Proverbi, identità di un popolo
La “cultura della voce” nel cd rom sui detti molfettesi
Chi l'ha detto che cultura è solo libri? I proverbi, sapienza di popolo fatta voce, sono sempre stati tra gli esempi più vivi della cultura “sotterranea, eppur presente”, che attraversa la storia di tutti i giorni. Substrato culturale, lo chiamano. Che è una brutta espressione per dire: identità di un popolo o di una comunità, che resta sempre viva e che resiste al tempo. E non solo.
La cultura della voce può resistere anche agli arcani e volatili meccanismi della tecnologia multimediale. Accade, anzi, come nel caso di “Proverbi e detti molfettesi”, pregevole cofanetto con Cd rom e libretto prodotto da “Comunicare”, che la tecnologia degli ipertesti si faccia ministra della cultura orale e aurale. Della storia di Molfetta. Quella dei vicoli, delle facce aggrinzite dal sole dei campi, dei vecchi mestieri, del mare. Dei vecchi ritratti di famiglia (Nétale faue a caste, pasque addò t'acchie'a t'acchie, variante del “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”), delle beffe misogine (E' chiù difficile ad accreddà né fammene ca né catarre, E' più difficile accordare una donna che una chitarra), delle arguzie contadine (Cìele a pecherédde, acque a fendénédde, Cielo a pecorelle, acqua a fontanelle) o degli auspici marinari (Tramendén' o trè ddì o né semméne, Tramontana, o tre giorni o una settimana). E ancora: la cultura di chi ha vissuto la fame vera (Ci s'ha méngiate la carne se spleppasse re d'ossere, Chi ha mangiato la carne, spolpi le ossa), le lotte per la terra, il padronato dei latifondi (Are è are è u vivere sémbre vè care, Ara e ara e il vitto è sempre caro). Ma che ha pure potuto contare su molte certezze: la famiglia che era nido e recinto (Achiute la porte, ca trase u sòele è te ténge, Chiudi la porta, se no entra il sole e ti tinge), Dio (Assa fa Ddaie, Lascia fare a Dio), la sorte, imprevedibile, ma sempre ineluttabile (O méngete chèss'a menéstre o émminete dalla fenéstre, O mangia questa minestra o buttati dalla finestra).
Il lavoro, opera di Francesco Grillo, offre una rassegna, ben tematizzata, dei detti più celebri di cui ancora oggi risuona il dialetto molfettese. E siccome pur sempre di cultura orale si tratta, a porgere il vasto repertorio di proverbi è la voce di Pietro Capurso. Originale la trovata di associare ai proverbi divertenti vignette. Utile anche il supporto cartaceo allegato al cd.
Tiziana Ragno