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Paola Natalicchio: nasce la nuova Molfetta con un consiglio comunale rivoluzionario. Ho scelto da sola gli assessori L'intervista
15 giugno 2013

È da poche ore il nuovo sindaco di Molfetta, Paola Natalicchio, giornalista 34 anni, sposata con Marco Capodimonti e un bambino di 2 anni Angelo. Come candidato sindaco del centrosinistra al ballottaggio del 9 e 10 giugno ha ottenuto il 54,89% dei voti (17.878) contro il 45,11% (14.690) del suo avversario di centrodestra Ninnì Camporeale, espressione del sindaco uscente sen. Antonio Azzollini. È stata una vittoria del cambiamento che ha dello strepitoso e dell’incredibile, considerato che Camporeale era dato per vincente già al primo turno, ma si era fermato al 46,67%, mentre la Natalicchio aveva ottenuto appena il 32,95% dei voti. Quale è stato, secondo te, l’assist vincente, che ha ribaltato tutto? «La cittadinanza ha premiato un progetto politico chiaro, basato sulla selezione virtuosa dei compagni di strada (il no all’Udc, che secondo molti ci avrebbe indebolito, ci ha invece rafforzato) e degli obiettivi da raggiungere. Abbiamo scommesso su un centrosinistra unito, da Rifondazione al Centro Democratico, e su un centrosinistra aperto, che si è lanciato oltre l’esperienza tradizionale dei partiti politici, che oggi non basta, scommettendo sul valore aggiunto di tre liste civiche: Signora Molfetta, Linea Diritta e Rinnovazione. E poi abbiamo detto no al voto di scambio e scandito parole forti: uguaglianza, libertà, regole, legalità. Parole che non si sentivano da troppi anni in questa città e che anche chi culturalmente si sente vicino al centrodestra ha riconosciuto nel nostro patto civico». Perché il centrodestra ha perso? «Non è mio costume fare invasioni di campo. Ma è chiaro che il centrodestra è stato percepito come lontano, talvolta assente dalla città. In campagna elettorale ha ostinatamente proseguito sulla promessa delle grandi opere: il grande porto, la promenade, i grandi concerti a pagamento, dimostrandosi non in sintonia con i reali bisogni della città. Anche il candidato, Ninnì Camporeale, era in assoluta continuità con l’ex sindaco Azzollini, essendo stato il suo presidente del consiglio comunale. E la città chiedeva discontinuità e cambiamento, con forza». Quale sarà il rapporto della tua amministrazione con l’opposizione? «Riconosco a Ninnì Camporeale il ruolo di capo dell’opposizione. Anche se sono dispiaciuta che i suoi primi commenti alla sconfitta abbiamo avuto l’eco berlusconiano di presunte campagne d’odio. Non c’è stata nessuna campagna d’odio, questa è una parola che voglio bandire dalla vita della città. Mi sento anche il sindaco di chi ha votato il centrodestra, il nostro sarà un governo di serena apertura e tutti i consiglieri comunali avranno il nostro massimo rispetto, il nostro massimo ascolto per una opposizione che auspico essere critica e costruttiva, verso le scelte che saremo chiamati ad assumere per il bene della città». E’ stato difficile fare la giunta? Alcuni dicono che è stata pilotata? «L’unica cosa che ha pilotato la giunta è stata l’urgenza di essere immediatamente operativi, e infatti l’ho nominata in 48 ore. Siamo stati i primi a nominare la giunta in tutti i Comuni pugliesi in cui si è votato ed è stata una mia scelta, che difendo: la città viene da sei mesi di gestione commissariale e 10 anni di centrodestra. Non poteva più aspettare. Molti criticano che nella mia giunta non ci sono i primi degli eletti. Io credo di aver coinvolto nella giunta personale politico di qualità e due figure tecniche, Gadaleta e Bellifemine, che sapranno governare con competenza specifica due settori strategici come urbanistica e sviluppo economico. Aggiungo che la giunta è solo il nostro primo passo. Il patto civico grazie al quale abbiamo vinto, l’esperimento incredibile che abbiamo costruito nelle scorse settimane non finisce con la nomina della giunta». Una giunta nata in 24 ore. Qualcuno ti rimprovera che non ci sia stato il tempo di meditare e concordare? «Ripeto: la città di Molfetta ha aspettato la nostra giunta per un decennio. Questo sì che è stato per la nostra città decisamente un tempo troppo lungo. Abbiamo fatto presto. Questo era quello che la città ci chiedeva. Non intendo governare da sola, né sottrarmi alla giusta pianificazione concertata con le forze politiche, ma credo di aver fatto scelte ragionevoli. Anche in termini di parità di genere: quattro donne (sindaco escluso) e tre uomini. Qualcuno ha parlato di “nemesi” del maschilismo azzolliniano. Diciamo che la discontinuità mi sembra evidente». La nomina di Giovanni Abbattista, è quella che sta sollevando maggiori dubbi assieme all’esclusione di Rifondazione. Come spiega queste scelte? «La scelta di Giovanni è mia personale e la difendo, mettendo la mia mano sul fuoco sicura di non bruciarmi. La segreteria del Partito Democratico guidata da Giovanni Abbattista è stata quella che per prima e con maggiore determinazione ha creduto e si è battuta per la mia candidatura. Giovanni ha già avuto modo di esprimere parole chiare in consiglio comunale sulle vicende più buie che hanno attraversato l’amministrazione Azzollini, compresa l’inchiesta “Le mani sulla città” che ha coinvolto il cognato, Rocco Altomare, fino a lambire la sua famiglia. E’ un professionista serio e un uomo di grande rigore morale. Queste sue doti mi hanno persuaso che possa essere la persona giusta per rimettere ordine nella gestione delle opere pubbliche in città e che, con competenza e trasparenza, farà dimenticare presto il passato allegro e la disinvoltura amministrativa delle ultime amministrazioni. All’urbanistica e al territorio, settore sensibile agli errori del passato nel ricordo dell’opinione pubblica, c’è Rosalba Gadaleta, amministrativista (e quindi non architetto o ingegnere, in possibile conflitto di interessi: anche questa è una scelta precisa). Rosalba è parte attiva di Legambiente qui a Molfetta. Si era mai visto un assessore all’urbanistica di Legambiente? Io penso di no. Quale migliore garanzia per fugare ogni dubbio sulla nostra gestione trasparente e partecipata della pianificazione urbana?». E il rapporto contrastato con Rifondazione, che non ti ha sostenuto al primo turno? «Gianni Porta e i compagni di Rifondazione sono parte centrale e strategica dell’elaborazione politica della nuova Molfetta, il nostro patto di fiducia reciproca che ha portato all’apparentamento è nato sulle basi di un’autentica, ritrovata convergenza programmatica. L’apparentamento che abbiamo scelto di fare tra il primo e il secondo turno, però, è utile saperlo, ha comportato per le quattro forze politiche che mi hanno sostenuto al primo (Pd, Sel, Cd e Signora Molfetta) delle rinunce in termini di consiglieri comunali. La lista civica Signora Molfetta, in particolare, ne avrebbe avuti 3 e non 2, proprio per consentire a Rifondazione di far parte del prossimo consiglio. Erano queste le basi del nostro accordo politico. So che la città si aspetta un ruolo di prim’ordine per Gianni Porta e per i compagni attivi e competenti come Antonello Zaza. Sarà così: Rifondazione non starà a guardare e a votare le politiche elaborate dalla giunta Natalicchio e nelle prossime ore troverò il modo più consono per coinvolgerla al meglio. Abbiamo aperto, come loro ci hanno chiesto, un tavolo di maggioranza con tutte le forze politiche. Io vorrei Rifondazione al mio fianco e immagino per loro un ruolo strategico nell’elaborazione delle politiche per la mobilità sostenibile nella nostra città, troveremo presto il modo di designarlo. Come del resto dobbiamo immaginare presto altri strumenti per accompagnare questa giunta e avvalerci delle altre forze della coalizione e del contributo dei movimenti e della cittadinanza attiva». La giovane Serena la Ghezza sarà all’altezza per affrontare un settore delicato come il commercio e i mercati? «Serena è stata una vulcanica scoperta di questa campagna elettorale. Ho molta fiducia in tutti i miei assessori e non voglio fare alcun distinguo. C’è una aspettativa forte nel nostro progetto di governo e sono convinta che tutti saranno all’altezza del compito che ho affidato loro. Ripeto: ci sono cinque donne e tre uomini, siamo forse la prima giunta in Italia con questo rapporto inverso. Ho scelto due tecnici e tutte persone che hanno competenze specifiche rispetto ai rispettivi ambiti di intervento. Sono convinta che un buon cammino tra decisione e partecipazione sarà la ricetta per reintrodurre Molfetta nella modernità». Si sono creati inevitabilmente degli scontenti. Quale sarà il rapporto con la maggioranza. Non teme i trabocchetti in consiglio comunale, magari il fuoco amico? «I cittadini hanno eletto un consiglio comunale rivoluzionario, che segna il passo verso il futuro della città. Dobbiamo dimostrare subito di essere all’altezza della fiducia che la città ci ha riconosciuto e essere un centrosinistra di governo. Non c’è niente di più bello di un sogno che si realizza, non c’è niente di più importate di un programma che passi dalla carta alla strada, dalla carta alla carne viva delle persone e dei cittadini. Dobbiamo durare cinque anni perché la città ha bisogno di competenza, rigore, credibilità. La città, come questa campagna elettorale ha dimostrato, non è in vendita. Non è sorda, ha gli occhi per guardare e gli strumenti per capire, la città non perdonerebbe nessun consigliere comunale incerto, nessun inciucio. La città che ci ha appassionatamente accompagnato non ci farà sconti e noi non accetteremo sconti». Dopo il risultato elettorale si parla in Italia già di “Modello Molfetta”. Come lo spieghi? «Nelle elezioni spesso le coalizioni si costruiscono con la calcolatrice, soprattutto nei Comuni. Se si parla di “Modello Molfetta” oggi è perché con il nostro importante risultato siamo riusciti, insieme ai cittadini, a spiegare ai partiti politici che per vincere le elezioni non basta immaginare tattiche e costruire alleanze con le calcolatrici. Ma occorre essere in sintonia con i bisogni profondi della società e costruire in modo dinamico una visione condivisa del futuro. Per questo la maturità dei partiti politici che a livello locale mi hanno sostenuto e invitato a fare il candidato sindaco merita assoluta gratitudine, hanno intuito la necessità di una apertura a quella che chiamiamo società civile e hanno avuto il coraggio di portarla avanti fino in fondo». Il primo giorno a Palazzo di Città (o meglio Palazzo Città, come ti piace ribattezzarlo). Cosa hai trovato e quali sono state le tue prime impressioni. «Sarà un lavoro durissimo. Stiamo cercando rapidamente di scattare la fotografia dei conti del Comune, per capire che livello di operatività abbiamo, considerata la copertura economica difficoltosa. Il primo problema è quello: il bilancio. Il commissario doveva approvarlo entro il 30 aprile, ma non lo ha fatto. Questo ha fatto scattare una segnalazione in Prefettura. Rischiamo il commissariamento ad acta, per responsabilità non nostre. E poi ci sono urgenze pesanti: una variante al piano regolatore del porto, il bando Gea che scade sul centro anziani, l’emergenza al comando dei vigili urbani, di nuovo scoperto e senza guida, e moltissime altre cose...». Quale sarà il tuo rapporto con i dipendenti comunali? «Dobbiamo riorganizzare e semplificare la macchina amministrativa. Ho tenuto la delega al personale proprio per rimettere ordine. Con i dipendenti comunali impareremo a conoscerci. Mi hanno accolto mercoledì con estremo spirito di collaborazione». Cosa serve per fare il sindaco? Non ti spaventa? «Proverò a guidare questa macchina con l’umiltà di chi si affaccia con emozione a un lavoro nuovo, con la passione di chi ama studiare le carte e imparare dagli altri che le conoscono meglio di sé, con spirito di servizio. Proverò a guidare questa comunità con equilibrio. Perché con le forze politiche, le associazioni i movimenti dobbiamo ricucire la comunità cittadina e rimetterla sulla strada di un nuovo modello di sviluppo più equilibrato ». Hai dichiarato: comincio a fare il mestiere più bello del mondo. Non era il giornalista quello più bello del mondo? «Il caso ha voluto che il 18 giugno, a pochi giorni dalla mia elezione a sindaco, uscisse il mio libro “Il regno di Op” con la casa editrice Einaudi. Questo per smentire chi diceva che io fossi disoccupata e in cerca di lavoro. Rinuncio a fare il mio lavoro, che amo pazzamente, e che è scrivere e fare cronaca, ma è un sacrificio che faccio perché amo pazzamente la mia città e la sfida della buona amministrazione è altrettanto appassionante. Porterò con me le competenze del mio lavoro di giornalista, però, e per questo tengo la delega al marketing territoriale e mi occuperò anche di riorganizzare la comunicazione, oggi molto carente, del Comune di Molfetta, valorizzando lo staff che mi ha aiutato in questa campagna elettorale che ha mostrato talento e altissima qualità». Questa elezione è stata caricata di troppe aspettative. Non avete la bacchetta magica, quali saranno le priorità e i primi provvedimenti? «Cominceremo a segnare la diversità a partire dal programma dell’estate molfettese in cui per nessun evento organizzato dal Comune di Molfetta si pagherà il biglietto. Poi dobbiamo ripartire da un pianificazione urbana amica del territorio, che veda l’inclusione dei quartieri di periferia nella vita della città attraverso un processo di inclusione civica e sociale. Dobbiamo dare risposte ai lavoratori e guardare agli ultimi, agli anziani che aspettano servizi e spazi condivisi, ai malati e ai migranti che lavorano a Molfetta, che aiutano le nostre famiglie e che devono essere parte di questa comunità. Il nostro punto di partenza sarà il contrasto convinto a ogni forma di discriminazione, dobbiamo partire dal ripristino in città di una comunità solidale di cittadini che si sentano fraternamente uniti e non divisi dalla cultura del favore. La nostra amministrazione garantirà i diritti di tutti». Qual è la situazione economica del Comune, è quello che si chiedono tutti i cittadini. E Quindici ha più volte sostenuto che le cifre ottimistiche del sindaco Azzollini erano solo propaganda? «Ripeto: ho amaramente constato anch’io che quella del Comune virtuoso sui conti era solo una favoletta raccontata per mantenere il consenso. C’è una situazione finanziaria complessa. Dobbiamo analizzare i conti a fondo. Ma dobbiamo già immaginare un nuovo rapporto tra pubblico e privato in questa città. Come abbiamo detto in campagna elettorale, tutte le realtà economiche di questa città che vorranno aiutare questa giunta a fare le cose saranno da noi ascoltate e accolte. Un esempio? Se non troveremo i soldi per istituire una linea tra il centro e la zona industriale, busseremo a tutte le trecento aziende che sono insediate sul nostro territorio e cercheremo le risorse per farlo». Difficoltà, paure e speranze. Il peso della fascia tricolore? «Come ho detto nel mio primo discorso istituzionale ho sentito la fascia tricolore leggera perché con animo leggero, solidale, gioioso, entusiasta e appassionato mi sono messa in costruzione della nuova Molfetta. Leggera perché so che avrò al mio fianco i cittadini ai quali ho chiesto di non smontiamo l’incredibile partecipazione che abbiamo saputo costruire in questi mesi, ho chiesto che in ogni quartiere fiorisca un comitato di quartiere che troverà un sindaco in ascolto. Perché la partecipazione e la creatività non fa nessuna paura a questa amministrazione». La gestione della famiglia, risentirà di questo tuo nuovo ruolo? «Mio marito Marco e mio figlio Angelo hanno saputo aspettarmi in questi quattro mesi durissimi di campagna elettorale. Ora dovremo ricostruire anche una quiete familiare e il giusto equilibrio tra l’intenso lavoro che mi aspetta e il mio ruolo di moglie e mamma a cui non intendo certo rinunciare. Ho chiesto nella sede di via Carnicella di immaginare una stanza-kindergarden per Angelo ma anche per tutti i bambini che per qualche ragione vengono al Comune: figli degli altri dipendenti, nipoti, etc. Questo è un primo, piccolissimo passo per tenere mio figlio più vicino al mio lavoro. Mi ha colpito molto la critica che mi è stata fatta il primo week end dopo il voto. Ho messo su Facebook una foto della nostra famiglia al mare e qualcuno mi ha detto che un sindaco non ha diritto a svagarsi e a stare con i suoi cari. Dico: non esageriamo. Anche perché a differenza del nostro ex sindaco intendo stare a Molfetta tutto l’anno e non solo nel week end e quindi forse qualche week end con la mia famiglia, ogni tanto, lo meriterò anch’io».

Autore: Felice de Sanctis
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