Questa sera assemblea del Pd a Molfetta col segretario provinciale Pagano per aprire ufficialmente la crisi amministrativa
MOLFETTA – Torna a Molfetta il segretario provinciale del Pd, quell’Ubaldo Pagano (foto), che appare come l'autore della distruzione della sezione locale, tra espulsione di 70 dirigenti e ostracismo vari, colui che con un blitz ha avviato la resa dei conti per portare alla segreteria del partito Piero de Nicolo. Il neo segretario, dopo aver perduto le elezioni, con consensi ridotti ad un terzo (appena 1.500 voti per il suo candidato) ha cominciato a demolire la propria amministrazione comunale di centrosinistra fino a spingere alle dimissioni il suo sindaco Paola Natalicchio.
E non sono bastate le richieste di due assessori, concessi obtorto collo dal sindaco, poi, come ha rivelato ieri sera la stessa Paola Natalicchio, ha fatto salire il prezzo del ricatto sempre di più, fino a far rompere il già esile filo che legava i consiglieri del Pd alla giunta Natalicchio, facendo dimettere prima l’assessore Tommaso Spadavecchia e poi il presidente della commissione urbanistica Annalisa Altomare, che anziché essere espulsa dal partito per essere l’opposizione in consiglio comunale del sindaco, è stata difesa da De Nicolo.
Un atteggiamento dirompente, mirato a dividere più che ad unire che aveva un solo obiettivo, la testa del sindaco. Ci sarà tempo per raccontare i retroscena di questa crisi e “Quindici” ha già cominciato che potete leggere nel numero della rivista mensile in edicola in questi giorni.
Dunque stasera alle ore 18.30 presso la sede del Partito democratico di Molfetta, in via Margherita di Savoia n. 71, si svolgerà la assemblea cittadina sul tema: “Situazione politico amministrativa del Comune di Molfetta. Dichiarazioni del sindaco Paola Natalicchio”.
Intanto stasera il segretario provinciale, l'autore del blitz che doveva portare alla caduta del sindaco, attraverso la gestione delle elezioni regionali, con la speranza di un successo che non c'è stato, verrà a fare il liquidatore dell'esperienza di centrosinistra del sindaco Natalicchio e ad aprire ufficialmente la crisi amministrativa contro la proprio giunta per i capricci di qualcuno, le ambizioni di qualche altro e le pretese di chi antepone vendette politiche personali all’interesse della città.
E si consumerà l’ennesima farsa di un partito ormai votato al suicidio, come scrive in un bell’articolo questa mattina Giandomenico Amendola che parla degli autogol del Pd sul Corriere del Mezzogiorno e che vi proponiamo, perché ci sembra significativo di quello che sta accadendo anche a Molfetta, situazione peraltro citata nell’articolo:
Capire perché il Pd, un partito che sta vincendo, decida di suicidarsi non è facile. E dire che solo qualche mese fa la sua crescita era tale da alimentare il pericoloso sogno del partito unico, ribattezzato per l’occasione partito della nazione. Intense sembrano essere le pulsione suicide anche in Puglia, dove nelle regionali la disintegrazione di Forza Italia aveva fatto prevedere anche al più prudente degli analisti un cappotto elettorale a favore del Pd. Pur avendo la vittoria in tasca si è fatto, però, di tutto per marginalizzare il partito facendone persino scomparire il simbolo dai manifesti di Emiliano, peraltro segretario regionale. La coalizione di supporto ad Emiliano è stata allargata a chiunque fosse disposto ad aggregarsi ed a portare qualche voto. Nella legione straniera del centrosinistra c’è stato spazio per tutti: transfughi di FI, amministratori locali di Ncd, personaggi più adusi a comprare voti che a dialogare con gli elettori, capi bastone. Il trasformismo dei politici meridionali descritto da Salvemini sembra un peccatuccio veniale. Tra i tantissimi che hanno, però, deciso di non andare a votare molti sono stati i tradizionali elettori del Pd che non se la sono sentiti di appoggiare l’operazione di distruzione o mutazione del partito. Il suggerimento di Indro Montanelli, che nel lontano 1976 invitava a tapparsi il naso e votare Dc, è stato inascoltato. Altro che il «silenzio assenso» invocato dall’appena eletto Emiliano.
In molti hanno sperato che passate le follie elettorali ci si mettesse di lena per riparare i danni e cercare di dare credibilità ad un partito che, benché calpestato, bene o male esprimeva la maggioranza del governo regionale. Si sta, invece, celebrando una sorta di harakiri politico che ricorda il suicidio collettivo del 1978 dei 931 fedeli al Tempio del Popolo (il richiamo al popolo è inquietante) di Jonestown nella Guyana francese. Lo scambio di feroci accuse con Blasi, le dimissione del sindaco democratico di Molfetta, le defezioni dal Pd al Comune di Bari, la farsa della nomina degli assessori 5 Stelle alla regione, i rumorosi mal di pancia dei dirigenti brindisini, le contestazioni di Taranto fanno vacillare l’idea stessa del partito. Tutto ciò , però, non sembra scalfire la sicurezza del capo-governatore. È giusta la preoccupazione di chi su queste colonne paventava la nascita sulle rovine del Pd di una sorta di peronismo alla pugliese. Qualcuno comincia però a pensare che con il peronismo in questione il populismo del presidente argentino c’entri poco e che l’etichetta si riferisca più alla birra Peroni che potrebbe avere ispirato alcuni sconcertanti comportamenti.
© Riproduzione riservata