Omosessuali, la polemica che non c’è
Una tranquilla conferenza a Molfetta, ma c’è chi cerca lo scoop
Sembrava un giorno di festa nella sala Turtur, nel centro storico di Molfetta. E infatti lo era, era la festa di tante persone che rivendicavano la loro diversità. Inutili e quanto mai inopportune le polemiche scatenate per la manifestazione sull’omosessualità da qualche giornale a corto di notizie e in vena di scoop e da qualche parlamentare che ha soffiato sul fuoco.
“Il vescovo dovrebbe essere qui, lo accoglieremmo a braccia aperte!” ha ribadito Emma Battaglia, organizzatrice del gay-pride a Roma. Non si è visto alcunché di provocatorio in questa manifestazione, pur nella sua concomitanza con la cerimonia di insediamento del nuovo vescovo, don Luigi Martella alla guida della diocesi. Anzi, è parso, che, lo stesso vescovo, nel suo discorso durante la cerimonia parallela alla manifestazione, desse una risposta a queste inutili invettive, proclamandosi pronto al confronto con tutte le realtà esistenti nella diocesi. Smorzando così polemiche che sapevano tanto di assunzioni programmatiche del politico di turno, dichiarazioni che, se fatte per ostentare moralità e rettitudine cattolica, andrebbero pesate pensando alla “Convivialità delle differenze” degli insegnamenti di don Tonino.
“Omosessualità, un problema inesistente”, questo il titolo della conferenza, titolo che in se racchiude già tutte le risposte a domande retoriche. Siamo nel terzo millennio, abbiamo affrontato le lotte sessantottine, sono cadute le frontiere, ormai è un dato di fatto che le preferenze sessuali sono solo un altro carattere della nostra diversità, sembrerebbe, quest’ultima, una dichiarazione scontata per tutti.
Perché dunque una conferenza sull’omosessualità?
“Perché a scuola ci siamo posti domande del tipo: ma l’omosessualità è una malattia?” sottolinea nel suo intervento Pasquale Davide De Palma, rappresentante degli studenti, organizzatore della manifestazione. E affrontare un argomento così delicato sembra che, ancora oggi nella scuola italiana della riforma, non sia tanto semplice: “E’ stato difficile trovare collaborazione su una ricerca di tal tipo, ci siamo accorti che la scuola non aiuta certo, pochi sono i docenti disponibili al confronto su argomenti come questo. Nel nostro paese, nella nostra scuola, manca l’accettazione di qualsiasi diversità!”.
“La maggior parte dei docenti evita l’argomento, il ruolo di educatori viene meno nel momento in cui si parla di questi temi, è vero ci sono corsi di educazione sessuale, ma mirati solo all’eterosessualità, non ci sono corsi sulla necessità di amare, corsi che possano portare un cambiamento nel modo comune di pensare, corsi di rispetto della diversità. Non si parla e invece ognuno di noi deve parlare, qualunque siano i suoi gusti sessuali, deve far crescere un’eco vastissima che riveli a tutti la nostra voglia di amare. Di poter reagire contro chi ti grida finocchio di merda!” tuona Emma Battaglia.
Se la scuola, non adempie al suo compito, bisogna inventarsi nuovi spazi in cui crescere come cittadini, spazi in cui aiutare chi ha solo bisogno di parlare per affrontare il terrorismo psicologico che dice “non scoprirti, non rivelare quello che senti se non è omologato nei canoni del ben pensare”. Quel ben pensare che ci ha fatto crescere “propinandoci estenuanti voli pindarici per nascondere, già a scuola, quale fosse il vero rapporto tra Eurialo e Niso, Cloridano e Medoro, Achille e Patroclo” come dice Nichy Vendola.
Scontata, forse, ma vera, nella sua essenzialità Emma Battaglia: “La questione omosessuale è una questione culturale” ed è sconfortante constatare, dalle parole di chi ogni giorno lo prova sulla sua pelle, quanto nel nostro paese la cultura della diversità non esista, nascosta sotto la falsa moralità di una fantomatica normalità, che spesso nasconde tragedie come quella di Novi Ligure. Vi è in questo tema una necessità che pervade un po’ tutta la civiltà moderna, che altrimenti rischia di perdersi in una involuzione di intolleranza e individualismo, “una necessità”, come dice Nichy Vendola, “di costruire ponti e non innalzare nuovi muri”.
Donato Centrone