Riprendiamo le pubblicazioni dei Giardini di Avalon per dare un modesto contributo al dibattito in corso sulla possibile identità della costituenda Sinistra italiana (Dép, Comitando, ex-Sel e altri gruppi che possono farvi riferimento). Nessun dubbio che molti errori sono stati fatti e che la scomparsa di persone carismatiche abbia inciso in modo negativo sulle sorti della sinistra a Molfetta. Ritengo che bisogna ripartire dall’analisi della composizione di classe e dalle emergenze che investono la società italiana senza concedere nulla a forme desuete di tatticismi e politicismi. Un dato incontrovertibile risulta agli occhi di tutti: abbiamo restituito forme di protagonismo a riciclati della politica, messi in angolo dalla passata Primavera molfettese e dall’esperienza del Percorso. Se la contraddizione principale è la forbice fra garantiti e non garantiti da questa è necessario ripartire per dare identità a una nuova formazione di sinistra. Anche in passato la sinistra è stata investita da questo tipo di dibattito che opponeva i non garantiti, i sans papier ai garantiti, agli intellettuali di sinistra, i movimenti contro i partiti, Bataille contro Breton, l’anarchico contro l’Icaro castrato, il partito. Bataille sviluppò il basso materialismo fra il 1920 e il 1930 come rivendicazione degli istinti pulsionali contro le ipocrisie sublimative della cultura. Alla base dei comportamenti umani vi è una forza istintiva che disaggrega il dualismo fra basse tendenze e slanci ideali; in un certo senso questa forma di monismo sostanziale può essere attribuito a Spinoza che, contro il dualismo cartesiano di res cogitans e res extensa, tende a definire un piano di assoluta immanenza per i soggetti e per le pratiche mondane. Il Basso materialismo ha avuto una enorme influenza nella filosofia della decostruzione di J. Derrida come sul Materialismo dell’incontro o Materialismo aleatorio di L. Althusser. In quelle filosofie viene delineato un mondo in cui gli elementi di determinismo delle azioni umane vengono superati in un orizzonte aperto di infinite possibilità. Uno dei concetti filosofici più importanti introdotti da Georges Bataille è la nozione di dépense, ispiratogli dalla lettura del Saggio sul dono dell’antropologo Marcel Mauss. La dépense - parola intraducibile in italiano, ma che può avere comunque un corrispettivo in “dispendio” - rappresenta secondo Bataille lo “spreco sacro”: ossia, le offerte votive che le antiche civiltà consacravano agli dei - senza consumarle - a fini propiziatori. Lo spreco sacro è l’estasi, lo sperma, ciò che dà origine alla vita, quell’attimo molto simile all’eterno. Bataille si confrontò con le esperienze del passato, con il nazismo e il comunismo, ne registrò il fallimento espresso nei macabri campi della morte e pose in modo violento, ossessivo, la domanda su quale comunità, quale nuovo tipo di società. Perché è nell’amore, nell’atto d’amore che puoi dirti sovrano. “Bataille riuscì, però a collegare le forme della sovranità – o dell’estasi – con la comunità egualitaria e con la comunità in generale. Queste forme – essenzialmente la sovranità degli amanti e quella degli artisti, l’una e l’altra, l’una nell’altra – non potevano apparirgli che come estasi”. La comunità degli amanti, degli artisti e dei poeti che non siamo riusciti a costruire. “Bataille riuscì ad opporre all’immenso fallimento della storia politica, religiosa e militare la sovranità soggettiva degli amanti e degli artisti – l’eccezione di folgorazioni ‘eterogenee’ strappate all’ordine ‘omogeneo’ della società col quale non comunicano”. La comunità degli amanti, degli artisti e dei sapienti, la cité des savantes, la Repubblica platonica anche se Platone di arte non capiva niente, ma salvava la musica e la matematica, l’armonia e la struttura del mondo e i soggetti erano uniti dall’Amore, che è quella cosa là, ma è anche altro, è una forza cosmica, è il valore, il valore assoluto che ha permesso agli esseri di amarsi ed esistere, di continuare ad esistere e ad amare. L’albero della vita. Il valore che ha alimentato culture, movimenti letterari, religioni, ha fatto esistere il primo uomo e la prima donna che non si sa bene come sono venuti al mondo, ma poi si sono amati. L’Amore ha alimentato la filosofia che può es-sere pensata, elaborata, creata solo con passione. Sì i filosofi quelli che portano nel mondo la gioia dell’amore, del sapere e della conoscenza. Per questo la Repubblica di Platone non ha avuto luogo, non si è realizzata, perché è un valore infinito e fu sostituita dal Cristianesimo che alle origini era la realizzazione di quel valore nel mondo, dio che si fa carne, ma una volta diventata religione imperiale dovette confrontarsi con altri valori assoluti, con altre religioni; i cristiani dovettero armarsi per proteggere la propria religione ed esportarla di nuovo in Oriente, là dove aveva avuto origine, ma non era più la stessa cosa perché con le armi non si esporta né la religione, non la religione dell’amore, né la democrazia. Bataille era stato il pensatore che più degli altri aveva vissuto l’esperienza del rapporto fra il soggetto e le comunità. Le due comunità che nel Novecento si erano imposte come comunità erano state lo stato nazista e lo stato sovietico. Entrambe erano fallite perché non avevano rispettato i soggetti. I soggetti sono il limite delle comunità, ma anche la comunità è al limite, non riesce a realizzarsi, non è mai all’opera, non può essere un’opera perché è un valore, l’escatologia dei fini. Nella tensione drammatica fra i soggetti e le comunità nasce l’esperienza interiore, questa dimensione meravigliosa donata all’uomo dagli dei che si realizza massimamente nell’estasi, nell’estasi dell’arte e dell’amore. Quell’io, l’io della esperienza interiore non è mai solitario, ma “un luogo di comunicazione, di fusione del soggetto e dell’oggetto”. Il soggetto comunicante, un soggetto che comunica è sempre fuori di sé, nell’istante del godimento e della creazione è sé stesso e altri, è un altro da sé. Ma il momento dell’estasi a volte produce la tragica dimensione dell’isolamento, della partizione, della separazione dal mondo: quante volte gli amanti nella letteratura e nei romanzi muoiono, perché l’estasi è separazione dal mondo. Per Bataille l’estasi non è nel mondo. Il Dasein e l’operaio sovietico non sono stati la realizzazione dell’estasi perché l’estasi non è di questo mondo. “E’ la questione del comunismo letterario (la repubblica dei sapienti) o almeno ciò che cerco di indicare con questa espressione inadeguata: qualcosa che sarebbe la partizione della comunità nella e attraverso la sua scrittura, la sua letteratura”. Sul piano mondiale, almeno nelle società opulente, si va oggi delineando quella che Marcuse ipotizzava sarebbe stata la società del futuro. Una società liberata dalla necessità del lavoro materiale che può destinare quote maggiori di lavoro a dimensioni creative. Queste creatività sono nei fatti distrutte, vilipese, condannate ad una vita randagia, esposte al rischio della droga e dei farmaci e tutto questo viene espresso dal movimento degli indignati. “La comunità significa che non c’è essere singolare senza un altro essere singolare e che esiste ciò che impropriamente si potrebbe chiamare una socialità originaria o ontologica”. All’interno di questa forma ontologica della socialità un ruolo marginale è stato assegnato alla donna, alle donne. Per Bataille la lacerazione essenziale, la lacerazione di una donna non è una lacerazione. E’ nella sua piega più intima una esposizione al fuori. Essa tradisce anche un riferimento metafisico a un ordine dell’interiorità e dell’immanenza, del passaggio di un essere in un altro. La lacerazione originaria, la donna come lacerazione originaria, la lacerazione originaria che mi partorì, mi diceva che sono nato a mezzogiorno quando splendeva il sole, sono nato solare anche se la vita ha lasciato molte ombre e quella notte interminabile accanto al suo letto che avevano messo in un angolo perché non reagiva più ai farmaci e il pacemaker che continuava a stimolare il cuore e la trasectomia che le aveva deturpato la gola. Bataille attribuiva un valore immenso al piano di immanenza, all’essere - per la morte. “Nessuno pensa più che la realtà di una vita in comune - il che equivale a dire dell’esistenza umana - dipenda dalla messa in comune di territori notturni e di questa specie di contrazione estatica che la morte diffonde (….) L’ELEMENTO EMOTIVO CHE CONFERISCE UN VALORE OSSESSIVO ALL’ESISTENZA COMUNE E’ LA MORTE”. La comunità, la società che vogliamo costruire deve essere dolce e soave, estatica, non come la società aperta di Popper che produce solitudine e indifferenza. La società che vogliamo costruire deve essere una passione, deve essere perseguita con passione, una prova del fuoco. ”E’ per questo che la comunità non può appartenere alla sfera dell’opera. Non la si produce, se ne fa l’esperienza (o meglio l’esperienza di essa ci fa) come esperienza della finitezza”. Bataille attribuiva alla comunità la dimensione del sacro perché è nel sacro che si scatenano le passioni. La passione non è un fatto solitario, ma anch’essa è intimamente una esposizione. Nel sacro i due soggetti diventano sovrani. “La presenza dell’altro non costituisce una barriera che limita lo scatenarsi delle ‘mie’ passioni: al contrario soltanto l’esposizione all’altro scatena le mie passioni”. A volte ci chiediamo perché resistono nei secoli alcuni riti collettivi come le processioni pasquali nel Sud dell’Italia e in Spagna. Perché sono una esposizione all’altro e al sacro, mentre i riti laici come possono essere i concerti rock sono stati deturpati dal mercato. “Ciò che del sacro è scomparso – cioè tutto il sacro in fin dei conti sprofondato nell’immenso “fallimento” – mostra invece che la comunità occupa ormai il posto del sacro. Essa è il sacro, ma il sacro spogliato del sacro. E’ un piano di immanenza”. Anche nei campi di concentramento la comunità degli Ebrei rimane comunità in barba alle SS. “E la resistenza della comunità dipende dal fatto che la morte impone il suo limite : non se ne può fare opera fino in fondo. E’ la morte che fa l’inoperosità. La morte è più forte delle SS. Le SS non possono perseguitare il compagno nella morte (…) Toccano un limite. Si trovano davanti al corpo morto del compagno che volta loro le spalle e se ne frega della loro legge.” (R. Antelme, L’Espèce humaine, II ed. Paris, Gallimard, 1957, p.93). Perché la comunità è un compito infinito nel cuore della finitezza. Per Bataille la comunità fu innanzitutto e soprattutto quella degli amanti. “Perché gli amanti parlano e le loro parole sconvolte riducono ed esaltano al tempo stesso il sentimento che le anima. Giacché essi trasferiscono nella durata ciò la cui verità non resta che il tempo di un lampo”. Nelle città, invece, gli uomini non si baciano, mentre gli amanti si baciano ed è come se preservassero questo motivo, salvandolo in extre- mis dall’immenso fallimento del politico- religioso e offrissero l’amore come un rifugio o un sostituto della comunità perduta. La comunione degli amanti si oppone al fallimento del politico-religioso, lo stato, la comunità degli indifferenti, ma oggi quel fallimento sta investendo anche la comunione degli amanti, perché gli esclusi non hanno il tempo, la voglia, la gioia di gioire e non è solo un dato sociologico che molte unioni falliscono, che i giovani non riescono a sposarsi, che abbiamo messo su una società malata. Nell’indifferenza del mondo tutti gli amanti di questo mondo devono imparare a scrivere, a comunicare. Bataille non aveva nessuna fiducia nell’intellettuale collettivo, l’Icaro castrato, il partito. La comunità degli amanti, il comunismo letterario, il materialismo dell’incontro sono un’altra cosa. Sono un’altra cosa perché “non bisogna mai cessare di scrivere, non si deve rinunciare a scrivere un libro, al desiderio di modificare i rapporti che esistono fra gli uomini, fra un uomo e i suoi simili. Questi rapporti giudicati inaccettabili e percepiti come un’atroce miseria”. Bataille riteneva che le narrazioni che avevano caratterizzato la modernità erano il romanticismo, l’idealismo e il marxismo, narrazioni forti che avevano trasformato la faccia del mondo. Il marxismo, tuttavia, a suo parere aveva avuto una involuzione statocratica che aveva messo in un angolo le ragioni dei soggetti, della multitudo e pertanto guardava con simpatia al surrealismo.