MOLFETTA - Era stato sequestrato nell’operazione “Mani sulla città” dello scorso 23 giugno. Ora il Settore Territorio del Comune di Molfetta approva lo schema di atto d’obbligo per sanare le «opere precarie» del ristorante Playa del Sol Village collocato a ridosso della Terza Cala (verso Giovinazzo sulla destra).
In pratica, dal 2009 ha aggravato le già pesanti manomissioni dell’area, pur tutelata dalle NTA del Piano di Assetto Idrogeologico e dal PUTT/p (approvato nel 2000 dalla Regione Puglia). Entrambi per lame, corsi d’acqua e costa vietano l’incremento dei «fattori detrattori», ovvero interventi edilizio-urbanistici che modifichino e compromettano i fattori naturalistici del sito e i caratteri di uso del suolo. Prescrizioni mai applicate alla Terza Cala di Molfetta (anche sbocco naturale di Lama Reddito), oggetto di continue alterazioni edilizie negli ultimi anni.
“CHIODI” NELL'AGRO
Benché il progetto originale prevedesse per la struttura un «carattere precario e temporaneo» (a firma dell'arch. Giambattista Del Rosso e dei geometri Nicolò De Simine e Alessandro de Robertis, coinvolti nell’operazione “Mani sulla città” del 23 giugno 2011), «leopere realizzate non presentano tutti i requisiti della precarietà E, supponendo la precarietà della struttura, il Comune di Molfetta non aveva nemmeno richiesto il versamento di alcun onere di urbanizzazione alla società.- si legge nella sanatoria -, per le modalità di costruzione, per durata superiore a quella stagionale e per la specifica attività alla quale sono asservite».
Inoltre, il permesso di costruire (pdc) era stato rilasciato il 17 febbraio 2009 proprio 12 giorni dopo che la società aveva presentato un atto rogato con cui si obbligava a non interferire nella progettazione del comparto edilizio n.28 (D4 - zone per attività turistiche e complementari), su cui la struttura insiste. Obbligo cui la società, a quanto sembra, non avrebbe adempiuto.
Infatti, il manufatto violerebbe anche le minime prescrizioni del Prgc, secondo cui «le due lame naturali con foce sulla 2° e 3° cala, interessate da insediamenti per attività turistiche e complementari, pur comprese nei comparti, dovranno essere inibite a qualsiasi intervento modificativo dei siti naturali». Non solo, ma per il comparto 28 (D4) sono previste «possibilità insediative di attività produttive, destinate alla incentivazione del comparto turistico, lungo la costa», pur sempre «nel rispetto dell’ambiente e delle sue caratteristiche naturali e del PUTT».
Di fronte all’irregolarità, il dirigente ad interim del Settore Territorio, ing. Enzo Balducci, in base alle prescrizioni del testo Unico sull’Edilizia, ha sanzionato la società con una multa rateizzata di 10mila euro (comprensivo di sanzione amministrativa pecuniaria), importo che la società avrebbe dovuto versare per ottenere nel 2009 il pdc.
«FATE PURE, POI SI PENSA»
Tuttavia, la determina dirigenziale legittima lo scandaloso intervento edilizio che, senza l'approvazione di un piano particolareggiato o di comparto (assente per le D4), non sarebbe stato possibile eseguire nel 2009. Tra l’altro, offre ancora altri 5 anni per la redazione di un piano particolareggiato o di comparto, la cui assenza comporterà la demolizione della struttura (spese a carico della società).
Intanto, per altri 5 anni continuerà la deturpazione di quel tratto di costa, nonostante il PUTT/p consenta solo il mantenimento e la ristrutturazione di manufatti edilizi legittimamente esistenti e nuove costruzioni solo se mobili e localizzate, in modo da evitare l’alterazione e la compromissione del litorale.
Insomma, la sanatoria aggrava il pessimo stato di un’area costiera di solo cemento e asfalto, a parte qualche risicato metro quadrato di spiaggia (sporche e quasi nere la battigia e l’acqua). Nessun ufficio comunale si è mai preoccupato di eseguire dei controlli in base alle nuove direttive e prescrizioni del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale.
Corretta la sanzione comunale, anche se stranamente tardiva (ritardo forse dovuto alle numerose pratiche gestite in modo univoco tra i settori Lavori Pubblici e Territorio da parte dell’ing. Balducci). È, invece, singolare sanare una struttura che non rispetta il vincolo ambientale cui è sottoposta l’area. Qualche “interesse” particolare ne ha bloccato la demolizione, come accaduto in altre zone d’Italia?
Ad esempio, lo scorso marzo è emersa sul litorale monopolitano una situazione di “regolare irregolarità”, dopo i controlli serrati dal Comando di Polizia Municipale di Monopoli, in collaborazione con la Soprintendenza: non solo alcune strutture precarie adibite alla balneazione non sarebbero state rimosse alla scadenza dei permessi, ma ne sarebbero sorte altre abusive.
Sono stati (o saranno) eseguiti dei controlli lungo il litorale molfettese da parte delle Forze dell’Ordine? È stato richiesto un parere all’AdB per la sanatoria? Inutile il nulla-osta della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Puglia, secondo il Settore Territorio, che aveva già rilasciato il proprio parere a maggio 2007: ma forse sarebbe stato opportuno richiederlo anche per questo nuovo pdc, prima di rilasciarsi.
Così, per vie trasversali, si legittima l’ottica del «fate pure, poi si pensa» e si difende l’abusivismo edilizio che ha trasformato Molfetta nel paradiso cementizio e palazzinaro.
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