Lisa Manosperti a Molfetta nella splendida interpretazione di Mia Martini per la Fondazione Valente
MOLFETTA - “Indosso sempre qualcosa di viola quando interpreto le sue canzoni: degli orecchini, un foulard, qualunque cosa che ricordi quanto possa far male il pregiudizio”.
Lei lo sa.
Sa quanto la patina glitterata del mondo della musica sia solo una comoda vernice, sotto la quale vite artistiche e professionali vengono esaltate o buttate nel fango.
E Mimì ne è stata vittima.
Lisa Manosperti interpreta Mimì. Nell’Auditorium Regina Pacis, per il secondo evento del trittico Rassegna “Eventi speciali” della Fondazione Vincenzo Maria Valente, la finalista di “The Voice”, accompagnata Andrea Gargiulo, Aldo Di Caterino, giovane flautista jazz, pluripremiato, Giuseppe, batteria jazz e Camillo Pace, contrabbassista, conferma il suo virtuosismo. Ecclettica, poliedrica, Lisa Manosperti viaggia e fa viaggiare nell’universo che fu ed è Mia Martini.
“Chiamatemi Mimì” è non solo omaggio, ma testimonianza viva e pulsante di un’artista, ovvio ma bene ricordare, pilastro della musica italiana.
Originali, e raffinati gli arrangiamenti jazz del maestro Andrea Gargiulo che non ha avuto bisogno di presentazioni.
Per tutti ha “parlato” il talento e la voce di Lisa Manosperti.
Minuetto, Almeno tu nell’universo, Gli uomini non cambiano, e tanto altro del vasto repertorio musicale di Mia Martini, ma Lisa Manosperti, non paga dei successi riscossi, si cimenta nell’interpretazione di composizioni altri autori come Francesco De Gregori, Enzo Gragnaniello e vince.
Tocca le corde dell’emozione, del ricordo, della malinconia, compagna fedele di vita di Mia, cantata costantemente da colei che non cantava l’amore ma questo sentimento di struggimento per quello che non era stato, per quell’amore tossico che l’aveva segnata.
Lisa è Mimì quando interpreta il suo riscatto, arrivato postumo. “Fammi sentire bella”, pubblicato dopo la sua morte non è bastato a cancellare il dolore di chi ha amato le sue canzoni.
Sara Allegretta, direttore artistico della Fondazione Vincenzo Maria Valente, sottolinea, a conclusione di una serata da ricordare, la cifra interpretativa, la raffinatezza di un quintetto al suo esordio, un quintetto che vede la presenza del maestro flautista, novità eccellente in un ensemble jazz.
“Siamo una grande famiglia artistica, quella che è mancata a Mimì”, continua la prof.ssa Allegretta, quella che ancora oggi si trova a combattere contro forme più sottili ma sempre presenti di pregiudizio.
Un crescendo di emozioni, una proposta artistica completa tanto a prevedere, per il prossimo evento, la performance di Sergio Rubini, protagonista de “Le città invisibili” di Italo Calvino.
Stay tuned.
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Autore: Beatrice Trogu