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L’intrinseco legame di Dante con la storia del Mediterraneo
15 settembre 2021

Se dovessi pensare ad un Dante europeo, me lo immaginerei e lo costruirei a mo’ di trittico, alla maniera medioevale: al centro, il Dante cristiano; ai lati, il Dante islamista e il Dante cultore dell’ebraismo. Un Dante, inequivocabilmente cattolico e pregno di un bagaglio di cultura araba ed ebraica. Un Dante, partecipe di una Ecclesia spiritualis, in attesa di tempi nuovi, da non confondere con i falsi accomodamenti né con le pretese dei rigoristi. Un Dante teologico che, nell’itinerario etico dell’uomo, si giova della cultura araba ed ebraica, purificate dal credo cristiano, come due ali aggiunte per il volo della dignità vera dell’anima umana. Dante, autenticamente europeo. Perché intrinsecamente legato alla storia luminosa del mediterraneo teocentrico, dove l’uomo è e si sente viandante, peregrino. Cittadino di un’altra città. In cammino verso un altro mondo, dopo aver raccolto, dalla natura, dalla ragione e dalla fede, le palpitanti luminosità che brillano dall’amore. Amore di redenzione e di purificazione. Innalzarsi dalla regione del corpo a quella dello spirito è un tornare in patria. Questa patria è lo stesso Dio, l’Eterno Amore. La posizione di Dante, in base alla Divina Commedia, è di moderna rivoluzione. Espone la sua visione di Dio, della natura, dell’uomo, della Chiesa e dei santi, senza controlli esterni. Non ha committenti, a cui piacere. Dipinge la summa teologica del suo credo, con la libertà propria di chi ha una coscienza, liberata dalle strutture e, a sua volta, inserita nei valori. Paga la libertà, a caro prezzo. La libertà lo ripaga con la superiore sovranità. Nel collocare il cammino dell’uomo nell’ambito esclusivo della coscienza religiosa, quella vera e non ipocrita, il Poeta non forza la mano. Libera e accorda poesia e vita. Con inguaribile melanconia, si lega ai testi di quei personaggi antichi, che trova universali. Si giova delle loro idee, per valorizzare al massimo lo sforzo del cammino umano, programmato verso il Paradiso. Negli uomini dalla coscienza religiosa, cristiani, ebrei, musulmani che essi siano, Dante vi trova un fondo comune: la necessità di abbandonare il regno oscuro per accedere all’incanto dello splendore celeste. L’ingratitudine, l’invidia, l’avversione, il cattivo esercizio del potere, il deludente egoismo sono soluzioni cieche. Non accordano l’uomo alla vita. La natura dell’uomo parte dall’indefinibile amore, ponendo la coscienza al pari del respiro della luce. La ribellione alla natura deturpata è obbligo etico, dignità, superiorità di spirito, bisogno di preghiera, cittadinanza nel nobile castello dei poeti dello spirito. Non per pura allegoria, il castello medesimo è per ben sette volte cerchiato di alte mura, a rammentare le virtù morali e intellettuali, necessaria alla sapienza. Quella sapienza che è base indispensabile, per l’incontro con Dio, luminosissimo. La luce è l’anelito antico degli uomini liberati che condannavano il “moderno” nel Medioevo e condannano il “moderno” contemporaneo. Crea l’abisso tra l’uomo blasfemo, impegnato ad operare nella malizia infernale della menzogna e dell’inganno, e l’uomo potenziato dalla saggezza e dalla grazia, che guarda ad un altro mondo, poiché chiamato dalla trasparenza dello spirito. In questa visione, l’universalismo di Dante, “Minerva spira e conducimi Apollo” (Parad. II, 8), purifica spazi geografici, dove si colgono altre culture e altre mentalità, e accoglie gli annali del tempo, dove si recuperano uomini, come Virgilio, dal grande valore simbolico. Non mancano figure, che annotano la tragedia della notte oscura dei cuori; ma queste fanno da contrappunto, per esaltare la fratellanza umana. Tempo e luogo procedono e spiegano la grande teologia della Luce, del Figlio di Dio fatto Carne. La Carne di Dio sperimenta il colore della sofferenza e illumina l’umano redento. Ogni uomo, toccato dalla sofferente purificazione, agogna la fratellanza indicata nel Paradiso, luce di pace, e di contemplazione. La contemplazione dantesca riguarda l’Unità nella Trinità, un solo Dio in Tre Persone, una sola natura, distinta in tre esperienze d’amore. E il numero sacro del tre, di pitagorica memoria, che ritma la Divina Commedia. Un triangolo d’amore e di sofferenza che unisce gli uomini delle tre religioni monoteistiche d’Europa: Ebraismo, Cristianesimo, Islamismo. Tre sacri, una sola cultura: Dio (la Lux), l’uomo (il Lumen nella materia), la vita eterna (il Lumen nella Lux). Sono le radici culturali d’Europa, dove si trova “la verità che tanto ci sublima” (Parad. XXII, 42), secondo la Regola comune dei monasteri, norma e spiritualità dell’Occidente purificato. *Il testo è comparso in italiano su “L’Osservatore Romano”, L’idea di Europa nell’opera del grande poeta. L’intrinseco legame di Dante con la storia del Mediterraneo, 14 luglio 2002, p.3 e nelle lingue del catalogo in “Dante Nostro”, pubblicazione semestrale del Centro Dantesco di Ravenna, I, 2002, 2, pp. 3-4.

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