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Rigore nella spesa corrente e investimenti in opere pubbliche nel bilancio di previsione del Comune di Molfetta L'amministrazione comunale di Molfetta ha rescisso anticipatamente il contratto “Swap”, stipulato nel 2002 con la Unicredit Corporate Banking
04 aprile 2009

MOLFETTA - Rigore e contenimento della spesa pubblica, riduzione degli sprechi, investimenti per grandi opere pubbliche, sostegno ai più deboli. Sono questi i cardini su cui si regge il Bilancio di Previsione 2009 del comune di Molfetta approvato a maggioranza dal Consiglio Comunale. Un bilancio – sottolinea l'assessore al Bilancio, Giulio La Grasta - concepito per arginare gli effetti sulle famiglie e sui lavoratori della crisi economica internazionale e al tempo stesso tempo interventi per continuare sulla strada delle grandi opere pubbliche: «Nonostante la riduzione dei trasferimenti correnti provenienti da altri enti pubblici e nonostante le restrizioni finanziarie del momento, abbiamo escluso il ricorso all'aumento delle tasse per non far gravare questo peso sulle tasche dei cittadini. È stato possibile tutto questo grazie ai risanamenti dei conti e alla riduzione degli sprechi. Priorità assoluta – continua La Grasta – come sempre è stata riservata alla spesa sociale per i settori più deboli della popolazione». Restano invariate l'addizionale comunale Irpef, la tassa sui rifiuti urbani, l'aliquota Ici sulle seconde case e quella sulle case sfitte, la tassa sulla pubblicità e la tassa sull'occupazione del suolo pubblico. Invariate anche le tariffe concernenti i servizi pubblici per la mensa scolastica, i trasporti pubblici e l'assegnazione dei loculi cimiteriali. Sul fronte delle entrate tributare si registra anche un'incisiva azione di accertamento del gettito fiscale pregresso che consentirà un recupero stimato in termini di Ici pari a 180 mila euro e in termini di Tarsu pari a 132 mila euro. Altri provvedimenti sono stati assunti per riqualificare il debito comunale. L'amministrazione comunale di Molfetta ha, infatti, rescisso anticipatamente il contratto “Swap”, stipulato nel 2002 con la Unicredit Corporate Banking, la cui scadenza era prevista per settembre 2015. L'operazione metterà al riparo le casse comunali dalla estrema variabilità dei tassi di interesse e quindi dai rischi legati all'incertezza dei mercati finanziari. In altre parole, gli interessi sui debiti del Comune da ora in poi saranno calcolati sulla base di tassi fissi, assicurando al bilancio comunale maggiori risparmi oltre che più qualità in fatto di certezza dei dati e trasparenza delle informazioni. L'amministrazione comunale sin dal momento del suo insediamento ha costantemente tenuto sotto controllo il rischio legato ai contratti di “Swap” decidendo di risolvere anticipatamente il contratto solo nel momento in cui il costo di risoluzione (mark to market) ha assunto il valore più conveniente sul mercato e al contempo più conveniente per il patrimonio comunale. Il proseguire dell'impegno finanziario derivante dallo Swap avrebbe esposto il bilancio comunale al rischio di ingenti perdite future, non immediatamente controllabili né correttamente valutabili. E, ovviamente, le perdite pagate sarebbero state a carico del cittadino. Per il sindaco Antonio Azzollini «ogni cifra, ogni voce, ogni scelta contenute nel Bilancio di previsione 2009 sono la sintesi di valori per noi imprescindibili: trasparenza, solidarietà, sviluppo. Abbiamo approntato questo Bilancio così come avrebbe fatto un buon padre di famiglia, occupandoci e preoccupandoci innanzitutto dei più deboli, degli anziani, dei disabili e delle famiglie meno abbienti, tanto più in una fase come quella attuale in cui i morsi della crisi economica colpiscono i più svantaggiati.» In conclusione, per il primo cittadino il bilancio appena approvato a maggioranza dal Consiglio comunale è «lo specchio di una Molfetta con una marcia in più, moderna, efficiente, produttiva, con un'economia capace di competere con le più grandi città italiane. È il Bilancio di una città che anticipa i tempi e vive già il suo futuro».
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LA “CARTA STRACCIA” DEI COMUNI ITALIANI I Comuni italiani hanno qualcosa come 35 MILIARDI DI EURO di investimenti in fondi, obbligazioni, derivati e altre forme di carta diventata straccia. I Comuni sono diventati in questi anni degli speculatori finanziari, usando LE TASSE DEI CITTADINI per giocare in Borsa, ma la crisi finanziaria ha trasformato gli investimenti in DEBITI. I funzionari dei Comuni non sono degli esperti finanziari e la cittadinanza non ha attribuito loro la facoltà di usare i propri soldi per comprare azioni della Lehman Brothers o della Bank of Scotland. I nostri sindaci si sono improvvisati banchieri (qualcuno lo era già), con i nostri soldi e hanno perso tutto. Nel 2008 sono falliti Taranto, Catania, Roma SALVATI DALLE CASSE DELLO STATO. Sono le avanguardie. Alcuni Comuni hanno deciso di citare in giudizio le banche promuovendo azioni legali contro Deutsche Bank, JP Morgan Chase, UBS e Depfa di Hypo Real Estate per aver raggirato il Comune. La causa della Moratti potrebbe aprire la via a una CLASS ACTION da parte di tutti i risparmiatori italiani che hanno perso la camicia nel 2008 e nel 2009 perderanno anche le mutande. Se il Comune è stato truffato, lo sono stati anche tutti gli investitori italiani. Resta il fatto che dalle casse dei Comuni mancano 35 miliardi. Chi vigila sui COMUNI CASINO'? Le operazioni finanziarie sono di solito avviate da sindaci che non dovranno risponderne, nel senso che la scadenza dell'investimento e quindi della potenziale (di solito certa) perdita ricadono sull'amministrazione successiva. Sino ad oggi vi è stato un precario equilibrio con investimenti sempre più rischiosi che coprivano perdite precedenti. ORA IL TAPPO E' SALTATO con la crisi economica mondiale.. La strategia dei Comuni è di fare causa alle Banche, la strategia dei cittadini dovrebbe essere quella di FARE CAUSA AI SINDACI.
IL BANCO... VINCE SEMPRE! Gli Enti pubblici hanno sempre bisogno di soldi e li trovano facendo mutui e obbligazioni. Poi si fanno sistemare i debiti dalle banche che si inventano operazioni di finanza strutturata. E così si spostano i debiti in là nel tempo e il pacco se lo ritroveranno le giunte future. Questi scherzetti poi costano cari: le banche hanno un debole per le Regioni, le Province e i Comuni, perché di solito non capiscono i rischi che corrono e non si accorgono dei costi impliciti nelle operazioni “swap”. Gli “swap” fanno parte della famiglia dei derivati (la stessa dei derivati emessi sui mutui subprime che hanno messo in crisi le borse di mezzo mondo) e si chiamano così perché derivano il loro valore da variabili esterne. Sono strumenti complessi e rischiosi, dove chi ne sa di più lucra profitti abnormi, e chi ne sa di meno perde tutto. Pare che in Italia non si possa vivere senza i derivati perché non hanno lasciato fuori nessuno, dalla grande Regione al piccolo Comune di montagna, dalla lavanderia, al policlinico, all'istituto delle suore. Sono almeno 30 mila le imprese private coinvolte, e 900 gli enti pubblici che ci stanno rimettendo centinaia di milioni. Siccome però nel caso degli enti pubblici passano per perdite potenziali, non vengono scritte da nessuna parte, e rimangono debiti fantasma. Per esempio all'azienda dell'Acquedotto Pugliese, di proprietà della Regione, le banche hanno fatto assumere un rischio così elevato che i cittadini pugliesi rischiano un domani di restare senza i soldi per riparare le tubature.
CORTEE DEI CONTI: NO AGLI >SWAP< negli Enti Locali. Tale tipo di operazioni, non è niente altro che una truffa, in quanto, l'uso di derivati e cartolarizzazioni, costituisce il mezzo necessario per trasferire ufficialmente i rischi del credito da un soggetto a un altro. La Corte dei Conti, nella Sezione Regionale di Controllo del Molise, parla chiaramente di questo genere di debiti. Già dal 21 Aprile del 2008, la Sezione Regionale di Controllo del Molise della Corte dei Conti, aveva deliberato circa la crisi finanziaria globale causata dai cosiddetti "derivati" e di come, rispetto ad altri Paesi Europei, l'Italia corresse un maggior rischio, vista la crescita pari allo 0,3% e gli aumenti sia di inflazione che di debito pubblico. La Sezione del Molise riportava cifre significative ed allarmanti già da Aprile ed illustrava come si fosse verificato un passivo di ben 17 miliardi di Euro che, conseguentemente, sarebbe pesato sulle tasche dei contribuenti. All'interno della delibera del 21 Aprile 2008, la Corte dei Conti denunciava la responsabilità degli amministratori (che vengono altresì ed a ragione definiti "amministratori infedeli") che facessero ricorso a forme di vero e proprio indebitamento, come l'up-front. Si prospettava, così, che tale responsabilità ricadesse a carico dell'amministratore stesso. La Corte dei Conti è sempre stata molto chiara riguardo al fatto che SWAP e derivati provocassero delle perdite considerevoli per le amministrazioni locali; tali perdite risultano talmente tanto elevate da vanificare il prestito fornito dagli Istituti di Credito all'Ente, ed, in più, ciò che viene pagato in più alla Banca, in realtà esce dal portafoglio del cittadino, che si vedrà, così, aumentate le gabelle. Non per nulla i tecnici sono d'accordo sul ritenere che i settori che meglio si prestano alla finanza strutturata, siano proprio quelli che generano entrate da tariffe e diritti di utilizzo: scuole, trasporti, sanità, rifiuti, voci tutte che i Comuni si preparano a rialzare a vantaggio delle Banche ed a spese del cittadino-utente. Questo problema, in particolare, si abbatterà più pesantemente sui piccoli Comuni, in quanto sprovvisti di personale specializzato che possa fare una effettiva analisi dello SWAP. A questo si aggiunga che la Corte dei Conti ricorda che: "trattandosi di contratti estremamente aleatori, in caso di contenzioso, gli effetti monetari negativi per l'Ente finiscono con l'accrescere l'indebitamento, e tale indebitamento è certamente una grave irregolarità contabile che può essere fonte di responsabilità amministrativa finanziaria." Già a Giugno 2008, ADUSBEF aveva ricordato che le grandi Banche estere fossero fra gli Istituti di Credito, quelle più virulente ed aggressive nel proporre sofisticati strumenti di indebitamento agli Enti Locali e, dopo più di un mese, la Corte dei Conti lo denuncia nuovamente. La Delibera della Corte del 30 Luglio 2008, è ancora più interessante della precedente e ribadisce quanto affermato in quella di Aprile, ma con più forza. Innanzitutto, il documento si apre con un'analisi economica in cui viene definito "falso problema" la diatriba sul prezzo delle materie prime: tale definizione non è né una eresia, né una sottovalutazione di quanto stia accadendo all'economia globale, ma una verità, in quanto "le stesse banche d'affari, al fine di ricoprirsi delle gravi perdite subite hanno sostanzialmente alterato il libero gioco della domanda e dell'offerta, come a voler fare un esempio, è avvenuto per la GOLDMAN SACHS" e quindi: "Di conseguenza la politica monetaria della BCE tesa ad aumentare i tassi d'interesse appare fuorviante rispetto ad una inflazione dovuta a cause esogene, sicché proprio negli ultimi tempi i dati della crescita economica Europea sono molto peggiorati proprio a causa di tale politica monetaria restrittiva." Il testo, poi, procede con cifre che servono da vera e propria materializzazione concettuale del problema. L'esempio che viene fornito della città di Milano è a dir poco allarmante: il Comune in questione avrebbe, nel 2005, stipulato un contratto di 55,5 milioni di euro, il quale, pare che ora, nel 2008, abbia portato ad una esposizione finanziaria di ben 322,8 milioni di euro. All'interno della delibera 30 del 30 Luglio 2008, poi, viene chiaramente spiegato il contenuto del Decreto Legge 25 Giugno 2008 n°112, in cui è stabilito che agli Enti Locali è fatto divieto di avvalersi di strumenti finanziari con SWAP e derivati, ed altresì si stabilisce che i piani di ammortamento, comprendenti eventuali rinegoziazioni o rifinanziamenti, non debbano superare la durata di 30 anni. Ciò che, poi, è "rivoluzionario" di questa Delibera, è la definizione che viene fatta di tali prodotti nati con il chiaro scopo di lucrare sull'indebitamento di Comuni ed Enti Locali. Prestiti di questo tipo sono definiti come un "regalo di denaro pubblico alle Banche" e i contratti che sono con queste ultime stipulati, sono "pari ad un gioco di azzardo" ed in più, "la natura estremamente aleatoria dei derivati speculativi sono assimilabili ai contratti di borsa o giochi vietati alla pubblica amministrazione", il che rende incompatibili tali contratti con gli Istituti di Credito con le finalità istituzionali di Comuni, Province ed altri Enti Pubblici. La Corte dei Conti in seguito, fa notare come spesso e volentieri, dietro SWAP ed altri, spesso si nascondano, con la liquidità, forme di illecito finanziario, come pare che sia già risultato da indagini penali, soprattutto per quanto riguarda la sanità pubblica. Questa puntualizzazione, quindi, dà conferma della responsabilità diretta degli amministratori che si avvalgano di strumenti finanziari così pericolosi utilizzando malamente il pubblico denaro, incorrendo, dunque, in un possibile reato di illecito finanziario. Se, come avveniva in passato, gli Amministratori degli Enti Locali territoriali, invece di giocare d'azzardo con gli strumenti finanziari, si decidessero, al contrario, di ricominciare a versare gli avanzi di Amministrazione (che, tra l'altro, un Ente Pubblico Territoriale non dovrebbe neppure avere fra i propri bilanci) alla Cassa Depositi e Prestiti, quest'ultima potrebbe con quel denaro più agevolmente finanziare gli Enti meno abbienti, riconoscendo agli Enti Depositari, di contro, interessi a tassi che al momento attuale potrebbero essere anche definiti “da capogiro”. In questa maniera i contribuenti non rischierebbero nulla, eppure gli Enti “più poveri” avrebbero modo così di andare meglio avanti, mentre quelli “più ricchi” potrebbero, in relazione a tale investimento, ridurre le tasse ai propri cittadini.



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