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La parola al pubblico: decoro urbano lame e associazionismo culturale
15 dicembre 2012

Dario De Robertis (cittadino). Il lungomare è pieno di spazzatura. Inoltre, a Molfetta abbiamo un depuratore che da dieci anni non funziona come dovrebbe. Quale peso avrà allora il tema della pulizia delle coste e del mare nel programma politico del Pd? Mino Salvemini (PD). «Premesso che la sporcizia del lungomare dipende anche dall’inciviltà di chi lo frequenta, dev’essere comunque compito dell’amministrazione predisporre una rete di raccoglitori. L’amministrazione Azzollini non ha considerato prioritarie la qualità dell’ambiente e la pulizia della città. Il controllo dovrebbe essere effettuato dai Vigili Urbani, ma a Molfetta il Corpo di Polizia Municipale è lasciato sotto organico, senza comandante, senza motivazioni. Il vigile molfettese ignora che tra i suoi compiti c’è anche quello di sanzionare coloro che sporcano i luoghi pubblici. Il tema della pulizia urbana avrà per noi una priorità assoluta e rientra nel progetto di sovvertire il paradigma azzoliniano di gestione della città». Cosimo Sallustio (presidente Legambiente Molfetta). Come Legambiente chiediamo a Nicola Piergiovanni se le lame possano diventare elemento di riorganizzazione del tessuto urbano, nell’ottica della riduzione del consumo di suolo e del miglioramento della qualità del territorio. Nicola Piergiovanni (SEL). «Con la giunta Azzollini le lame hanno dato gli standard a tutte le realizzazioni urbanistiche. Quando per un comparto non si trovava la quadra, si decideva che la lama avrebbe dato gli standard di progettazione, anche quando essa era molto distante dal comparto. Tutto ciò ha fatto sì che si costruisse in maniera irrazionale, senza tenere conto della sicurezza e della qualità della vita di coloro abiteranno nelle zone di espansione». Elisabetta Mongelli (presidente Polje). Quelli di Azzollini sono stati anni di malgoverno culturale. Risorse artistiche sono state emarginate e i luoghi della cultura sono stati chiusi o abbandonati. Gli spazi storici della città sono stati ridotti a palcoscenici per eventi di dubbio valore artistico affidati all’unico detentore della politica culturale molfettese: la Fondazione Valente. Anche il Museo Archeologico del Pulo ci è stato scippato e ora è utilizzato come strumento di campagna elettorale dal centrodestra. Come pensate di recuperare questo decennio di negazione della cultura partecipata, di mortificazione delle energie intellettuali di Molfetta? Annalisa Altomare (Lista Emiliano). «Un decennio di cultura negata è un decennio perso. Occorre pensare a un assessorato alla cultura. La cultura è libertà e non può essere lasciata all’associazione satellite dell’ente comunale. L’assessorato alla cultura dovrà essere uno spazio per creare possibilità e occasioni. Le poste di bilancio saranno ristrette, ma bisognerà sostenere la dialettica fra libere politiche culturali». Gianni Porta (PRC). «Il Museo Archeologico del Pulo avrebbe dovuto gestirlo un consorzio di associazioni, come aveva deciso la Provincia. Noi ci siamo impegnati con interventi e interpellanze per il museo archeologico e l’archivio storico comunale. Riguardo la programmazione culturale, essa non può essere appaltata ad una fondazione privata. Gli affidamenti devono essere fatti con procedure trasparenti, non direttamente. La cultura deve avere un assessorato, che dovrà lavorare ascoltando e collaborando con le associazioni culturali della città». Francesca La Forgia. Nel 2008 a Molfetta abbiamo dovuto vergognarci di una Giunta comunale di soli uomini. Questi giorni il Consiglio regionale pugliese ha bocciato con voto segreto la pari rappresentanza di genere nelle liste elettorali. È evidente che i partiti locali difficilmente accettano la presenza delle donne nell’amministrazione. Come pensano i partiti di centrosinistra di sviluppare una “politica di genere” che possa permeare il governo della città? Gianni Porta (PRC). «L’equa rappresentanza di genere in giunta, nelle liste elettorale e nell’assegnazione degli incarichi dovrebbe essere per noi ordinaria amministrazione. Serve a Molfetta un “piano di genere” che dia alle donne piena rappresentanza negli organismi consultivi e nel funzionamento della macchina comunale». Pino Amato (UDC). «Anche l’Udc, con gli altri partiti di opposizione, ha lottato per le donne in giunta a Molfetta. Per noi il rapporto fra donne e uomini dev’essere di almeno il 50%, e in questo non la pensiamo diversamente dagli altri partiti: il contributo delle donne nella politica e nell’amministrazione è importantissimo». Vito Mongelli. Qualche settimana fa sono stati inaugurati in zona ASI 3 capannoni commerciali di Emporio Amato. I capannoni sono stati costruiti in una zona ad alta pericolosità idraulica e così i costi che bisognerà sopportare per la bonifica degli allagamenti che si verificheranno in zona ASI supererà di due o tre volte il costo dei capannoni. È giusto gestire il territorio in questa maniera? Inoltre, a fianco della sede di Exprivia sarà attivato un centro di calcolo Wind. Esso darà lavoro a una decina di persone al massimo, ma consumerà fino a 4 MW di energia elettrica. Approvate questo modello di sviluppo per la zona Asi? Mino Salvemini (PD). «Gli insediamenti della grande distribuzione non possono certo essere la priorità della nostra zona industriale. Bisognerebbe dare maggiore spazio alla manifattura e al terziario avanzato. Bisogna considerare che il Comune ha poteri limitati in materia di concessioni perché le strutture commerciali sono state autorizzate dalla Regione. Come opposizione in Consiglio, noi ci siamo battuti strenuamente affinché l’amministrazione rispettasse le disposizioni e le perimetrazioni sancite dall’autorità di bacino». Gianni Porta (PRC). «I capannoni Amato hanno ricevuto una diffida il 17 ottobre, pochi giorni dopo l’inaugurazione, per mancanza di autorizzazioni riguardanti la disciplina del commercio, più altre questioni urbanistiche e di sicurezza. Una situazione incresciosa». Rossana De Gennaro (tra le firmatarie del manifesto “Vorrei…”). Nelle decisioni e nella definizione delle linee programmatiche della coalizione di centrosinistra deve poter prendere parte anche il “cittadino progettista”. Quello della cittadinanza attiva è, invece, un percorso che manca o si è interrotto. Quali sono per voi le modalità per realizzarlo, trovando un raccordo fra associazioni, movimenti e partiti? Nicola Piergiovanni (SEL). «Come amministratore, se amo la città devo prendere le decisioni in collaborazione con tante persone, devo valutarle con i gruppi interessati. La proposta del referendum per la Città metropolitana, da questo punto di vista, era un esempio della necessità, per noi, di ascoltare la volontà dei cittadini. Per amministrare bisogna ascoltare i consigli di chi sa, solo così i partiti possono contribuire a rendere Molfetta più vivibile».

Autore: Vito Angione
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