MOLFETTA - Uno step di apertura per la propaganda dello shopping experience: così Walter Levati, direttore del Centro Gran Shopping Mongolfiera, ha introdotto il dibattito «I bambini nei centri commerciali e la multisensorialità», in cui si sono delineati alcuni fattori di crescita per il bambino in un centro commerciale, «luogo che aggrega e avvicina famiglie e bambini» (Annadelia Turi, giornalista di Antenna Sud e conduttrice de «Il Tg dei Bambini»).
Il centro commerciale contribuisce ad acquisire e approfondire il bagaglio di conoscenze dei bambini, «di cui si evocano sentimenti e sensazioni attraverso suoni, colori, vista e tatto»: in questi termini si è espressa Chiara Liuzzi, scrittrice, musicista, musico terapeuta e docente di educazione musicale, come ribadito dal dott. Alessandro Rubino, psicologo specializzato in Psicologia Psicosomatica, membro dell’Associazione Medicina Psicosomatica. L’elemento ambientale più importante per un bambino sono le emozioni e le espressioni dei genitori: «in un agglomerato commerciale sono gli stimoli dei genitori che determinano il comportamento del bambino, che percepisce ciò che potrebbe essere pericoloso o meno». Attraverso i disegni (nelle foto), i bambini hanno rappresentato graficamente quali impressioni suscita in loro il centro commerciale: «una fabbrica di pensieri, sensazioni e desideri - come sostenuto dalla prof.ssa Vittoria Facchini, illustratrice editoriale, autrice di libri per ragazzi, docente di comunicazione e di lettura visiva - trascritti materialmente su fogli da disegno» (Nella foto, da sinistra: Chiara Liuzzi, Mauro Destino, Maria Reccola, Alessandro Rubino, Vittoria Facchini, Ilaria Gentile, Annadelia Turi)
Dunque, il centro commerciale come «tappa fondamentale della nostra società e dei bambini»: costruiamo la società dei centri commerciali. Non si rischia, invece, di trasformare il bambino in un rappresentante di merce o in uno spot pubblicitario? Puntare sui bambini significa anche territorializzare la struttura commerciale: soprattutto mediare la loro realtà con equilibrio e buon senso anche da parte dei genitori, per non cadere nella commerciabilità della persona e nella creazione di una vita virtuale per il bambino stesso.
Si è anche disquisito il problema dell’alimentazione nel centro commerciale «che garantisce un’offerta superiore a quella dei centri abitati»: non sarà certo un caso se tutti i negozi di alimentari e di abbigliamento di Molfetta centro decidono di chiudere, schiacciati dalla crisi e dai guadagni risicati. Secondo il nutrizionista Mauro Destino, direttore sanitario Centro DIAITA di Mesagne, esperto di obesità e disturbi dell’alimentazione, «si può integrare l’esigenza di marketing con una sana alimentazione, favorita anche dalla tendenza di mangiar fuori, soprattutto degli adolescenti». Quanto sana può essere l’alimentazione di un centro commerciale, dove, ad esempio, si preferiscono cibi grassi rispetto a frutta e verdura? Non sarebbe corretto potenziare la presenza di cibi mediterranei? Il business è la natura di un centro commerciale, ma «bisogna promuovere un consumo attento e salvaguardare l’utenza, soprattutto le famiglie e gli adolescenti».
Anche l’aspetto ludico ha un ruolo importante nell’economia di un centro commerciale, che si dota delle aree-bimbi, dove «bisogna offrire interventi opportuni ai bambini che sono qui mollati dai genitori, presi dalla frenesia e dalla compulsione dell’acquisto» (Ilaria Gentile, referente Magicabula di Happy Center Service).
Infine, Maria Reccola, membro dell’AGEBEO nel Reparto di Oncoematologia Pediatrica del Policlinico di Bari, ha presentato l’edizione 2010 dell’iniziativa benefica «1000 bambini alla Mongolfiera», che oinvolgele scuole primarie della provincia di Bari e si propone di raccogliere fondi da donare all’Associazione AGEBO (Associazione Genitori bambini Emato Oncologici).
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