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Porto, invecchia il nuovo che non è mai stato nuovo
15 febbraio 2017

A distanza di oltre tre anni dal fatidico ottobre del 2013, quando un blitz di forze di polizia e della Magistratura appose i sigilli di sequestro al Cantiere del costruendo nuovo porto commerciale, sabato 28 gennaio, a cura di Rifondazione Comunista di Molfetta, nella sala Turtur si è tenuto un incontro fra alcune ‘personalità’ che potevano dire/comunicare qualcosa su questo – uno dei tanti – scabroso argomento che assilla la nostra Comunità. Gianni Porta (di Rifondazione Comunista, padrone di casa) ha presentato gli Ospiti e ha tenuto una prolusione per illustrare il plot sul quale si sarebbe articolato l’incontro, richiamando alla memoria – cosa importantissima – alcune cose che sembra tutti sappiano ma che vengono strumentalizzate/artefatte per fini poco chiari. Ha tracciato quindi prioritariamente uno schema di responsabilità relative alle cause del sequestro che, come detto, tutti dovremmo conoscere al di là di interpretazioni fantasiose, di comodo e prive di fondamento o appartenenza culturale. Infine ha ribadito che, allo stato dell’arte, al netto della opportunità strategica di investire rilevantissime risorse pubbliche – circa 170mila euro dal 2001 a tutto il 2014! – per un’infrastruttura che, se e quando sarà completata, alle luce del quadro sociale, economico globale risulterà forse un po’ ipertrofica e di conseguenza costituirà un ennesimo errore di valutazione strategica; comunque, il Porto (nuovo) con necessarie varianti migliorative, dovrà essere completato! I relatori presenti: prof. Domenico Gattuso docente di scienza dei trasporti presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria; sig. V. Totorizzo imprenditore portuale; Gaetano Armenio presidente della locale Associazione Imprenditori e Leonardo de Giglio dell’Associazione Sailors. E’ seguito l’intervento del prof. Gattuso – non dobbiamo dirlo noi, ma è stato un intervento strutturato razionalmente, su basi scientifiche e con argomentazioni molto puntuali – che a supporto delle sue comunicazioni, ha presentato una serie di slide estremamente interessanti. Esse illustravano in forma organica – frutto di uno studio accurato del quadro economico e strutturale nel momento storico – la situazione che ha determinato la decisione presa nel 2009, dalla Giunta di centrodestra in carica, di dare avvio a questo progetto grandioso che, nelle intenzioni dei promotori, avrebbe dotato la nostra Città, di un Porto di dimensioni ragguardevoli (che avrebbe dovuto sbaragliare gli altri viciniori?). Porto che si sarebbe inserito nella rete regionale, diventando un punto di riferimento, ed un’attrattiva per il traffico marittimo pugliese: un trampolino di (ri)lancio per la Città, l’imprenditoria locale e del circondario. Un porto che avrebbe potuto/dovuto sottrarre traffico ad altre portualità minori vicine, quali Barletta, Manfredonia, Monopoli e anche Bari. Il quadro economico globale nel quale vedeva la nascita la nuova grande infrastruttura, era piuttosto ‘deprimente’, come mostra la tabella, con un trend negativo nell’ambito dei traffici marittimi, in generale per l’Italia ed in particolare per la portualità pugliese. Rammentiamo che nel 2008 si è scatenata, a livello planetario (originata da speculazioni finanziarie gravissime di grandi società mobiliari e di intermediazione bancaria americane), una delle crisi economico/finanziarie più gravi della Storia; crisi che ha rivoluzionato radicalmente gli assetti socio-politico-economici mondiali e dalla quale, in particolarein Italia, non siamo ancora usciti. In dettaglio, i volumi di traffico marittimo nazionale, dal 2007 al 2013, hanno subito una contrazione media del 15%, con note di criticità regionali, che vedono i traffici dei porti pugliesi con un calo di ben il 41% (passano da 67,7 mio tons nel 2007, a poco più di 40,0 mio tons nel 2013!). Il Porto di Molfetta, quello attuale, diviso fra traffico peschereccio (anche questo settore vive una crisi profonda ed a prima vista irreversibile) e traffico mercantile, continua ad avere volumi di movimento merci fra 200 e meno di 300.000 tons annue, con trend negativo, come vedremo in seguito. Tale traffico è incentrato su una o due categorie merceologiche (rinfuse in pellet e cereali; legname e fertilizzanti, in fortissimo calo), rivenienti dal contesto industriale locale e dell’hinterland. Volumi di traffico, per esemplificare, che sono paragonabili ad una sola nave porta-rinfuse o petroliera che fanno scalo nel porto di Taranto (Ilva e raffineria). I bastimenti che attraccano sono, in prevalenza, piuttosto vetusti (risalenti agli anni Ottanta del secolo scorso, verosimilmente privi dei dispositivi di sicurezza delle navi moderne e battono bandiere di Nazioni di “comodo” i famosi paradisi fiscali!?); il traffico sembra mostrare caratteristiche discontinue. Da cui deriverebbero anche tutti i dubbi sull’opportunità di investire risorse dell’ordine dei milioni di euro (fondi pubblici) per il nuovo porto senza, verosimilmente, aver eseguito un’indagine preventiva delle potenzialità di traffico ancora disponibili sul mercato, da attrarre nella nuova infrastruttura. Lo scorso mese di luglio, una riorganizzazione della portualità nazionale, ha visto la soppressione dell’A.P.L. (Autorità Portuale del Levante), organismo nel quale era recentemente confluito il porto (attuale). La nuova organizzazione prevede 15 Sistemi portuali distribuiti su tutto il litorale nazionale. In Puglia sono previsti due sistemi portuali: Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale: BARI – sede dell’autorità, con i porti, in ordine di importanza, di Brindisi, Manfredonia, Barletta, Monopoli e Molfetta; Autorità di Sistema Portuale del Mare Ionio: Taranto sede dell’autorità ed il porto di Gallipoli. In questo contesto, il porto di Bari viene designato anche come una mini-struttura di movimentazione di containers, con un traffico annuo di circa 35.000 Teu (*) e una capacità stimata di 50.000. (*:container standard da 20 piedi, con capacità di 39 mc ed un peso lordo di merce stivabile di ca. 24.000 kg). Il tutto viene inquadrato, nell’orizzonte europeo, nel così detto Corridoio europeo SCAN-MED, un sistema di porti che dalla Finlandia comunichi con il Mediterraneo, con terminali meridionali di Bari,Taranto e La Valletta. In questo nuovo scenario si inserirebbe il nuovo Porto di Molfetta, con gli altri previsti nei detti Sistemi portuali. L’impostazione operativa della nuova struttura sembra molto positiva; dal punto di vista logistico e delle connessioni di traffico sulle reti stradali e ferroviarie: accesso diretto sia alla S.S.16bis, sia alla autostrada adriatica A14/E55 Bologna-Taranto; per ferrovia con la Stazione di Molfetta e la linea ferroviaria Bologna-Lecce: in un porto modernamente concepito, non si può prescindere dall’intermodalità, dalla possibilità cioè di trasferire le merci movimentate in porto, in modo veloce attraverso le reti di comunicazione terrestri, per raggiungere le destinazioni finali. Altro punto di forza individuato – nel progetto del nuovo porto – è costituito dal fatto che la struttura non è ‘chiusa’. Il porto sorge nella parte nord-ovest del territorio cittadino; questo favorisce un agevole uscita dei mezzi, appunto dall’area portuale, senza interferire con il traffico cittadino. Al contrario, nei porti di Bari, Brindisi, Genova, Napoli troviamo l’area portuale che sorge quasi circondata dalla struttura urbana, con intuibili disagi per la Città. L’esame della struttura mostra invece alcune forti incongruenze. Il progetto prevede la realizzazione di una struttura esageratamente concepita, se inquadrata nella reale, possibile sua utilizzazione. Sarebbe previsto un approdo per navi porta containers: non se ne ravvede la necessità, stante anche il fatto che c’è Bari che movimenta quel po’ di containers che le esigenze logistiche territoriali necessitano – ca. 30.000 teu, con scali settimanali di navi della MSC (i prodotti movimentati sono: divani, birra, macchinari, marmi, prodotti agro-alimentari e fertilizzanti). L’ipotesi da privilegiare sarebbe quella di ridefinire le finalità dell’opera, attraverso una riconversione del progetto in favore di diverse destinazioni d’utilizzo. Infatti, l’analisi dei parametri progettuali, confrontati con le esigenze di progetto, mostra che – in particolare per il fondale disponibile (max. -9,00 m.) – esso non risponde alle esigenze del moderno traffico di un porto di importanza. Orientarsi dunque verso una struttura più snella che sia adeguata – ad esempio – a quello che viene illustrato dalla foto 6: con la scomparsa della zona di movimentazione containers ed il solo ‘molo di sopraflutto’ destinato ad accogliere navi di dimensioni relativamente più contenute. Reimpostare la parte riservata al diporto nautico, con tutta l’infrastruttura tecnologica logistica e turistica che l’attività nautica richiede (accoglienza, commercio, intrattenimento, ecc.). Creare strutture turistiche, a contorno, fruibili non solo dalla cittadinanza, attraverso una rivisitazione delle aree circostanti; senza dimenticare le attività peculiari, storiche della nostra comunità: cantieristica e pesca. Una accurata e puntuale operazione di marketing preventivo dovrebbe essere posta in atto subito, allo scopo – una volta risolti tutti i problemi e completata l’opera – di iniziare con un traffico merci che giustifichi l’investimento e generare ritorni dell’investimento (R.O.I.); e non come è l’attuale orientamento di gestione: completare la struttura; i traffici poi verranno! In definitiva, prevedere qualcosa di più immediatamente fruibile dal punto di vista gestionale: …non la mega struttura concepita a progetto, ma qualcosa di più modesto ma, allo stesso tempo più funzionale e fruibile, da inserire nella realtà economico imprenditoriale dell’area. A questo proposito, se prevalesse il nuovo orientamento, frutto di una ’revisione di destinazione d’uso’, si presenterebbe il problema non trascurabile di che cosa succederà ai fondi, già stanziati e dei quali, non si avrebbe utilizzo! Ma questo sarebbe un problema che esula dagli scopi dell’incontro. L’intervento degli altri relatori, è stato sostanzialmente coerente con quello del prof. Gattuso; essi hanno tuttavia rimarcato alcune criticità che sono proprie della nostra Comunità: l’esigenza immediata di sviluppo non solo imprenditoriale e commerciale, ma anche civile, salvaguardando tutte le peculiarità esistenti e possibilmente sviluppandole. Ma il dato importantissimo evidenziato è quello relativo allo stallo nel quale si trova la struttura, a causa di lungaggini dannosissime per tutti, relative ai noti problemi giuridici e normativi – nel maggio 2015 è stato presentato il progetto di messa in sicurezza dell’area (primo passo essenziale, per la ripresa dei lavori), in attesa che la fase giudiziaria si sblocchi; alla data, si è ancora in attesa di alcuni pareri da parte di diverse Autorità coinvolte. In estrema sintesi, possiamo dire che nulla è mutato dall’ottobre del 2013; ma nel frattempo i manufatti e la struttura medesima, subiscono l’ingiuria del tempo e dell’abbandono! Per parafrasare dunque il prof. Gattuso, invecchia il nuovo, che non è mai stato nuovo.

Autore: Tommaso Gaudio
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