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Molfetta sotto i piedi
15 novembre 2012

Comunemente siamo molto distratti, attraversiamo la città in lungo e in largo, percorriamo le strade, e frequentiamo molti luoghi comuni, senza renderci conto di quello che ci circonda, anzi continuamente calpestiamo un po’ della nostra storia esistente sotto i nostri piedi. Cose comuni, su cui un attento sguardo può fare curiose scoperte, come l’oggetto della ricerca che affronteremo in questa sede. Casualmente qualche volta degniamo di un rapido sguardo il coperchio di alcuni chiusini, comunementi detti tombini, attratti dai piccoli stemmi del regime fascista e poi dalle relative iscrizioni. Queste indicano per lo più il committente o l’utilizzo e, non sempre, chi ha prodotto il manufatto. L’Acquedotto Pugliese, nel primo decennio del secolo scorso, per distribuire l’acqua a Molfetta realizzò sotto il piano stradale una rete di distribuzione dell’acqua potabile e una rete fognante. Le due reti con diverse diramazioni furono fornite di fosse di visita coperte da manufatti di ghisa: i chiusini. Questi sono telai di ghisa con i relativi coperchi; su questi in rilievo è riportato il committente, la rete a cui serve, il nome della città, e alle volte chi ha fuso il tombino. L’attenzione sta proprio nel rileggere, dove ci sono, le varie ditte o meglio fonderie molfettesi che realizzarono a suo tempo il manufatto, contribuendo egregiamente sia alla ricchezza dell’economia locale che alla diffusione della professionalità operaia locale. La fonderia di Nicola Cinquegrani aveva sede in Via G. Mameli (ex Vico VI Madonna dei Martiri) angolo con via Medici. Fu attiva dal 1893 al 1938. Oltre i chiusini, sono stati rintracciati altri lavori tra cui nel 1893 la fusione dei sedili di ghisa e di alcune colonne sormontate da tre fanali ciascuno, per la Villa Comunale; nel 1912 la fornitura di due colonne di ghisa per la cassa armonica (ora demolita) sempre nella Villa Comunale e la fornitura nel 1932 di 30 chiusini1. Nicola Cinquegrani in realtà si chiamava Pigna Nicola (nato nel 1871) originario di Napoli, figlio di ignoti; adottò il cognome Cinquegrani quando si mise in società con Cinquegrani Francesco di Giovanni che di mestiere era fonditore. Antonio Sallustio (1907-1980) negli anni Trenta del secolo scorso aprì una officina prima in Via Tenente Fiorini (all’incirca dov’è la clinica Villa Giustina), poi traslocò in Via S. Francesco d’Assisi. Nel 1938 rilevò gli impianti dell’officina e della fonderia di Pigna Nicola Cinquegrani, situata in via G. Mameli. Fu in attività fino al 1949. La fonderia di G. de Gennaro e C. fu impiantata negli anni Cinquanta del secolo scorso nella zona compresa tra Via S. Francesco d’Assisi, Via Caduti sul Mare e Via S. Fontana all’incirca alle spalle di quello che una volta era il deposito e vendita di legnami di Giovanni e Corrado de Biase messo su Via S. Francesco d’Assisi. Con la dismissione del deposito dei legnami nel 1953 la fonderia fu poi trasferita a Terlizzi. La fonderia Pal-Bertig. Giuseppe Palberti (1921-1997) nella metà degli anni Cinquanta del secolo scorso con due fratelli aprì una piccola fonderia su Via Bisceglie occupando le antiche suppigne dell’ex corderia de Fazio e in cui fino a circa vent’anni fa stava il negozio e magazzino della ditta Abbattista di materiale edilizio. Poi si trasferì in Via Pietro Colletta dove una volta c’erano diverse suppigne utilizzate per depositi e da attività artigianali. Attualmente su quell’area vi è un palazzo compreso tra i n. civici 104 e 110. Nel 1961 il Palberti incrementò l’attività trasferendosi su un terreno compreso tra il viale del Cimitero e quella che una volta era l’antica strada rurale di Fondo Favale. Cessò l’attività intorno al 2008. Tra i numerosi chiusini esistenti lungo le strade molfettesi vi è uno che ha attirato la mia attenzione: sul coperchio ha l’iscrizione in arabo. Incuriosito di ciò ho chiesto ad un amico Corrado la Martire che ha studiato l’arabo il significato dell’iscrizione. In pratica il chiusino era destinato alla città libica di Tripoli. Evidentemente il chiusino faceva parte di una fornitura di cui una fonderia di Molfetta aveva la commessa.

Autore: Corrado Pappagallo
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