Una partecipante alla manifestazione “Non VoltArti” si stacca per un attimo dal “corridoio rosso” e viene verso di me porgendomi una proposta: “Perché non chiediamo alla gente che sta partecipando, direttamente e indirettamente all’evento, cosa pensa della violenza sulle donne? Perché, registratore alla mano, non proviamo a sentire le loro voci, a dialogare coi passanti, a incontrare i loro punti di vista, a partire da lì?”. Questa richiesta mi ha fatto venire subìto in mente Pasolini in “Comizi d’Amore” e, immediatamente dopo, la passione per il lavoro di campo di sociologi e antropologi immersi nella ricostruzione di una cultura, di un frammento di immaginario, che caratterizza la vita di un sottogruppo piuttosto che di una comunità più ampia. Mille altre possono essere, al giorno d’oggi, le suggestioni mentali e visive che una proposta del genere può evocare – giornalisti on the road, cineasti entusiasti, scrittori incalliti piuttosto che viaggiatori erranti – ma, ciò che conta in questa occasione è ciò che ha generato questo entusiasmo, anche se la curiosità di questa donna è rimasta inevasa. Sì, perché a Molfetta il 26 novembre, si è provato ad accendere le luci su un fenomeno molto ricorrente in questi ultimi tempi, che assume caratteristiche e sfumature nuove che si sommano alle vecchie, ma che vede unita l’intera società locale: No alla violenza sulle donne. Ormai è una battaglia di civiltà, una presa di posizione che attraversa i diversi schieramenti politici e che si percepisce essere come una prerogativa inevitabile per il progresso sociale. Il 25 novembre ricorre la “Giornata internazionale contro la violenza sulle donne” e Molfetta ha voluto rafforzare la sua adesione alle marce che si sono svolte in tutt’Italia con una manifestazione che potesse provare a lasciare un segno, un ricordo, nei passanti e in tutti coloro che hanno voluto prendere parte all’iniziativa. “Non VoltArti” viene concepita in un piccolo e sperimentale laboratorio cittadino di donne che hanno messo il proprio tempo, idee ed energie a disposizione di una causa in cui crede fortemente. La sinergia creatasi tra Sportello Antiviolenza Pandora, Associazione teatrale Malalingua, associazioni di categoria (Confesercenti, Molfetta Shopping e Confcommercio) e commercianti del corso Umberto, sono stati ingredienti fondamentali per dar vita a un’idea concepita dalla Presidente dello Sportello Antiviolenza Pandora, avv. Valeria Scardigno, e sviluppatasi in maniera aperta, creativa e rigorosa, con la partecipazione di ulteriori competenze e passioni civili. “Non VoltArti” persegue su un sentiero di attivismo già inaugurato questa estate con la manifestazione “Posto occupato” in cui ci si è posto l’obiettivo di raggiungere le giovani generazioni con messaggi di sensibilizzazione relativi alla tematica, attraverso il coinvolgimento dei gestori dei principali pub, bar e birrerie del centro storico, ma non solo. Con “Posto occupato” ci si è posti l’ambizioso obiettivo di avviare un processo di partecipazione plurale in cui componenti locali di natura diversa, produttiva e non, pubblica e privata, potessero entrare in dialogo e in contatto tra loro per promuovere una battaglia comune, educativa, sen-timentale e civica. “Non VoltArti” ha raccolto l’adesione entusiasta della Presidente della Confesercenti, Dott.ssa Raffaella Altamura, che ha saputo coinvolgere le altre associazioni di categoria, Molfetta Shopping e ConfCommercio, impegnate successivamente nella circolazione di una comunicazione dell’iniziativa tra i commercianti. Il lavoro delle volontarie dell’Associazione Pandora ha contribuito ha rafforzare lo sforzo delle associazioni di categorie, recandosi porta a porta nei negozi del Corso Umberto a raccogliere adesioni ed entusiasmo diffuso. L’Associazione teatrale Malalingua, e la convinta partecipazione della Presidente Marianna De Pinto che ha generosamente messo a disposizione la sua compagnia, ha reso possibile la materializzazione di un’idea altrimenti irrealizzabile. Qualche piccolo spunto puntuale rispetto alla gestione di un’organizzazione complessa ha provato a rendere la struttura dell’iniziativa un po’ più solida. Si sa, quando qualcosa si sperimenta per la prima volta non è mai perfetta, ma lo spirito di questa iniziativa ha voluto sdoganare il messaggio che non è la perfezione ciò che conta in questi casi, ma ciò che l’incontro tra più relazioni per una causa comune può generare. Per due ore il Corso Umberto si è acceso di luci molto delicate: i vari performer in vetrina hanno rappresentato discretamente scene di violenza, di isolamento, di delusione e maltrattamento femminile; altre vetrine sono state dotate di scritte e di oggetti che hanno rimandato simbolicamente a una riflessione sul tema; un drappo rosso sostenuto dagli attori e dai passanti occasionali ha accompagnato la manifestazione durante lo svolgimento delle pièces in vetrina e, sguardi curiosi e, a volte, un po’ disorientati hanno fatto il resto. Tra le luci gialle e calde del centro cittadino, la metafora simbolica e teatrale è stata protagonista, per due, di un tentativo coraggioso di sperimentazione civica che ci si augura abbia lasciato un segno in molti cuori, nonostante le resistenze del pensiero e delle abitudini culturali e normative. Molfetta non è sempre ben disposta verso questo tipo di vivacità, non sempre accoglie le novità, specie quando sembrano far perdere un pochino gli equilibri sui quali si sono costruite diverse certezze, e “Non VoltArti” ha voluto offrire un contributo su un terreno multiplo: su quello della presa di posizione verso un fenomeno così deplorevole come quello della violenza contro le donne, e su quello dell’innovazione civica, in cui troppo spesso si mettono da parte le cause comuni per guardare al proprio tornaconto personale. “Non VoltArti” ha tentato di dire basta con l’indifferenza verso un fenomeno, come quello della violenza sulle donne, che ha radici sociali e collettive; basta con il silenzio, la complicità, le attenuanti verso chi picchia, squalifica o emargina una donna, perché la violenza è il gesto estremo di una cultura che giustifica e alimenta il silenzio e l’isolamento. Rompere il muro dell’indifferenza significa “prendere parte”, formarsi un’opinione, educare ed educarsi e, dunque, speriamo che gli sguardi e i commenti anche sgomenti a cui abbiamo assistito, possano essere un buon inizio per non restare ancora a guardare. Ripenso alla suggestione della proposta di quella partecipante all’iniziativa: “facciamo un’intervista, chiediamo alla gente cosa pensa della violenza sulle donne” e continuo a dirmi: peccato, abbiamo perso un’occasione, sarebbe stato un buon momento per raccogliere alcune voci, provare a partire di lì, ma mi consolo dicendomi: speriamo che questo sia solo l’inizio! Speriamo che la prossima amministrazione che verrà, come quella uscente, quella della dott.ssa Paola Natalicchio, sia aperta e sensibile ai temi della partecipazione femminile e delle questioni di genere, perché i deterrenti più efficaci contro le diverse manifestazioni della violenza sulle donne, e non solo sulle donne, sono quelli dell’inclusione sociale. Speriamo che chiunque verrà, sia in grado di non considerare questa questione una quisquiglia femminile, un discorso marginale rispetto ai più “importanti” temi strutturali della gestione della vita pubblica e, per fare ciò, non ci vogliono solo iniziative di volontariato ma investimenti seri, sulle giovani generazioni di donne e sulle “vecchie” che vivono condizioni di marginalità, esclusione sociale e violenza. Investimenti e capitoli di spesa che aprano scenari seri di mutamento sociale, di un cambio di rotta, perché essere “contro la violenza sulle donne” non è solo lo slogan di una stagione o di una manifestazione politica o cittadina, ma richiede un impegno costante e diffuso, in tutti in settori della vita economica, politica e sociale di un paese e di una città. Mi dico, speriamo che ci siano importanti sguardi e importanti riflessioni su questo e così, addolcisco l’amarezza di un’occasione persa, l’ennesima. “Non VoltArti” però costituisce una speranza, un impegno, un punto di partenza, ma che cosa farà la politica che verrà, si volterà davanti a questo impegno o si attrezzerà per alimentarlo mettendosi in gioco? *Ricercatrice sociale, studiosa di politiche sul contrasto alle disuguaglianze