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Libertas Molfetta: la spensieratezza del calcio, la difficoltà del primato
05 febbraio 2013

MOLFETTA - Finalmente una presenza scenica di impatto. C'è voluto, diciamolo pure, una stracittadina per riempire la Tribuna del Paolo Poli. Buona partita, nervosa sin dall'inizio, senza grandi occasioni e un rigore sprecato dal Molfetta che avrebbe ridato i punti persi all'andata, dove un arbitraggio scarso, aveva sentenziato la sconfitta della Molfetta. Mi è sembrata una squadra più logica. Con due punte vere,una conferma dei centrali difensivi, orfani di Paris, Capitano Canonico, due buoni esterni alti, ma per il resto a centrocampo e gli esterni bassi insufficienti. Il Problema è appunto questo:nei pressi del Centrocampo,dove si fa gioco e dove si riparte, non Vi è qualità e soprattutto personalità.
Finalmente un po' di molfettesi in campo: Uva, Petruzzella, Cantatore. Mancava Messina, che a me piace molto, anche se qualche peccato di gioventù si evidenzia. Ma con i giovani è necessario lavorare ed aver pazienza. Certo, i "Molfettesi". C'è da riflettere. Ho sempre pensato che costruire una squadra di "indigeni" poteva ingenerare in loro forme di assunzione di responsabilità più forti: nei confronti della città, dei tifosi, della famiglia.
I nostri più famosi "indigeni" che hanno giocato nella Molfetta Sportiva sono stati senz'altro Leo De Gennaro, che ho avuto come allenatore ed oggi carissimo amico e Vito Grieco con il quale ho tutt'ora un rapporto di amicizia fraterna e che ho seguito ed accompagnato nella sua carriera calcistica. Non voglio dimenticare Di Giovanni, Messina, Spadavecchia, Farinola ed altri che al momento non mi sovvengono.
Per tutti indossare la maglia della propria città è stato come un richiamo della foresta: incommensurabile impegno ma tensione a mille per i giudizi della città. Sarebbe affascinante un progetto che preveda, appunto, la costruzione di una squadra di calcio o di qualsiasi altro sport di soli natii del luogo, ma non sarebbe certamente un momento di crescita.
Nella mia esperienza ho cercato di costruire le squadre non con la carta di identità ma con due criteri base: la economicità della scelta e naturalmente la bravura del calciatore. Ma il tutto dipende da che risultato si vuole ottenere. Con la riforma dei campionati nel prossimo anno arrivare secondo o sestultimo non cambia granché in quanto la Prima sale e le ultime sei retrocedono, senza playoff o playout. Con uno scenario del genere le strade da intraprendere sono solo due: o costruisci una mega squadra o cerchi di raggiungere una tranquilla salvezza. Questa azionerebbe in automatico una "spending review".
Risparmiare, puntare sui giovani (ndr, oggi chiamati under), e su quelli che con esperienza non ti procurano molte spese extra. Traduciamo: settore giovanile in grande crescita, gente di esperienza "locale" che dia garanzia e che faccia da chioccia nella costruzione dei futuri calciatori.  Bene, i settori giovanili. In giro sento parlare di numeri importanti di ragazzini che "tirano calci al pallone, ma quanti ne escono? Dove sono gli insegnanti qualificati?
Dove si svolgono i campionati giovanili? C'è qualche società che investe in questi campionati? È meglio che non risponda! È curioso che a Molfetta ci siano almeno 4 squadre in campionati minori. Ma io penso forse è meglio fare campionati per i minori. È opportuno che le sinergie siano tutte convogliate ad un progetto unico e non che ognuno abbia il proprio laghetto dove immergere le proprie paperette! Questo vale per lo sport ma in generale per tutti i "progetti" che coinvolgono una Comunità.
 
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Autore: Ennio Cormio
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