Schiena dritta
A conclusione di questi 10 anni del nostro giornale e prima di iniziare l'undicesimo che ci vedrà impegnati in alcune novità editoriali che avevamo in mente già da tempo, ma che abbiamo rinviato perché volevamo chiudere un ciclo decennale prima di aprirne un altro, speriamo altrettanto fecondo e ricco di risultati, ci sembra utile ricordare le recenti parole del Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, che ha invitato i giornalisti (grazie Presidente) ad avere la schiena dritta.
Ci piace sottolineare quest'affermazione del Presidente perché corrisponde all'imperativo categorico di kantiana memoria che ci siamo imposti quando abbiamo scelto questo nostro mestiere di giornalisti, ormai sono oltre 35 anni, e soprattutto quando abbiamo dato vita a «Quindici», un giornale che la «schiena dritta» l'ha avuta fin dal primo numero, quando, a chiare lettere, scrivevamo chi eravamo e quali erano i nostri obiettivi. Pensavamo a un'informazione diversa (così titolammo il nostro primo editoriale) in una città dove «al di là di lodevoli sforzi da parte di qualcuno, la maggior parte dell'informazione si caratterizza per mancanza di qualità, per faziosità, dilettantismo che finisce troppo spesso per scivolare nel pettegolezzo e nello scontro, oppure diventa contenitore di fumo».
E già dal primo numero ci piovvero addosso attacchi e insulti di ogni tipo perfino da improbabili concorrenti che allestivano anzitempo funerali con tanto di vignette con le quali si attribuivano la qualifica di becchini di qualunque giornale non fosse il loro. Noi, invece, che del principio di libertà ne facciamo uno stile di vita, abbiamo sempre esultato alla nascita di un nuovo organo di informazione, sia perché crediamo al pluralismo, sia perché il confronto, sul piano della qualità e su quello della professionalità, non poteva che giocare a nostro favore. E così è stato.
Ma la «guerra» incessante contro di noi era dettata anche dal fatto di aver rotto quel conformismo, che, come scriveva saggiamente un vecchio magistrato: «È una malattia mentale, simile all'agorafobia: il terrore della propria indipendenza; una specie di ossessione, che non attende le raccomandazioni esterne, ma le previene; che non si piega alle pressioni dei superiori, ma se le immagina e le soddisfa in anticipo...». Lo ricordava Piero Calamandrei (“Elogio dei giudici scritto da un avvocato”) uno dei padri della nostra Costituzione repubblicana, che oggi una destra arrogante vuole stravolgere. Ma noi andammo avanti, sempre con la «schiena dritta», smentendo gli scettici, sconfiggendo detrattori politici e saltimbanchi dell'informazione. Oggi siamo alla conclusione dei nostri 10 anni e qualcuno, un oscuro (ma non tanto), diabolico regista è risalito dalle fogne nelle quali abitualmente sguazza e, meravigliandosi della nostra longevità, ha deciso che dieci anni sono troppi per un giornale libero e indipendente, mai suddito in un lavoro pur sempre difficile e faticoso. Così mette in atto tutti i metodi leciti e illeciti, ma infami, per calunniare e per distruggere questa meravigliosa realtà che, pur con i suoi umani difetti, resiste e cresce da 10 anni, fino a diventare il giornale leader del territorio, com'è ampiamente riconosciuto, anche grazie a quel confronto sul mercato, che ci ha premiato.
E ci ritroviamo a subire un'escalation di attacchi (che arriva perfino a ricorrere alla via giudiziaria per intimidirci), che per qualche anno si era assopita, e che ci ricorda i primi mesi di vita del giornale e coincide, guardacaso, con la presenza al governo del Paese e della città di una destra che ha asservito tutta l'informazione televisiva e tenta di fare la stessa cosa con la carta stampata, creando difficoltà di accesso alle fonti (che in qualche caso danno notizie solo agli “amici”), ostacolando chi, come noi, vuole fare informazione trasparente su temi scomodi e difficili (siamo stati gli unici a trattarli in questa città) ed è pronta ad utilizzare impropriamente anche le istituzioni per questo fine.
Il detto di Beccaria, secondo cui «non vi è libertà ogni qualvolta le leggi permettono che in alcuni eventi l'uomo cessi d'esser persona e diventi cosa», non va dimenticato in questi giorni bui che stiamo vivendo.
I rischi che corre oggi la democrazia derivano anche dalla pigrizia morale di chi sempre più preferisce alla soluzione giusta, quella accomodante, perché non turba il quieto vivere, anche perché l'intransigenza costa fatica. Ma quando «la politica entra nella giustizia, la giustizia esce dalla finestra», diceva un altro padre della patria, Luigi Einaudi (è amaro pensare quale dequalificazione ha subito oggi la nostra classe dirigente).
E contro questa pigrizia morale, QUINDICI continuerà a battersi, dovesse restare l'unica voce di un'area riformista nella quale si riconosce e di quella società civile un po' assopita (e astensionista) che vuole scuotere, ma anche dei partiti che devono riprendere a fare politica e non calcoli elettorali sulla somma dei voti utili (vedi il recente tentativo di riposizionamento di Visaggio e del Nuovo Psi, di cui parliamo nelle pagine di politica), magari «turandosi il naso» come proponeva Montanelli. No, occorre trasparenza: una politica seria, credibile, con programmi riconoscibili, per marcare la propria diversità coinvolgendo, realmente, nella partecipazione quella società civile che, secondo noi, attende solo un segnale efficace per risvegliarsi, operando una vera rivoluzione che possa interrompere il declino di una città che merita molto di più, non foss'altro che per quelle tradizioni culturali, imprenditoriali, politiche e sociali del suo passato.
Noi di «Quindici» siamo qui per farci promotori di tutte le iniziative possibili in tal senso e anche di un dibattito sulle nostre pagine che sia improntato soprattutto ai programmi e alle cose concrete.
Questo potrà dar fastidio a quei personaggi e a quei malvagi registi i cui oscuri disegni denunciamo, senza farci intimidire (ringraziamo ancora tutti coloro che ci hanno espresso la loro affettuosa solidarietà), ma ai quali rispondiamo facendo nostra l'esortazione del magistrato Francesco Saverio Borrelli: resistere, resistere, resistere, sempre con la «schiena dritta», come esortava anche Gaetano Salvemini.
È questo l'augurio che ci facciamo e che rivolgiamo alla città e ai molfettesi per un 2005 di autentico riscatto. AUGURI agli uomini liberi e di buona volontà.
Autore: Felice de Sanctis