Lotta Olimpica. Vent’anni fa ci lasciava Francesco Palomba della Polisportiva Libertas Molfetta
Francesco Palomba
MOLFETTA - Vent’anni senza Francesco Palomba, atleta e simbolo di una comunità sportiva che si è sempre specchiata nei suoi valori.
Francesco Palomba è stato uno dei più noti volti sportivi locali degli anni novanta; atleta della Polisportiva Libertas Molfetta che avviato alla Lotta Stile Libero dove combatteva con buoni risultati si convertì alla specialità della Lotta Greco-Romana dove esplose letteralmente raggiungendo il massimo valore agonistico e sportivo a livello nazionale, vincendo quasi tutto quello che poteva vincere (Campionati Italiani, Coppe Italia, oltre a partecipazioni a tornei internazionali con la nazionale).
La Lotta insegna a combattere, a confrontarsi e a sacrificarsi. Si perché oltre al talento ci vuole allenamento, sacrificio e testa. Ci vuole soprattutto volontà, come quella di prendere ogni giorno il treno per andare ad allenarsi a Bari, dove all’epoca c’era il Centro di Alta Specializzazione della Lotta Greco-Romana, dopo aver comunque studiato, rientrando a tarda sera.
Cresciuto sotto lo sguardo vigile di Giuseppe e Addolorata, Francesco ha rappresentato per tutti gli atleti di Molfetta e Bari un punto di riferimento sportivo, morale e umano. Il capofila negli allenamenti, il motivatore, l’accompagnatore della squadra giovanile e il Campione. Un leader pieno di umiltà, come l’educazione che la famiglia Palomba gli aveva impartito.
Era l’anno 1996 quando l’avv. Oronzo Amato, Presidente Onorario della Polisportiva Libertas Molfetta, decise di organizzare il Campionato Italiano Assoluto di Lotta Greco-Romana proprio a Molfetta, per celebrare quello che sembrava un trionfo già scritto. Francesco Palomba era il n. 1 del ranking nazionale e probabilmente avrebbe vinto la gara, nella sua città natale, e non importava che in quel periodo lottava sotto i colori del gruppo sportivo del Corpo Forestale dello Stato, era sempre un atleta della Libertas ed era il molfettese che avrebbe in qualche modo riportato a Molfetta un titolo assoluto. La manifestazione da essere un momento di esaltazione e gioia si trasformò rapidamente in un campanello di allarme inaspettato, in cui i dolori che lo costrinsero ad abbandonare la competizione si rivelarono sintomi di una ben più grave situazione che in tre anni ha portato via Francesco agli affetti della moglie, della famiglia e degli amici.
I campioni e i titoli forse passano o si dimenticano, ma è lo spessore umano e morale dell’uomo quello che mantiene vivo il ricordo. Non solo nella famiglia ma nella comunità che lo ha vissuto e con cui è cresciuto. La passione con cui si avvicinava ai bambini nell’insegnamento della Lotta, la gentilezza e affabilità con le quali si approcciava alle persone, il sorriso con cui accompagnava coloro che gli erano attorno, lo stesso sorriso che non ha mai perso nemmeno quando ha combattuto contro un male incurabile, in cui ha provato a vincere lottando sempre con tutta la forza e la voglia di vivere che lo contraddistinguevano.
Sono diversi gli ex atleti suoi compagni di allenamento che oggi, rivestendo incarichi nella Polisportiva Libertas Molfetta, hanno colto la sua eredità e cercano di portare avanti un’idea di sport quanto più simile a quella che è la cultura storica e sociale dell’Associazione, di cui Francesco è stato un grandissimo esempio oltre che membro. In primis, il fratello Giuliano, allenatore ovviamente di Lotta, ed i nipoti in particolare Francesco e Mirko, che vivono la Lotta nello spirito ed emulazione di uno zio Campione; i vari collaboratori e appassionati che sono cresciuti con Francesco ed ora portano i figli ad allenarsi come i Samarelli, gli Spaccavento o insegnano altre discipline, come De Ceglia, per concludere con chi collabora nella gestione generale dell’Associazione come Michele Amato. Non manca ovviamente l’affetto dell’avv. Oronzo Amato che lo ha sempre sostenuto in tutto il suo percorso sportivo e umano.
A vent’anni dalla sua scomparsa possiamo dire che Francesco un segno indelebile nella comunità sportiva, in cui ha vissuto e ha seminato, lo ha certamente lasciato.