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“L'alba dei vinti”, il coraggio di ricominciare Presentato il romanzo dello scrittore molfettese di Dino Claudio
15 luglio 2003

Un grande affresco di una gioventù velleitaria, sognatrice e dilaniata nel confronto con la realtà, l'ultima opera di narrativa di Dino Claudio che segna forse il punto più alto dell'osservazione dell'autore nei confronti della società contemporanea contorta e decadente, priva di una sua boa di ancoraggio, sballottolata nelle vicende travagliate della vita tra aspirazioni di beni materiali alla portata di tutti e il complesso sistema di un dis(ordine) che divora le più diffuse aspettative. E siamo ancora a cinquant'anni fa, nel 1954, nel pieno fervore della ricostruzione materiale dell'Italia uscita dalla guerra, quando le speranze di una rinascita morale erano ancora possibili. Del resto Claudio aveva segnato con le sue opere di narrativa (per non parlare delle sue raccolte di poesie) i vari decenni della seconda metà del '900, mettendone a fuoco artisticamente le problematiche più largamente sentite: il senso di isolamento dell'uomo e l'incomunicabilità delle coscienze in risposta ad un bisogno interiore ne "L'eredità degli esclusi" e "L'albero nudo" (anni '60); la crisi della scuola e della burocrazia degli anni, 70 con " Il provveditore"; l'amara critica e il sogno di un'umanità migliore, in collegamento con le aspettative di una crescita interiore ne "Le stelle pazze" (anni '80). Quindi la questione morale nella vita sociale e politica con la stupenda favola metaforica de "L' isola di Cicno" in cui, trasferita nell'età del mito, in vicenda spesso deviante dell'umanità degli anni '90 si colora di asprezze e dolcezze insolite che sottolineano lo sdegno e la ripulsa dello scrittore di fronte all'abbrutimento dell'uomo ormai ignaro del valori dell'esistenza. Né si può intendere il romanzo "L'alba dei vinti" (Edizioni Marsilio - Venezia) senza ripercorrere il coerente sviluppo del cammino artistico dell'autore che qui organizza un vasto romanzo, articolato nelle storie dei personaggi sullo sfondo di una città, Roma, ammaliante e conturbante negli anni della ricostruzione postbellica che precede di poco il fascino della "dolce vita", quindi del paese della Lucania della protagonista Paola, quasi sacerdotessa della danza, ivi rifugiatasi come un animale ferito dopo la violenza del trascinamento delle passioni. Infine la scena si sposta sui puri paesaggi montani, scelti emblematicamente come luogo di ritrovamento della purezza, dalla figura di intellettuale, Franz, appartenente a una famiglia di guide alpine, dove i due protagonisti, uniti da vero amore tardivamente compreso, si ritrovano nella morte. Altri personaggi animano la trama del romanzo, vivendo di vita propria: Cesco, scrittore fallito dal carattere debole, vittima delle trame della burocrazia disumana e potente, ambiente su cui Claudio scrive pagine indimenticabili, e Faustina, giovane donna dai generosi sentimenti e dalle facili cadute per la quale sorge un'alba di luce attraverso l'esperienza unica della maternità; Fabio, bellissimo e perverso, Prosdocimo sinistro e bestiale nella sua materialità, la sedicente Marchesa di Noiandau, compagna di nefandezze di Fabio, ben tratteggiata con colori realistici e violenti che la rendono disgustosa nella sua grassezza e bassezza d'animo e ricorda taluni tipi dei racconti satirici contenuti in "Tardone" del 2000 dello stesso Claudio. Non si smarrisce nel caos della vita Marco, anch'egli artista mancato, che si muove tra speranze e sconfitte e ritrova poi il senso dell'esistere nella riflessione e nel colloquio con se stesso e nell'andare verso gli altri, guardando ai migliori, a quelli che hanno saputo aprirsi alle sofferenze degli altri e donarsi; in breve, nel capire il valore della solidarietà, della condivisione, uscendo dagli egoismi personali per guardare "l'altro" "con viscere di misericordia" e opere di bontà. E siamo in un "non luogo", in una dimensione non più temporale perché legata allo spirito. Abbiamo detto degli ambienti e dei personaggi descritti nei loro particolari realistici e coloristici e nelle sottigliezze psicologiche ma il romanzo non tutto qui perché esso si dipana e si dispone in un armonioso sistema di spazi narrativi, passando da alcuni personaggi ad altri, con le loro vicende di illusioni e disperazioni, attraverso luoghi descritti realisticamente o evocati e cantati con piena partecipazione dall'autore che vive da decenni a Roma e la conosce nei fascini più reconditi, ama i paesaggi alpini che elevandosi verso il cielo sollevano lo spirito verso spazi incontaminati e sogni di liberazione dell'animo dalla disumanizzazione della nostra età tecnologica, come auspica “l'omino della luna" nella parte finale del romanzo di Claudio "Le stelle pazze", in pagine narrative di autentica poesia e fortissima tensione morale a dimensione universale. Perciò egli attinge a volte i campi dell'Oltre, dell'utopia, che è lo spazio più alto che possa attingere la dimensione Uomo. "L'alba dei vinti" evoca nel titolo la scoperta dei valori da parte di uno dei protagonisti, appunto Marco, il quale, abbandonando la sua esistenza da escluso risolve in un solo giorno che vale una vita il suo sofferto isolamento con una scelta che lo riscatta, additando agli "sbandati" la sola strada per la salvezza. Tocca a lui, testimone di tutti i suoi amici perdenti, ritrovare la dignità ricominciando tutto da capo, scoprendo l'autenticità della vita quotidiana, meno velleitaria di altre vana mente inseguite nei sogni dell'arte, ma più capace di trovare risposte ai bisogni del cuore. Così l'alba si riconcilia con il giorno. Il romanzo "L'alba dei vinti" di Dino Claudio è stato presentato a Molfetta presso la sala conferenze della Fabbrica San Domenico per iniziativa del centro culturale d'arte "Il Punto", con il patrocinio del Comune (nella foto, un momento della manifestazione: da sinistra, Francesco tammacco, l'assessore comunale Brattoli, il sen. Antonio Azzollini, la prof. Pina Pisani, la prof. Rosanna Giugliano, lo scrittore Dino Claudio). Relatrice la prof.ssa Rosanna Giugliano la quale, nella sua dissertazione essenziale e approfondita, ha evidenziato il valore del romanzo che si inserisce nella migliore tradizione letteraria del '900 italiano per prestigio di pensiero e raffinatezza di stile, considerandolo "un romanzo incontaminato, tra i disordini delle cosiddette avanguardie e neo avanguardie, evocativo, di stampo classico ma rinnovate nella sua struttura linguistica in cui l'autore sa conciliare una disciplina etica e estetica alle conquiste della moderna libertà letteraria. Un romanzo importante per l'articolazione complessa della sua struttura e la rifinitezza psicologica dei personaggi espresse in un linguaggio accurato e pregnante, quasi una sfida per coloro che da anni vanno decretando la morte del romanzo, dietro lo schermo opportunistico del non romanzo. Al contrario questo si può considerare un romanzo di formazione, che deve arrivare al giovane lettore sensibile e attento come strumento di crescita, perché i libri sono compagni di viaggio stabili per chi si nutre di letteratura come cibo per l'anima e la mente. La manifestazione ha riscosso un brillante successo anche per la presenza di un pubblico numeroso e interessato che ha posto allo scrittore qualche domanda e sollecitato chiarimenti su alcuni punti evidenziati dalla critica. La lettura scenica incisiva e coinvolgente di Francesco Tammacco di alcune pagine del romanzo, sottolineata da composizioni musicali di Federico Ancona, ha permesso ai presenti di gustare passi significativi dell'opera. Vittoria Sallustio
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