Caro Direttore, mentre leggevo di recente un testo del Prof. Contorbia mi è capitato di scorrere due “pezzi” additati come esempi da manuale di effi cacia cronistica: si tratta della descrizione di Molfetta che Gaetano Salvemini pubblicò nel 1897 su Critica Sociale e della cronaca dello sciopero dei portuali di Genova redatta dall'economista Luigi Einaudi nel 1900 per La Stampa. Subito dopo mi è balenata nella mente l'idea di raccontare la mia personale visione su un tema molto attuale a seguito della pubblicazione del famosissimo libro “La Casta”. Credo sia sacrosanto il diritto di sottolineare gli errori, le disfunzioni, le gaffe di chi non svolge correttamente il proprio ruolo, come fa molto bene la redazione del suo Quindici, e tra le varie forme di azione che possono essere realizzate direttamente dai cittadini per questo scopo, merita ricordare quella attribuita all'analisi civica, intesa come un sistema di attività mediante i quali i cittadini defi niscono, comunicano e fanno valere il proprio punto di vista in ordine a questioni di rilevanza pubblica, riguardanti la tutela dei diritti e la qualità della loro vita. Non c'è persona di buon senso, con un'intelligenza pugnace e libera che nel leggere il libro di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella non avverta un senso di frustrazione colposa. Già Corrado Alvaro, molto tempo fa, con amabile sagacia, era solito ricordare che bisogna sapere che cosa i politici hanno in testa ma anche e soprattutto che cosa hanno nelle tasche. In un paese dove noi giovani ci ritroviamo gravati da 80.000 euro di debito pubblico e 250.000 euro di debito pensionistico a testa, versiamo il 45% dei nostri soldi per pagare la pensione di chi, a suo tempo, aveva versato il 30% con la prospettiva di riceverne solo un obolo, ricordando che il tasso di occupazione è di 8 punti sotto la media Ue e il reddito pro capite è sceso così tanto che, ormai, solo Portogallo e Grecia lo hanno più basso del nostro, constatare che i primi custodi di questa società egoista dei “diritti acquisiti” sono proprio i nostri parlamentari, rappresenta, di sicuro, una sconfi tta sul piano politico, etico e morale. Ma la questione morale è intimamente connessa al modo di fare politica e deve stimolare una domanda di rinnovamento, di superamento delle “zone franche”, dei “buchi neri della politica”. Il rinnovamento dei partiti non si realizza con “l'inserimento nelle liste elettorali di taluni uomini perbene. Se fosse così, questa non sarebbe altro che la mortifi cazione della politica. Il rinnovamento dei partiti inizia dal servizio e non dal professionismo. Chi è chiamato alla guida di un governo compie un servizio che è della comunità, quando l'incarico si esaurisce si torna a casa a svolgere la propria professione. Invece questo non accade. Mi domando perché si arriva all'aberrazione del professionismo politico? Perché abbiamo sacralizzato questo ruolo?”. “La politica è, ormai, diventata qualcosa che appartiene a soggetti privilegiati: ai partiti, alle Istituzioni, ai professionisti della politica. Non è così. La politica è l'azione dei cittadini, è il coinvolgimento della comunità nel perseguire il proprio destino storico, il bene comune in un determinato territorio. I cittadini non possono sottrarsi dal fare politica. Nessuno dovrebbe dire non voglio fare politica perché mi occupo di volontariato, di associazionismo. Questa è una devianza perché non esiste un'azione d'impegno sociale che non sia la politica”. “Le elezioni non sono un'arma nelle mani dei cittadini da usare all'ultimo momento. Le elezioni durano l'intera legislatura per una comunità che intende realmente fare politica; si vota ogni giorno. Oltre alla cultura della delega in bianco, è allarmante un altro aspetto di questa politica malata ed è l'organizzazione del consenso”. “Per questo è indispensabile una nuova cultura politica, ma anche un rinnovamento delle Istituzioni. E' un cammino impervio quello del rinnovamento dei partiti. Infatti per rinnovare i partiti si dovrebbe incominciare dagli uomini che svolgono ruoli dentro di essi. I partiti hanno occupato, con il loro apparato asfi ssiante, tutti gli spazi, perché ogni pezzo di realtà sociale deve appartenere a qualcuno, a un partito o a un uomo di partito. Questo è il grande dramma che il nostro Paese ha dovuto vivere”. “Un'altra questione importante riguarda i meccanismi di selezione della classe dirigente. Non si ha accesso alla politica se le strutture del partito non fanno da sostegno. Per tale ragione si è affermato il ruolo del portaborse, di colui che fa carriera politica ed è premiato per la sua fedeltà e per il suo senso di appartenenza”. “Nella società civile deve crescere l'indignazione verso questo modo di fare politica. E' vero stiamo vivendo momenti diffi cili; ma essi sono, anche, carichi di speranza. Per questo, nonostante tutto, dobbiamo andare avanti costruendo un sistema politico diverso”. Il testimone del testo virgolettato è il padre gesuita Ennio Pintacuda, ispiratore, tra gli altri, della primavera palermitana che, già nel 1995, affi dava ad un titolo molto intrigante, Il Guado, queste rifl essioni fi n troppo attuali. Secondo Wildasky anche ai cittadini si può attribuire lo status di “analisti” con la capacità d'intervenire in modo consapevole e informato nelle diverse fasi delle politiche pubbliche e uno dei presupposti per far valere il loro punto di vista è proprio quello di produrre informazioni, a partire da una raccolta diretta o anche indiretta di dati, fi nalizzata alla trasformazione della realtà per incrementare la tutela dei diritti. Quindi, solo per dare uno sguardo d'insieme, possiamo ricordare ai più che complessivamente, i rimborsi spese ai partiti, che hanno sostituito il fi nanziamento pubblico, superano annualmente la somma di 200 milioni di euro (la L. n. 157 del 3/06/1999 prevede la formuletta di un euro all'anno moltiplicata per elettore per ogni competizione elettorale a cui il partito è stato ammesso) e che la riduzione di 20 milioni di euro del fondo per il rimborso ai partiti politici, così tanto pubblicizzata, è inapplicabile perché hanno dimenticato di modifi care la norma di legge che assegna appunto un euro per ogni elettore. Ma sono rimasto davvero molto male nello scoprire che, come tutti gli “operatori tecnici” di Camera e Senato, i barbieri (12 a Montecitorio e 12 a palazzo Madama a tutela della par condicio) sono assunti per concorso ed entrano in servizio con uno stipendio lordo iniziale di 32.483 euro. Scatto dopo scatto la busta paga raggiunge lo “scandalo” di 133.375 euro (poco più di 8.500 euro al mese per 15 mensilità). Però, tra i 2908 dipendenti del Parlamento gli “operatori tecnici” rappresentano dal punto di vista retributivo i “Paria” di questo mondo della Cuccagna. Per esempio il segretario generale del Senato Antonio Malaschini e quello della Camera Ugo Zampetti percepiscono rispettivamente 485.000 e 483.000 euro all'anno. Un semplice ragioniere porta a casa 237.560 euro, un addetto alla gestione del riscaldamento e del condizionamento 152.790 euro, un coadiutore con mansioni di segreteria e archivistica c.ca 170.000 euro, uno stenografo quasi 254.000 euro. Si dovrebbe ritenere che tutto questo è utile e profi cuo per il lavoro dei nostri parlamentari che, a buon diritto, ricevono una busta paga che, tra indennità, diaria e rimborsi spese, supera i 15.000 euro. Al Senato (dove lo stipendio è più alto) l'indennità mensile (corrisposta per 12 mensilità) è poco meno di 5.500 euro, la diaria (riconosciuta a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma) ammonta a c.ca 4.000 euro mensili (ridotta di 258.23 euro per ogni giorno di assenza dalle sedute in cui si svolgono solo votazioni qualifi - cate e verifi che del numero legale). Il rimborso forfettario è pari a 4.678.36 euro (il 35%, 1.637 euro, viene erogato direttamente al senatore, mentre il restante 65%, pari a 3.040 euro, viene versato al gruppo parlamentare di appartenenza). Inoltre, è notorio che oltre alle tessere per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima ed La casta e la questione morale di Michele la Forgia Ennio Pintacuda aerea per i trasferimenti sul territorio nazionale, viene riconosciuto un rimborso spese annuo di 13.293.60 euro per il senatore che deve percorrere fi no a 100 km per raggiungere l'aeroporto o la stazione F.S. più vicina al luogo di residenza, che lievita a 15.979.18 se la distanza è superiore a 100 km, così come viene riconosciuta la somma annua di 4.150 euro per le spese telefoniche. Ma meno noto è che ciascuno dei deputati cessati dal mandato ha a disposizione c.ca 1.000 euro di bonus all'anno per pagare i propri viaggi privati. Il regolamento di Montecitorio, inoltre, concede agli “ex” un plafond di 1.500 euro l'anno da spendere in biglietti aerei nazionali, li sommerge di biglietti ferroviari gratis senza limiti di spesa (pur costringendoli a pagare il supplemento Eurostar), da diritto all'ingresso free sulle navi di collegamento con le isole e li munisce di Telepass o Viacard (a scelta) interamente a carico delle pubbliche fi nanze. E cosa aggiungere a quanto già pubblicato dalla stampa sull'argomento dei voli di Stato? Devono essere stati davvero tanti i frequent fl - yer, se solo nel 2005 si sono spesi la frivolezza di 51 milioni di euro. Per fortuna dal 2005 al 2006 si è passati a 43 milioni e, per il 2007, si stima a fi ne anno una spesa di c.ca 28 milioni, quindi con una riduzione pari quasi al 50%. Di sicuro la gogna mediatica a cui è stato sottoposto il trasferimento monzese del ministro della giustizia Clemente Mastella ha fatto sì che il numero dei politici che, in modo improvvido, passeggiano per l'Italia a bordo di voli di stato a spese di palazzo Chigi e quindi dei contribuenti, fosse ridotto e l'uso dei voli ricondotto a criteri rigorosi di “fi nalità umanitarie, sanitarie, strettamente istituzionali e di effettiva necessità”. Però, stando alle dichiarazioni del ministro dei rapporti con il parlamento Vannino Chiti, non si potranno conoscere i nomi e i motivi che hanno spinto tanti uomini di governo e non solo, a servirsi degli aerei blu poiché si costringerebbe l'esecutivo a un eccesso di lavoro. Vigilare signifi ca rimanere fedeli al proprio dovere e non si traduce in qualcosa di straordinario ma piuttosto in un fare l'ordinario in modo autentico e con il senso spiccato del proprio dovere. Nonostante tutto la Corte dei Conti ci ricorda, però, che ridurre gli stipendi e i privilegi dei parlamentari non servirà a migliorare di molto il bilancio dello stato poiché incidono per meno del 1% sulla spesa pubblica. Sono davvero tantissimi gli sprechi. Il vero spreco è rappresentato da come i nostri politici, con i soldi di tutti i contribuenti, esercitano il loro potere e non a come esibiscono la loro vanità. Ezio Mauro ci ricorda che cresce un “indebolimento del sentimento del pubblico”, “il venir meno di ciò che si chiamava l'onore sociale dei servitori dello Stato”. Appare insopportabile perfi no chi propone di contenere il danno con meno poltrone e meno imbottite, come se le ex aziende municipalizzate non fossero più dei malcelati monopoli se i consiglieri si riducono di numero. Alesina e Giavazzi scrivono che la concezione politica deve essere estranea alla Pubblica Amministrazione, costitutivamente egualitaria, fondata su gerarchie e scatti di anzianità. E allora cosa dire a chi ci riferisce che, pur non potendo toccare i diritti acquisiti, oggi le cose sono di molto cambiate e non potrebbe più accadere che quattro ex parlamentari (Angelo Pezzana, Piero Craveri, Luca Boneschi e Reneè Andreani) conquistino un assegno mensile di 1.773 euro netti (il c.d. vitalizio) per essere stati eletti nel 1987 e per aver lavorato un solo giorno, quello della loro proclamazione, dimettendosi. Oppure come replicare a chi ricorda il caso del senatore Alfredo Trifogli, il quale subentrò al senatore defunto Angelo Lotti il 18 giugno 1987 grazie alla giunta per le elezioni di Palazzo Madama. Solo 10 giorni sono stati suffi cienti per permettergli di far valere altri 5 anni di servizio e per aver diritto a un vitalizio mensile lordo di 4.725 euro (2.768 euro netti). E come reagire se nel disegno di legge sul bilancio dello Stato 2008 viene indicato che in un anno il funzionamento di Camera, Senato, Quirinale e Palazzo Chigi è salito da 3,11 a 3,23 miliardi di euro, con un ulteriore incremento previsto per il 2008 di 121 milioni e 702 mila euro (circa 240 miliardi di vecchie lire). Di contro, l'annunciato congelamento dell'aumento dell'indennità parlamentare non rappresenterebbe così un risparmio, ma solo una rinuncia ad una maggiore spesa. E come accettare la notizia che, forse, i dipendenti del Senato potranno andare in pensione a 53 anni prendendo fi no al 90% dell'ultima busta paga? A questo punto, confrontando questi dati economici con la realtà locale, appare utile ricordare gli importi delle indennità attuali di funzione e dei gettoni di presenza spettanti agli amministratori e ai consiglieri (ridotte del 10% ai sensi dell'art. 1, c. 54 L. 266/05, Legge fi nanziaria): (delibera comunale n. 86 del 02/04/2007) e, per fare un parallelo, confrontarli con i valori monetari delle medesime indennità mensili percepite dagli stessi amministratori di un comune (con popolazione da 50.001 a 100.000 abitanti), per esempio nel 1985 (ben 22 anni fa): (utilizzo di coeffi cienti per tradurre i valori monetari nel periodo 1965 – 2005 in valuta del mese di dicembre 2005 calcolati in base al defl atore dei consumi delle famiglie mensilizzato in base agli indici dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale. Fonte Istat). L'esito è a tutti molto evidente: scopriamo che attualmente i nostri rappresentanti politici guadagnano molto di più di quelli guidati dal sindaco prof. Enzo de Cosmo in quei lontani anni. Dopo il recente articolo del New York Times sul declino dell'Italia, penso sia conveniente rifl ettere su quella sentenza, gentile ma spietata, evidenziata; la malattia italiana quantifi cata dall'insicurezza dei cittadini, dalla loro mancanza di prospettive per il futuro, dal ristagno del Pil e dalla carestia della quarta e perfi no, ormai, della terza settimana nei bilanci familiari, è riconducibile al progressivo indebolimento dello Stato. Credo, però, che sia assolutamente necessario concludere con un messaggio positivo indirizzato alle generazioni più giovani, in modo che non perdano la speranza di contribuire alla costruzione di un Paese diverso, più libero, senza rinunciare a un impegno diretto in un politica che resta lontano da loro. Quest'anno il concorso nazionale del Genova Film Festival ed il premio della Critica sono stati entrambi ben meritati dal fi lm Meridionali senza fi ltro del regista Michele Bia (già vincitore del David di Donatello 2007), un on the road familiare con tre uomini in viaggio dalla Puglia alla Basilicata. Si tratta di uno schizzo fi eramente disincantato di un Sud Italia cadaverico e “pulp”, “un originale sintesi di commedia, humor e senso del tragico in un Sud insolito di cieli bassi e minacciosi”, una storia che sudava sincerità e dolore e in cui storie concrete si guadagnavano un fi nale teneramente amaro o viceversa. In una Italia che grufola nel trasformismo politico per perpetuare una guantata sopraffazione, dove “la cultura non ha ritmo” e da cui “fuggono i cervelli ma restano le tette”, solo i giovani volenterosi, disincantati e impegnati potranno concedere al nostro Sud d'innalzarsi qualche metro sopra il pallido orizzonte della politica nazionale. Mi scuso per lo sfogo ma tutte queste buone notizie, così evidenti a chiunque sappia “coniugare principio di realtà e principio di responsabilità”, non hanno lo scopo di far levare il vento pericoloso della delegittimazione, del “grillismo”, delle ingiurie e delle provocazioni, bensì rappresentano un modo di raccontare la cronaca dalla parte di un comune cittadino.
Autore: Michele la Forgia