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Lo scossone del sindaco Natalicchio e la visione futura di Molfetta
30 novembre 2013

MOLFETTA - Nel giorno della conclusione della fase diocesana del processo di canonizzazione di Don Tonino Bello Vescovo della Diocesi di Molfetta da parte di Sua Eccellenza Mons. Amato, alla presenza del Vescovo Diocesano Mons. Martella, di tutto il Clero e dei fedeli festanti, sorge spontaneo fare alcune valutazioni circa il momento che stiamo vivendo in città da qualche tempo.

E’ indubbio che le urne di giugno hanno portato  uno scossone  dal punto di vista sociale, ce lo siamo augurati, ci siamo impegnati anche per questo sin dal gennaio scorso allorquando presentammo da queste colonne per primi tra le righe la candidatura di Paola Natalicchio (foto) a sindaco di Molfetta. Siamo stati presenti in sede ufficiale allorquando sono state proclamate vincenti le liste che hanno consentito al neoeletto sindaco di accedere a Palazzo di Città, abbiamo sottolineato non una bensì più volte la necessità di organizzare la macchina pubblica garantendo una velocità di concepimento e di realizzazione che tanto bene farebbe al modus vivendi cittadino, con un occhio non ai sogni di bambino ma alle reali necessità della città, con la garanzia attinta dai comizi di campagna elettorale, che le decisioni debbano essere prese collegialmente scevre dall’influenza di gruppi di potere e comitati d’affari che per circa quattro lustri hanno infestato ed impazzato in città.
E’ chiaro che in questo momento si registra sul posto un cambiamento della classe dirigente, laddove a destra si scontrano le ragioni di una sconfitta locale, mai ritenuta possibile nonostante l’evidente debacle azzolliniana alla recente competizione elettorale nazionale, causata da una convergenza di cause compresa tra la parziale bocciatura dei molfettesi al “berlusconismo” in quanto tale, ed al respingimento assoluto della volontà di essere succubi dell’egocentrismo politico in salsa molfettese, del protagonista di una vicenda politica durata vent’anni che è ormai giunta al crepuscolo.
A sinistra invece è esistente un percorso di rinnovamento dove grazie a Dio gli eredi del ’68 hanno lasciato il passo ad una nuova classe dirigente, formata da quarantenni, che affermando idee basate sulla democrazia partecipata, tendono ad essere presenti sia in politica, che nel quotidiano vivere con la voglia di costruire qualcosa di diverso sia rispetto alla eredità interna, che mettendosi in relazione alla parte avversa. Naturalmente il terreno è irto di difficoltà, non lo neghiamo, il primo inciampo si è avuto sulla questione asfalto al Duomo, laddove bastava un po’ di pressapochismo in meno e di collegialità in più per evitare di cadere in fallo, la cosa si è ripetuta in questi giorni col problema del freddo nelle scuole, caso in cui come quello precedente, politica e burocrazia si rimbalzano le responsabilità, evidentemente bisogna oleare anche la macchina burocratica comunale, motivando e responsabilizzando gli uffici preposti ai diversi compiti, cercando di dialogare coinvolgendo il più ampio numero di dipendenti, e non solo quelli ritenuti vicini.
Ma questi sono gli esempi elementari in cui a volte si cade in politica, importante è saper ricorrere ai ripari in situazioni anche non ordinarie. La politica indubbiamente in città ha la responsabilità di funzionare meglio sia come forza esecutrice di impostazioni che vengono dal Parlamento, come anche di impostare discorsi capaci di esaltare le qualità territoriali che da sempre si sono esplicate in sito. Ci riferiamo al porto. Secondo noi l’amministrazione comunale  ha oggi la facoltà di decidere al di là delle polemiche preelettorali, al netto di tutte le vicende giudiziarie che la caratterizzano, la possibilità di proiettare Molfetta in un futuro caratterizzato da un’economia basata su una sua forza storica rinnovata, e quindi essere aperta idealmente,  territorialmente, socialmente ed economicamente al rapporto che genti diverse, economie diverse possono portare al nostro territorio.
Dove sta la discontinuità col passato? Sta nel gestire la vicenda tutta, privilegiando il rapporto con il territorio e con esso con chi lo vive in modo viscerale, tale che le occasioni di crescita non di poche persone, siano, come già indicato, l’occasione di sviluppo di una città che chiede occasioni di crescita al potere centrale, così come chiede capacità di gestione assolutamente trasparente, con la responsabilità del “Buon Pater Familias” a chi è chiamato a gestire la cosa pubblica, nel solco degli indimenticabili insegnamenti tracciati dal servo di Dio Tonino Bello.

© Riproduzione riservata                                                 

Autore: Michele Mininno
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