori pugliesi verso esperienze esterne, di matrice sia orientale che occidentale». Importanti interventi si ebbero nel corso del XV secolo, quando vennero realizzate le cappelle gentilizie, erette all’esterno e successivamente collegate all’aula liturgica attraverso varchi di varie forme e dimensioni (cappella S. Maria ad Nives – 1401, cappella S. Caterina d’Alessandria – 1405, cappella S. Giuliano – 1418, cappella di S. Michele). Unica, tra le cattedrali romaniche pugliesi, a presentare cappelle aggiunte alla facciata di ponente, dedicate rispettivamente a S. Antonio, S. Corrado e S. Maria della Carità. Quella dedicata al nostro patrono venne demolita nella prima metà del Novecento per realizzare l’attuale ingresso. Progettata, ma mai realizzata la cripta, elemento presente, invece, nelle cattedrali coeve dei paesi limitrofi. Oggetto di diversi interventi, nel corso dei secoli, furono sicuramente le due torri, danneggiate da fulmini e terremoti nonché dal Sacco del 1529: «Dopo svariati restauri, nel 1616, sotto il vescovo Bovio, dovette esserne ricostruita integralmente la parte superiore a spese della Universitas di Molfetta». L’intero edificio venne restaurato nel 1648, per conto del vescovo Tommaso Pinelli. Minori furono le influenze in età barocca, rispetto alle strutture coeve, poiché nel 1785 perse la funzione di Cattedrale: le reliquie di San Corrado, arredi e suppellettili vennero trasferite nella chiesa di Sant’Ignazio, che mutò denominazione diventando Cattedrale di Santa Maria Assunta, mentre la chiesa romanica venne chiamata Duomo di San Corrado. Nei secoli successivi salsedine, agenti atmosferici e trascorrere del tempo lasciarono le loro pesanti tracce. Nella prima metà del Novecento furono numerosi sono i cambiamenti che la interessarono, a partire dall’allontanamento del mare, con la costruzione della banchina (1925). Restauri furono condotti a più riprese dal 1925 al 1941: furono demolite la cappella di San Corrado e le coperture delle altre due cappelle sulla facciata occidentale, sulla quale venne realizzato l’ingresso principale. Vennero eliminate gran parte delle sovrastrutture addossate ai fianchi. Anche le cappelle più antiche (che vennero a loro volta ripristinate, eliminando sovrastrutture). In questa fase vennero ripristinate le colonnine e uno dei leoni che ornavano la facciata orientale della struttura. I più recenti lavori di restauro sono stati realizzati tra il 1997 e il 2004: si è trattato di un risanamento statico, affidato alla ditta Balacco. © Riproduzione riservata

Autore: Isabella de Pinto
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