“La città è al centro di un blocco di potere e di interessi personali”, Gabriele Vilardi (Sinistra italiana) nell’incontro “Liberiamo Molfetta
Gabriele Vilardi (Sinistra italiana)
MOLFETTA – Grande partecipazione alla manifestazione “Liberiamo Molfetta” indetta dalle forze politiche ci centrosinistra dopo la richiesta di arresto del sindaco Tommaso Minervini.
Gabriele Vilardi coordinatore di Sinistra italiana Molfetta ha parlato del disagio della città e dei cittadini che la amano e vorrebbero vederla diversa, mentre è sempre oggetto di cronaca e vicende giudiziarie.
«Vorrei parlarvi con il tono di chi ha rispetto. Rispetto per la città, le persone, le istituzioni. Anche quando queste tradiscono la fiducia ricevuta - ha detto Vilardi a Corso Umberto -
Ma vorrei partire da un sentimento che mi pervade e probabilmente condiviso: il disagio. Il disagio di chi ama questa città e la vede ferita, maltrattata, abusata.
Di chi la vede di nuovo sui giornali per un'inchiesta giudiziaria.
Di chi vorrebbe solo una città che funzioni, un futuro da costruire, figli da educare alla legalità, e invece si trova con un senso civico svilito.
Ci hanno venduto la bugia di un "civismo degli esperti" finto e malato, costruito contro i corpi intermedi, privo di mediazione, fondato sulla somma di portatori di voti. Un civismo nato e pensato per l'interesse di pochi.
Dove il Sindaco - insieme a chi oggi guida la commissione Bilancio in Regione - tratta direttamente con portatori di interessi, escludendo confronto, mediazione e visione collettiva.
Ma la verità è un'altra: Molfetta è finita nelle mani di un blocco di potere economico-politico che decide le priorità in base alla convenienza e non al bene comune. Un sistema chiuso, opaco, autoreferenziale.
Un sistema che ha riaperto con forza la questione morale nel dibattito cittadino, oggi dirimente per qualsiasi comunità che intende assumersi la responsabilità di guidare in un'altra direzione Molfetta, plasmata in questi anni secondo logiche che nulla hanno a che vedere con il bisogno dei cittadini.
Poco importa il processo adesso: il tema principale è che Molfetta è bloccata.
Gli uffici sono bloccati, la macchina comunale è compromessa, i principali dirigenti comunali, tre su sei, dei tre settori chiave, che muovono l’intero bilancio (socialità urbanistica e lavori pubblici) sono coinvolti nelle indagini insieme al primo cittadino.
Ma soprattutto vi diamo una notizia: stamattina sono comparsi dei manifesti sui comizi elettorali del referendum.
E sono firmati Nicola Piergiovanni. "Sindaco facente funzioni".
Che sta succedendo? La città ha il diritto di saperlo.
Dov'è il sindaco? Abbiamo un sindaco facente funzioni?
Questa non è buona politica, questa non è amministrazione degli esperti: questo è il caos ed è il caos sulla pelle dei cittadini e della città.
Possiamo permetterci tutto questo? No.
Così come proviamo a fare mente locale di quello che è stato fatto fin ora.
Pensiamo a via Don Minzoni e alla strage di 70 pini grandi mezzo secolo solo per poter utilizzare alcuni fondi ottenuti attraverso il Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell'Abitare (PINQuA) finanziato con fondi del famoso Pnrr.
Pensiamo alle colate di cemento utilizzate per far emergere praticamente dal mare i palazzi del Lungomare Colonna, o rendere asettica tutta l'area antistante la Basilica della Madonna dei Martiri.
Pensiamo alla Piscina Comunale e alla nostra ottava estate senza la possibilità di poterla usufruire.
Pensiamo al grande Porto commerciale della nostra città (grande solo perché l'opera più costosa della nostra storia cittadina): un corpo incompleto, privo di anima e scopo dal 2008 da 170 milioni di euro (tanto quanto un ospedale moderno o 3000 case popolari).
Pensiamo al nostro centro cittadino mortificato, spento come i semafori che caratterizzano le nostre strade e che mettono ancor di più in pericolo bambini e anziani.
Pensiamo ai tanti cantieri fantasma, bloccati, incompiuti e sotto la lente d'ingrandimento della Magistratura.
La città arranca, il privato ha fame e continua a cannibalizzare pezzi di suolo a suon di comparti ingozzati dal grigio cemento dei palazzi, mentre i servizi e le opere di pubblico interesse sono fermi, inesistenti o abbandonati a se stessi.
E allora dopo quello che ho appena detto sì, c'è disagio, ma anche indignazione.
Ma un'indignazione non solo da sfogo utile per un post su un social network, ma che intende scatenare un moto civico, forte, consapevole.
Un moto che dica: basta e che ci consenta di elevare lo sguardo, di ritrovarsi, di mettersi fianco a fianco come oggi e far venire quella sana voglia di sentire tra le mani la possibilità e il bisogno di poter contribuire per una Molfetta viva. Liberata.
Perché non è normale che ogni giorno si parli più di procure che di progetti.
Non è normale che i cittadini siano resi partecipi delle dinamiche amministrative leggendo le intercettazioni.
Non è normale che l'amministrazione si arroghi il diritto di continuare come se niente fosse, come se non sia necessario un dibattito pubblico, chiaro, limpido su quanto sta accadendo anziché nascondersi vergognosamente dietro a interpretazioni capziose del regolamento comunale.
E invece no. La giunta resta immobile.
Anzi, più che immobile, prosegue in modo arrogante così come la propria maggioranza di Yes Men.
E allora lo ripetiamo e diciamo senza giri di parole:
Le dimissioni del sindaco sono un atto dovuto, indipendentemente dalle decisioni del Gip sulle misure cautelari e dall'esito dei procedimenti.
Così come non possiamo aspettare solo le sentenze.
La politica deve tornare a fare la sua parte.
E noi ci siamo.
Noi ci mettiamo la faccia, le mani, il corpo.
Non per sostituire una poltrona con un'altra, ma per aprire una nuova stagione.
Una stagione fatta di:
- trasparenza vera,
- partecipazione reale,
- giustizia sociale,
- visione strategica condivisa.
Una stagione dove tornino protagoniste le energie migliori della città: le associazioni, i volontari, i giovani, i lavoratori della conoscenza, le famiglie, gli insegnanti, i comitati di quartiere.
Chi finora è rimasto ai margini, chi ha soltanto subito e non è stato ascoltato, chi si è sentito tradito e forse vorrebbe farsi da parte e disinteressarsi della cosa pubblica, oggi è chiamato in causa.
Perché questo terremoto non può lasciarci spettatori.
Ognuno ha qualcosa da dare, da dire, da fare.
E allora sogniamo.
Sogniamo un Comune dove le regole valgono per tutti, non solo per chi ha le chiavi giuste.
Un'amministrazione che guarda ai bisogni dei tanti, non ai privilegi di pochi.
Una città che cresce senza cementificare, che valorizza il commercio di prossimità, la cultura, il lavoro giovanile, la bellezza.
Una città che parla, ascolta, discute, sceglie insieme.
No, non è un libro dei sogni. È tutto possibile.
Basta decidere da che parte stare.
La Molfetta che sogniamo è già qui, nelle persone che ogni giorno resistono.
Nei cittadini onesti. Nei ragazzi che non si piegano. In chi crede ancora nel bene comune.
La Molfetta che sogniamo è più grande dei suoi problemi. Più grande degli interessi. Più grande del silenzio. Più grande di questo presente stanco.
Noi siamo qui per servirla, non per servirci di lei».