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L’Ombra Il racconto
15 novembre 2022

La prima luce dell’alba, vivida, netta, con il sole che sta- va sorgendo, inva- deva la stanza del piccolo attico, poco più di un abbaino, in verità. Si svegliò con le braccia intorpidite, si era addormentato qualche ora prima con la testa sulle braccia poggiate al tavolino. Si stirò come un gatto e sorrise guardando la tavola a cui stava lavorando e poteva dirsi finita. L’editore la aspettava da qualche giorno e dava segni di impazienza. Anche quest’albo era completato. Il suo personaggio, più umano che supereroe, stava conquistando gli appassionati di fumetti piccoli e grandi, e gli albi uscivano ormai con cadenza settimanale. Si guardò attorno con la testa ancora annebbiata dal poco sonno e dalla posizione scomoda. Il sole la faceva ormai da padrone illuminando ogni angolo della stanza… gli sembrava che gli mancasse qualcosa… ma no, nonostante vivesse da solo era piuttosto ordinato, tutto era al suo posto, come la sera prima. Gli oggetti si stagliavano netti nella luce ormai piena ed era ora di preparare il caffè. C’era però qualcosa che lo turbava e non riusciva a capire cosa fosse. Percorse con lo sguardo la stanza e con sgomento si rese conto che tutti gli oggetti proiet- tavano ombre sulle superfici chiare delle pareti, dei mobili, tranne che… ma via, era assurdo. Passò nella piccola stanza d’ingresso che aveva sulla parete un grande specchiera, retaggio de- gli inquilini precedenti. Si guardò, era tutto norma- le, il ciuffo spettinato sulla fronte, gli occhi vividi e scuri, il naso da pugile, una faccia simpatica, indubbiamente, i jeans sbiaditi e con gli strappi – era una moda recente che non gli piaceva ma gli consentiva di usare anche jeans ormai logori – la bocca larga sempre aperta al sorriso che ora aveva gli angoli in giù. Accese la lampada sopra la specchiera, la stanza non aveva finestre e anche qui si accorse con disperazione che l’ombra che avrebbe dovuto essere proiettata sulla parete di fronte, non c’era. Tornò nella stanza tinello, prese in mano un libro voluminoso, si pose in direzione dei raggi del sole tenendolo con due dita: l’ombra del libro si proiettava netta sulla parete, solo l’ombra del libro che sem- brava sospeso in aria. Uscì di casa e si diresse verso il parco senza entrarvi, mantenendosi nella zona in ombra. Non era più entrato nel parco dopo l’ultimo incontro con lei, pensò alla sua freschezza, alla sua ingenuità, alla sua tenerezza. Si erano seduti su una panchina nella luce del tramonto e si erano giurati di aspettare che lei tornasse, sarebbe andata all’estero per un anno con i genitori, per il lavoro di suo padre. Il ricordo del loro ultimo in- contro lo prese alla gola, non sarebbe entrato nel Par- co, gli faceva troppo male. “I risultati delle sue analisi sono perfetti – gli disse il Primario – qualunque cosa lei temesse di avere… beh, non ce l’ha”, aggiunse sorridendo. “Vada tranquillo e si distragga, credo che lavori troppo. I miei figli sono lettori appassionati dei suoi albi e quando non mi vedono e ho un momento di tregua li leggo anch’io”. Era tutto gratifican- te e rassicurante ma gli ba- stò uscire fuori, nel sole del mattino, e constatare che accanto a quelle degli alberi del viale, la sua ombra non c’era. Come avrebbe potuto spiegarlo al medico? Tornò a casa con un gran senso di oppressio- ne e sgomento. La giornata trascorse lenta e la sua inquietudine non accennava a scomparire. Al tramonto decise di uscire. Le ombre degli alberi, della gente, si proiettavano lunghe sui marciapiedi e se qualcuno si fosse accorto che lui non proiettava la sua ombra… al diavolo! Doveva superare anche la malinconia, l’angoscia di saperla lontana e non sapere se e quando sarebbe tornata. Si diresse alla loro panchina, era ora di cena e nel parco non c’era nessuno. Da lontano vide qualcosa che lo sconvolse e lo rassicurò nel- lo stesso tempo: seduta sulla panchina c’era, inequivocabile, la sua ombra, col braccio poggiato sullo schienale, le gambe accavallate, se an- che non fosse tornata a proiettarsi dal suo corpo, non aveva importanza, ora sapeva che era lì, in attesa di lei. Intanto si era fatto tardi, era già buio anche se una splendida luna piena illuminava alberi e piante nel viale. Era una notte magica. Già, ma se anche altri avessero visto l’ombra che sarebbe successo? Passò la mano sulla panchina in direzione del braccio. Si diffuse come una leggera nebbia e l’ombra sparì fra gli alberi per tor- nare poco dopo. Sorrise… nessun altro l’avrebbe vista. Per quel che lo riguardava avrebbe camminato sul lato in ombra della strada. © Riproduzione riservata

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