MOLFETTA - Il ricorso allo pseudonimo nell'indicazione dei nominativi dei candidati, sia alla carica di sindaco che alla carica di consigliere comunale, è consentita quando è indispensabile per l'identificazione del candidato e solo quando tale indicazione sia stata evidenziata all'atto della presentazione delle candidature. A tale atto il candidato sindaco del centrodestra a Molfetta, Nicola Camporeale, si è registrato con “detto Ninnì”, come tutti in effetti in città lo chiamano. Guardando come sono andate le cose in quest'ultima settimana forse, potendo ripensarci, lo stesso avrebbe registrato un altro pseudonimo: “detto Antonio”.
Perché per riparare agli evidenti segnali di difficoltà al centrodestra è stato necessario un doppio giro di riunioni per giungere alla conclusione che non bastava più mettere in campo solo l'aura del senatore, ma schierarlo in prima linea, come hanno fatto a livello nazionale con Silvio Berlusconi.
Ma come non erano loro ad aver impostato tutta la comunicazione sulla mancanza di autonomia della candidata del centrosinistra Paola Natalicchio? Per mesi hanno parlato di pupari e poi il primo a salire sul palco alla presentazione del candidato sindaco del centrodestra è stato proprio il senatore. Sulle prime abbiamo pensato a naturale passaggio del testimone, ma ormai non c'è iniziativa pubblica che Ninnì non affronti con accanto Antonio Azzollini, che lo muove come un burattino (vedi la vignetta di Michelangelo Manente pubblicata sulla rivista “Quindici” in edicola).
Di più la sua faccia è tornata a occupare in maniera preponderante le plance elettorali del centrodestra e dello stesso comitato elettorale. Prima con un messaggio di auguri per il rinnovo della carica di presidente di una commissione parlamentare, forse iniziativa senza precedenti in Italia, neanche fosse stato eletto presidente della Repubblica. Poi il manifesto è stato coperto dopo un giorno con un altro manifesto più grande con il volto del senatore affiancato a quello del futuro sindaco di Molfetta. Futuro, non prossimo, e in questo sostantivo c'è tutta l'indeterminatezza della condizione nella quale si trova oggi il centrodestra.
E' insomma il palesarsi della fine della spacciata autonomia di Ninnì Camporeale, vantata soprattutto negli ambienti del centrodestra, che soffrono il padronale controllo del senatore. Senza il suo avvallo, se dovessero vincere le elezioni, in città non si potrà continuare a spostare un’auto da piazza Municipio.
Questo cambio di strategia perché Azzollini si è convinto che, per usare un'espressione coniata in ambienti economici tra gli anni Sessanta e Settanta, “il cavallo non tira”. E allora l'ha preso per mano e accompagnato nelle periferie che ha dimenticato per tutti questi anni per promettere un'altra grande opera: un sottopasso ferroviario; si è seduto al tavolo con lui in un'iniziativa sull'ospedale, struttura sanitaria che non ha mai difeso in tutti questi anni, aspettando di far ricadere sulla Regione ogni eventuale decisione. E siamo certi che andrà avanti così fino alla fine e ne vedremo ancora delle belle.
P. S. A proposito di pseudonimi, tra i più curiosi rintracciati scorrendo le liste non si può non far riferimento a Amato Robert Bartolo, Ignazio (detto Pino). Come se non bastasse il cognome a essere ricondotti alla patria potestà, non abbiamo dubbi che sia stato chiaramente scelto per ragioni di brevità... e non di opportunità.
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