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La scrittrice Angela De Leo all'Aneb di Molfetta
30 maggio 2017

MOLFETTA - Un trionfo della poesia e della sodalità, nella sua più squisita declinazione al femminile, l’incontro dedicato dalla sezione Aneb di Molfetta, presso la Sala Finocchiaro, alla scrittrice Angela De Leo, poetessa di lungo corso, oltre che fine narratrice (nella foto: Tania Adesso, Annetta La Candia, Raffaella Leone, Marisa Carabellese, Angela De Leo, Ada De Judicibus).

La serata è stata condotta all’insegna della polifonia, con Raffaella Leone, figlia dell’autrice, a fungere da commossa moderatrice, riannodando le esperienze biografiche alla produzione artistica della madre e rievocando il fervore intellettuale che da sempre ha connotato il “salotto” De Leo-Leone. Non bisogna dimenticare, infatti, come anche il compianto marito della scrittrice, Primo Leone, sia stato poeta e acuto scrittore, artefice, per esempio, dei felicissimi Racconti del pendolare.

A dialogare con l’autrice sono state la pittrice Marisa Carabellese e la poetessa Ada De Judicibus Lisena. La prima, sulla scorta della comune tensione siderale che ingenera il senso d’ali, ha intrecciato un fecondo sodalizio artistico con la De Leo. Esso è culminato nell’allestimento, nello spazio della casa editrice Secop, diretta da Peppino Piacente, genero della scrittrice, della mostra dedicata ai segni zodiacali.
Nell’esposizione, poi riproposta a Molfetta nella cornice della Sala dei Templari, i dipinti della Carabellese, innervati di doctrina e sorretti da possente visionarietà dell’ispirazione, sono stati accompagnati dalle ekphraseis della De Leo, prose liriche di pregevole espressione. La De Judicibus Lisena, ha tessuto, con il garbo e la pacata eloquenza che la contraddistinguono, le lodi dell’esperienza artistica dell’amica, che al primo incontro le apparve come una nobile Ginevra, dispensatrice di limpida poesia. Ha inoltre posto l’accento sul felice incontro d’anime che le ha congiunte, nella consapevolezza di un profondo convergere di percorsi estetici e spirituali. A dar voce alla parola poetica e alle narrazioni della De Leo l’appassionato e versatile carisma di interprete di Tania Adesso, lettrice che ha saputo coinvolgere il pubblico, modulando con estrema abilità sia i passaggi di carattere comico sia le corde della meditazione struggente.

Il presidente Aneb, Annetta La Candia, ha manifestato soddisfazione per l’esito della serata, impreziosita dalle anticipazioni del nuovo romanzo della scrittrice; quest’ultima ha, infatti, offerto in anteprima al pubblico molfettese pagine di sapore autobiografico, in cui l’ironia, accentuata dall’assunzione di uno sguardo azzurrino e fanciullesco, modella uno spaccato di vita della metà del Novecento.
La manifestazione si è conclusa con un omaggio al grande critico e scrittore, recentemente scomparso, Giorgio Barberi Squarotti, amico della De Leo, che ne aveva curato, per i tipi della Secop, la pubblicazione della silloge Le voci e la vita.

La poesia di Angela De Leo appare immersa in una dimensione di incanto, riconducibile soprattutto alla rimemorazione di un’infanzia idoleggiata, che da categoria individuale assurge a metafora della parabola cosmica. Dal lucernario, l’autrice spia con timore le ombre che si addensano verso l’ideale riva cui perennemente tende. La forza del canto, tuttavia, storna le tenebre e fa rivivere tutto ciò che ha destato amore: il compagno amato, le delizie del giardino della vita, che si traducono in continue rimodulazioni del genere provenzale del plazer. Sapori di frutti, di panna soffice, di fragole, profumi floreali, barbagli di luce, canzonette, voci di donne, voci di madri, canti di culla, echi di risa: tutto si riannoda perennemente, talora come melopea nostalgica, talora come trascinante inno all’essere.

 Nella narrazione, la scrittrice conosce la delicata evocazione del dolore struggente, destato dalle tragedie che hanno abbattuto alcuni suoi lari, ma anche l’irresistibile umorismo di prose come un Viaggio con destinazione ritorno. Testo in cui il microcosmo familiare, con i suoi equilibri precari da guerra fredda, è pennellato con notevole sapienza narrativa. La via delle vedove resta, di questa vocazione al narrare, l’estrinsecazione più poderosa, in un romanzo di affascinante coralità, in cui si innestano ritratti di donna a tutto tondo, come quello della figura ambigua e lunare di nonna Sabina. Ombre che riacquistano consistenza, ma restano sfuggenti: sono icone di madri dolenti, eroine del sacrificio, creature anaffettive addirittura propense al delitto o assommano in sé tutte queste caratteristiche? Forse una risposta non è data, perché mai ne esisterà una e definitiva per quell’inestricabile mistero ch’è il cuore di un essere umano.

© Riproduzione riservata

Autore: Gianni Antonio Palumbo
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