"Percorsi": tre modi di sentire l'arte
Tre autori, tre modi di sentire l'arte, tre visioni dell'uomo immerso nella natura e nel mondo. Paolo Sciancalepore, Michele Paloscia e Cosmo Allegretta hanno presentato a Molfetta alcune delle loro opere più recenti, regalando emozioni e tracciando le nuove vie dell'arte contemporanea.
Sciancalepore usa sapientemente la tecnica ad olio per far brillare i suoi trompe l'oeil, racchiude l'idea in scatole di legno e la fa premere, alla ricerca di una via di fuga dalla realtà, alla ricerca di quell'"unknown", di quell'ignoto cui tende la voglia di conoscenza, come quella di Ulisse.
È un viaggio tra l'onirico e il reale, una sinfonia della natura, che va in scena: la rappresentazione è in un teatro, le quinte di legno racchiudono l'immagine ma allargano i confini dell'anima.
È surrealismo e metafisica, è Magritte che dialoga con De Chirico e Carrà, è silenzio e rumore, è immobilismo e movimento.
Gli elementi sono mediterranei: le rocce, quasi un ritorno a Mantenga e Giovanni Bellini; l'acqua e il cielo dai colori precisi e delicati, la cura quasi fiamminga dei dettagli. L'artista presenta il quadro nel quadro, e rompe la distanza tra opera e spettatore: lo straordinario ritratto di spalle, col flautista che rompe la cornice, è un exemplum di questo nuovo dialogo.
Paloscia esprime la voglia dell'arte per l'arte: la pittura va oltre il soggetto, che potrebbe anche non essere.
È l'arte che diventa Arte, quasi un'operazione mentale, che va oltre la figurazione. Ed infatti molte sue opere giocano con i reali significati pittorici, e portano lo spettatore a perdersi in paesaggi quasi abbozzati, dove alberi e terre si perdono nel colore. È uno sperimentatore, di tecniche e di idee, di pensieri e ambienti. Dimostra di saper maneggiare ritratti e paesaggi, astrattismo e informale.
Allegretta "sente" motivi variegati. Dagli interni dei "caffè" tanto cari agli impressionisti, alle figure spigolose ed espressioniste di Dix e Beckmann, dalla pittura materica di Van Gogh alle suggestioni di Gauguin, per giungere alle nature morte d'ispirazione morandiane.
La sua è una tecnica di tocco, in composizioni stracolme, quasi senza respiro, dove lo sfondo e i personaggi giocano a mescolarsi.
Riprende anche il tema dello specchio, tanto caro a Parmigianino e Velazquez, giocando con la luce che colora le superfici, dando vita a cangiantismi strepitosi.
Una mostra davvero molto interessante. Un solo appunto: era proprio impossibile porre accanto ad ogni opera una targhetta, con titolo e tecnica? Evidentemente la Galleria è poco organizzata.
Michele Bruno