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La vita e la morte, la guerra e la pace, il sorriso e il pianto a Molfetta nello spettacolo “Il casino delle signore selvagge” dall’opera di Orazio Panunzio L’iniziativa per ricordare lo scrittore molfettese messa in scena dalla compagnia “In teatro… in punta di piedi” diretta da Pino Sasso
07 novembre 2019

 MOLFETTA - Bella la location, la storia, bravi gli attori. In poche essenziali parole la sintesi di una serata. Ma la messa in scena, ad opera della compagnia “In teatro... in punta di piedi” dello Sporting Club, de “Il casino delle signore selvagge”, al Museo Diocesano, scritto da Orazio Panunzio merita approfondimenti e riflessioni. Luoghi comuni, convinzioni, pettegolezzi, oggi come in passato, nuocciono gravemente alla salute, ledono principi morali, condannano all’infelicità. Ma l’happy end trionfa, in scena, come nella vita.

Il 27 luglio 1916 è una data storicamente tragica per Molfetta. I nemici austriaci bombardano il centro della città causando 7 morti, di cui due bambini e decine di feriti. E’ una data importante anche per il casino   abitato da eterogenee ed eccentriche personalità che convivono, nella placida campagna dell’agro molfettese, vicine ma lontane da una Molfetta che gli eventi, suo malgrado, stanno trasformando. L’apparente serenità nasconde drammi mai completamente dimenticati ma rinchiusi in cassetti di ricordi che nessuno, per convenzione, vuole aprire.

Nannina, la Comandante guida questa famiglia il cui unico elemento maschile è Giacomo, per tutti l’Innocente, così chiamato perché colpito da un deficit psichico dalla nascita. Zia Clotilde, zia Edvige detta zia Qui Qui, francese di nascita, molfettese di adozione e per amore. Rosinella in attesa del suo innamorato Giuseppe Antonio, figlio di un fornaio, che quel giorno tornerà eroicamente dal fronte per dichiararsi e chiedere la mano della bella Rosinella.

La giovane innamorata avrà però l’amara sorpresa di incontrare un innamorato che accuserà, ingiustamente, ella stessa e le zie di esercitare, in quel luogo appartato, la professione di meretrice. Gli accesi scambi di opinione, accuse e le offese reciproche vengono interrotti dal roboare degli aerei austriaci che bombardano la città. La casellante del passaggio a livello, trovatasi al casino torna velocemente in città, Giuseppe Antonio fugge precipitosamente, seguito da suo cugino Gaetano, minacciando il suicidio per la delusione d’amore.

Le signore selvagge decidono di rifugiarsi nella dolina carsica del Pulo, accompagnate da Don Donato, un gentiluomo, ospite gradito delle nobildonne. Mentre Molfetta piange le sue vittime, la vita e l’amore rinascono al casino.

Donna Edvige sposerà il ricco gentiluomo. Rosinella e Giuseppe Antonio coroneranno il loro sogno. La sorpresa accende la curiosità di tutti quando i più umili, come l’innocente Giacomo e la casellante, declamano concetti degni dell’uomo più colto. Non è più tempo per le recriminazioni, per chi ha torto e per chi ha ragione e a rimandare ad un domani così incerto per tutti.

Concetti antichi e attuali, vivi e nascosti, geniali e semplici che Orazio Panunzio, artista, scrittore, profondo conoscitore e studioso della realtà molfettese, ha sempre ritenuto fondamentali della sua vita e della sua opera.

Il prof. Pino Sasso ha voluto tenacemente la trasposizione teatrale del testo; la dott.ssa Annalisa Altomare ha dedicato all’amico e maestro, “La vie en rose”, un testo molto amato dal poliedrico concittadino, entrambi mezzi per ricordare, nel decennale della sua morte, Orazio Panunzio.

La vita e la morte, la guerra e la pace, il sorriso ed il pianto. Ora come allora.

© Riproduzione riservata

Autore: Beatrice Trogu
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