Lame e Pip, sentenza Tribunale acque: c'è il rischio idrogeologico. Sconfitto il sindaco
Una vittoria per Molfetta, la disfatta di Azzollini&Co. Questa l’essenza della sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche che ha rigettato il ricorso del Comune di Molfetta contro l’Autorità di Bacino per la perimetrazione PAI. Confermate inattendibilità e inaffidabilità dell’amministrazione, secondo Cosimo Roberto Sallustio, presidente del Circolo di Legambiente Molfetta. Demolito l’arrogante progetto urbanistico del sindaco senatore Antonio Azzollini e dell’ing. Rocco Altomare, ex dirigente del Settore Territorio, arrestato il 23 giugno nell’operazione “Mani sulla città” e scarcerato lo scorso dicembre 2011 per decorrenza dei termini di custodia cautelare. La sentenza ha bloccato lo sviluppo urbanistico e industriale della città? Le bugie del Comune hanno le gambe corte: edificabili sono le aree alle spalle della zona industriale e ASI. Ma Molfetta necessita davvero di un altro Pip e di una nuova zona residenziale? O piuttosto della valorizzazione del paesaggio? La sentenza Sei i punti del ricorso del Comune di Molfetta (ridotti a 3) «a tutela dell’interesse sostanziale a liberarsi d’una mappa del rischio idrogeologico alto e medio, a suo dire, affetta da un’illegittima sopravvalutazione». Come dire, il ricorso comunale non ha finalità collettive e pubbliche, ma private (liberare più aree possibili da edificare e su cui speculare). Schierata con l’AdB, Legambiente. Ingaggiato dal TSAP un consulente tecnico d’ufficio, il prof. Maurizio Giugni dell’Università degli Studi Federico II di Napoli che, pur non condividendo l’approccio modellistico dell’AdB (valutazione personale, che non può supplire quella dell’AdB), ha riconosciuto «accuratezza ai dati assunti dall’AdB». Perciò, il giudice non ha potuto «ribaltarne i risultati, né assumere sua sponte altri o differenti parametri, sì da sostituire il proprio giudizio alla valutazione complessa e articolata dell’AdB». La stessa sentenza considera il PAI «rigoroso e molto cautelativo » perché «destinato non a fotografare una situazione, ma a governarla anche per il futuro ». Infatti, a Molfetta il rischio inondazioni è concreto, aggravato dall’obliterazione, dalla deviazione e dall’impermeabilizzazione delle lame e delle relative fasce fluviali e di rispetto (75 + 160 metri dall’alveo). In questi due anni e mezzo non sono mancati accenti polemici molto forti, il commento dell’avv. Rosalba Gadaleta di Legambiente. «Un percorso lungo e articolato», perché si è passati dall’intenzione del Comune di cancellare il Pai del 2009 a un tentativo di composizione tra le parti. L’AdB ha anche utilizzato una serie di dati relativi gli eventi di piena del sec. XX provocati dall’espansione urbana negligente e aggressiva. Basti pensare alla zona industriale e ASI collocate su Lama Marcinase e sui suoi affluenti, da considerarsi “acqua pubblica” secondo il Regio Decreto n.523 del 25 luglio 1904 (tra cui Lama Scorbeto), o all’area urbana di Ponente su Lama Sedelle. O ancora al quartiere Madonna della Rosa, ai comparti dall’1 al 12 (tra via Terlizzi, la SS 16bis e le località Samarelle e Ser Nicola), al Villaggio Belgiovine, alla zona residenziale di via XXV Aprile e al Consorzio Meral su via Giovinazzo attraversati dalla Lama Martina-Cupa. Negli ultimi 30 anni e, soprattutto oggi, la pianificazione urbana non ha mai considerato la funzione imbrifera delle lame, utilizzate come discariche e deposito di materiale di risulta. Sarebbe bastata una maggiore sensibilità paesaggistica da parte del Comune e del Consorzio ASI, secondo Vito Copertino, docente di Ingegneria Idraulica all’Università della Basilicata e consulente volontario di Legambiente. Tutto da rifar e Pip3, Pirp, Putt/p, comparti 1-12, 14 (tra via Falcone, via Terlizzi e la SS 16bis), 15 (località Grancitello), 21 (autoporto), 25 e 24 (a Levante della zona industriale), forse anche il 18 (tra via Ungaretti, via Generale Dalla Chiesa e la ferrovia), Prgc e Piano di protezione civile. Tutto da rivedere e adeguare al PAI. Dopo la pre-assegnazione dei lotti del Pip3, ci saranno ricorsi contro il Comune? Perché l’amministrazione Azzollini ha proseguito con arroganza nel suo intento, a danno dell’ambiente e dei cittadini? Inutile l’opera di mitigazione sul Gurgo. Necessario, invece, programmare la protezione della zona industriale - ASI e dell’area urbana, perché le lame molfettesi, deviate e occluse, non riescono a sostenere la portata delle acque provenienti dalle Murge, se sommate a quelle zenitali (come dimostrato dall’allagamento di Lama Cascione nel novembre 2011, filmato da Quindici). L’amministrazione è costretta a ripensare tutti gli strumenti urbanistici, attenendosi ai vincoli del PAI e al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. A quelli si aggiungono direttive e prescrizioni delle NTA del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale e del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale che pure denunciano il rischio d’inondazione (occlusione da interventi antropici) e tutelano, ad esempio, le lame Marcinase, Martina-Cupa e Sedelle e quelle non incluse nell’Elenco delle Acque Pubbliche (art. 56 NTA PPTR). Tutti strumenti normativi misconosciuti da Azzollini&Co, impegnati a saccheggiare il territorio e a sperperare denaro pubblico. Ricorso al Consiglio di Stato, il prossimo passo con le casse comunali al verde?
Autore: Marcello la Forgia