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Ricordo di Giovanni de Gennaro
15 giugno 2009

Per me, e credo per quelli della mia generazione, Giovanni de Gennaro, come Vincenzo Valente e Lorenzo Palumbo, era uno dei “grandi vecchi” della cultura cittadina, che in diversi àmbiti e in diversa proporzione avevano fatto molto – e continuarono a farlo anche dopo – per la Puglia e per Molfetta. Tutti e tre collaborarono cordialmente e fattivamente, con articoli e saggi, alla rivista comunale “Studi Molfettesi”, da me diretta dal 1996 al 2004. In particolare, conoscendo più da vicino de Gennaro, imparai ad apprezzarne, nello studioso, la notevole capacità di sintesi e, nell’uomo, l’instancabile impegno culturale e un’indomita saldezza morale, anche nelle sciagure. Quando nel 1998 una sua figlia scomparve tragicamente, mi chiese accorato, rivolgendo la domanda più a se stesso che a me: — Ma dove abbiamo sbagliato, noi genitori? — Profondamente turbati, i redattori di Studi Molfettesi si strinsero affettuosamente col sentimento e col pensiero attorno all’Amico e alla sua Famiglia. Cercando conforto nello studio, due anni dopo de Gennaro ripubblicò, con aggiunte e ritocchi, diversi dei suoi contributi apparsi nella stessa rivista unendoli ad altri interventi usciti in altre sedi. Ne venne fuori il volume La città di Salvemini. La classe dirigente di Molfetta dall’Unità al primo Novecento (Mezzina, Molfetta, 2000). A mio avviso è il suo lavoro più importante, un libro ricco di nomi e di dati, di cui non si potrà fare a meno per ricostruire puntualmente la storia culturale, sociale e politica molfettese tra i secoli XIX e XX. Il nostro rapporto andò rafforzandosi negli anni soprattutto per motivi squisitamente culturali. Era presidente dell’Università Popolare Molfettese e nel suo dinamismo organizzativo mi coinvolse per alcune conferenze e presentazioni in vari anni accademici. Rammento, tra le altre, le serate da lui intensamente caldeggiate per La letteratura dialettale molfettese (2000), I detti molfettesi tra antropologia e storia (2001) e il Ricordo di Gerardo de Marco (2004), nonché le presentazioni La poesia dialettale di Mimmo Amato (2004) e “Renato e i giacobini” di Domenico Di Palo (2007). Naturalmente tallonava con insistenza e con garbo molti altri intellettuali, professoresse e professionisti molfettesi e forestieri per offrire un ampio programma di incontri e dibattiti ai soci dell’Università Popolare e alla cittadinanza. Con intelligenza, diede congruo spazio anche alla narrativa e soprattutto alla poesia, così trascurata in città, cooptando non solo alcuni poeti di valore, ma pure sensibili poetesse come Ada De Iudicibus e Gianna Sallustio. Per il centenario della stessa Università Popolare volle un mio contributo su Molfetta nella poesia molfettese del Novecento, con tale affettuosa insistenza, che non osai farglielo mancare ed egli lo pubblicò come postfazione al volumetto L’Università Popolare nella vita della città (Mezzina, Molfetta, 2002), da lui curato insieme al prof. Antonio Balsamo. Nemmeno un serio problema alla vista bloccò la sua operosità di presidente e di studioso. Poi alcuni “grandi vecchi” cominciarono a mancare e de Gennaro ne avvertì sempre più tristemente la mancanza. Lo ricordo ancora, commosso e provato, pronunziare le parole di commiato ai funerali dei comuni amici Lorenzo Palumbo e Angelo Alfonso Mezzina. Nato a Molfetta il 15 luglio 1923, Giovanni Carmine de Gennaro ebbe come professore di latino e greco al liceo di Molfetta l’antifascista e meridionalista salveminiano Tommaso Fiore, che lo avviò allo studio di Benedetto Croce con l’ammonimento aristotelico «Amicus Plato, sed magis amica veritas». Studente di filosofia a Roma, de Gennaro frequentò con Beniamino Finocchiaro il corso universitario degli allievi ufficiali. Al campo allievi di Manziana entrambi portavano negli zaini vecchi numeri dell’Unitàdi Gaetano Salvemini, che facevano leggere di nascosto ai colleghi. Dopo l’8 settembre 1943, tuttavia, il dissolvimento dell’esercito italiano lo ricondusse tra cento dilemmi fortunosamente a casa. L’esperienza è narrata in Settembre 1943. Diario di viaggio in una Patria perduta e ritrovata (Mezzina, Molfetta, 2001). Conseguita la laurea, de Gennaro insegnò Filosofia e Storia nei licei e aderì alla Sinistra Socialista di Riccardo Lombardi, ottenendo incombenze regionali e nazionali. Ispirandosi al concretismo salveminiano, fu consigliere comunale del Psi dal 1958 e vicesindaco di Molfetta nel 1965. Si impegnò attivamente, a livello sindacale, nell’Associazione Difesa Scuola Nazionale e nell’Associazione Difesa e Sviluppo della Scuola Pubblica Italiana di Gabriele Pepe, collaborando a riviste pedagogiche come “Scuola 70”, “Puglia-Scuola” e “Il rinnovamento della scuola”. Dopo un incarico di presidenza ad Altamura, a partire dagli anni Settanta del Novecento fu preside del Liceo scientifico e poi del Liceo classico di Molfetta, additando a generazioni di studenti la figura adamantina di Salvemini. I suoi studi si rivolsero soprattutto all’analisi degli aspetti salienti del meridionalismo riformatore in provincia di Bari, con particolare attenzione al rapporto fra cultura e politica, indagando da Salvemini a Fiore, fino a Eugenio Laricchiuta. Le sue ricerche furono via via pubblicate su “Rassegna Pugliese”, “Archivio Storico Pugliese”, “Altamura”, “Risorgimento e Mezzogiorno”, “Critica Sociale”, “Luce e Vita Documentazione”, “Studi Molfettesi”, “Rinnovamento Forense”, “Quindici giorni” ecc. Esordì con Il concetto della Unità delle arti nella estetica di Benedetto Croce (Mezzina, Molfetta, 1969), ma tra i suoi saggi non bisogna dimenticare I salveminiani di Molfetta (1973), Tommaso Fiore maestro (1973), Il filosofo puro e la politica: Pantaleo Carabellese (1979), Il Liceo Ginnasio di Molfetta nella vita culturale e politica della città (1987), I discepoli molfettesi di Francesco De Sanctis (1987), Un precursore dell’impegno sociale cattolico a Molfetta: don Matteo Allegretta (1989), Sergio Panunzio e il sindacalismo rivoluzionario (1992), Riflessioni per una Resistenza del Sud (1997), Il clima politico e sociale degli anni Quaranta a Molfetta (1999) e altri articoli. A lui si deve inoltre la curatela del grosso volume degli atti delle Giornate salveminiane e mostra documentaria 8-27 ottobre 1988 (Mezzina, Molfetta, 1992), realizzato con la consulenza scientifica di Raffaele Colapietra, la collaborazione di Michele de Rienzo e Onofrio Antonio Ragno e gli apporti archivistici e bibliografici di Mariolina Pansini, Lorenzo de Cosmo e Ignazio Pansini, ricercatore cittadino di valore e collaboratore di “Quindici”. Col compianto prof. Stefano Merli dell’Università di Milano de Gennaro pubblicò l’opuscolo Una scelta storica. Eugenio Laricchiuta e il socialismo riformista in Terra di Bari (Dedalo, Bari, 1993). Gli studiosi per i loro rispettivi saggi utilizzarono i documenti conservati nel Fondo Laricchiuta della Biblioteca “De Gemmis” di Bari, ordinato da Vito Antonio Leuzzi e Ignazio Pansini. L’ultimo suo volume è stato Tommaso Fiore e Molfetta. Un saggio inedito del 1964 e 12 lettere fino al 1972 (Mezzina, Molfetta, 2004); l’ultimo suo editoriale Il Mezzogiorno continentale tra Decennio francese e Risorgimento (dic. 2008). De Gennaro fu socio dell’Accademia Pugliese delle Scienze e ricoprì fino agli ultimi giorni le cariche di presidente del Comitato provinciale di Bari dell’Istituto per la storia del Risorgimento e di direttore della rassegna di studi storici Risorgimento e Mezzogiorno, per la quale chiese e ottenne anche la mia collaborazione. Consunto da una lunga e dolorosa malattia, Giovanni de Gennaro è spirato nella giornata di domenica 17 maggio 2009, a quasi 86 anni di età, lasciando un vuoto irredimibile tra i congiunti, gli amici e i cultori di storia.

Autore: Marco I. de Santis
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