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Rifondazione Comunista sugli scandali giudiziari denuncia le responsabilità della politica In una nota il Direttivo del partito parla di episodi che “gettano una luce inquietante sui fenomeni degenerativi del costume politico e civile”
30 gennaio 2007

MOLFETTA - Rompe il silenzio il direttivo locale di Rifondazione Comunista che, con una nota diffusa in mattinata, commenta l'attuale situazione politica e amministrativa a Molfetta, una città sotto choc per i due scandali giudiziari che, a distanza di pochissimi giorni l'uno dall'altro, stanno facendo letteralmente tremare i Palazzi della Politica e del Comune. Dapprima l'arresto di Pino Amato ed oggi la clamorosa operazione della Guardia di Finanza che ha portato al sequestro di 16 palazzine nelle zone di espansione per presunte irregolarità che vedrebbero coinvolto anche l'ex dirigente all'Urbanistica (ora in pensione), ing. Giuseppe Parisi, oltre a numerosi altri tecnici e progettisti, ora indagati. Ma ecco il testo del comunicato diffuso dalla segreteria di Rifondazione Comunista: “Dopo i primi giorni di commenti a caldo sulle notizie relative all'arresto del consigliere comunale dei Popolari per Molfetta, Pino Amato, tutti i soggetti politici e attivi nella società molfettese sono obbligati a una riflessione che vada oltre la dimensione giudiziaria e quella della vicenda personale dell'uomo in questione. Si tratta di affrontare senza timori il tema delle degenerazioni della vita politica, le svolte fin troppo disinvolte di personaggi spesso sganciati da partiti e solidi gruppi sociali di riferimento, i metodi dubbi di raccolta di consenso in occasione delle campagne elettorali, l'opacità dei processi decisionali e il restringimento delle sedi di partecipazione, le commistioni fra politica, amministrazione e burocrazia. E le notizie dell'ultima ora relative a un sequestro preventivo di appartamenti e altri locali (garage, cantine, locali ad uso commerciale), edificati o in fase di ultimazione nel territorio della città di Molfetta arricchiscono in maniera inquietante un quadro già non idilliaco. Non si tratta ovviamente di intentare processi in sedi che non sono deputate e appropriate, né di rifugiarsi dietro le insegne di sterili garantismi, ma non si può neanche liquidare il tutto come fanno alcune personalità istituzionali come il presidente del Consiglio comunale secondo cui “la politica deve occuparsi di politica e quindi occuparsi dei cittadini senza attribuire significati eccedenti a quelli che sono i fatti di cui si sta occupando la giustizia”. Oppure come fa il sindaco tenendo solo a puntualizzare che si tratta di fatti che non hanno a che fare con la sua amministrazione comunale, in quanto risalenti a un periodo precedente, magari dimenticando che in quel periodo il consigliere comunale oggi in questione era assessore di Forza Italia, partito di cui a Molfetta non si muove foglia che Azzollini non voglia. Ma se possiamo scusare queste piccole dimenticanze al sindaco senatore, così indaffarato e stressato fra Roma e Molfetta, e intento nel prendere distanze dalla vicenda di un consigliere facente parte oggi della sua maggioranza politica, riteniamo altresì che le ipotesi di reato così come apprese dalla stampa (corruzione, concussione, voto di scambio) e la notizia di eventuali coinvolgimenti di quattro vigili urbani e un dirigente della struttura comunale gettino una luce inquietante sui fenomeni degenerativi del costume civile e politico della nostra comunità come detto sopra. A questi scenari patologici delineati e da tempo da noi denunciati, insieme a poche altre parti politiche, tutti gli attori istituzionali e politici della comunità – nessuno escluso – sono tenuti a dare una risposta. Non ci si può nascondere dietro lo schema facile e inutile del giustizialismo/garantismo cioè scegliere soltanto se si vuol essere forcaioli o innocentisti a priori. La vicenda giudiziaria rimanda inevitabilmente a una questione politica. La prima resta di competenza della magistratura, la seconda è appunto qualcosa che riguarda la politica. Riguarda la politica e i politici nel loro dover essere responsabili punti di riferimento per un altro modo di intendere il governo della cosa pubblica, che rimuova pensieri e pratiche distorte dell'agire politico.
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