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Iprite, il male nascosto: se ne è discusso presso la Fabbrica di San Domenico
24 novembre 2008

MOLFETTA - Tutto iniziò il 2 Dicembre 1943, quando nelle nostre acque fu abbattuta la nave alleata “John Harvey” da un violento bombardamento tedesco. La Harvey conteneva un grosso carico di iprite, veleno proibito dalla Convezione di Ginevra ma che gli inglesi volevano utilizzare in Italia per sfondare la linea Reinhardt. Come ha ricordato ieri mattina il dott. Nicolò Carnimeo - Docente di Diritto della Navigazione all' Universita degli Studi di Bari – in occasione della conferenza nella sala "B. Finocchiaro", gli incidenti da quel giorno sono diventati sempre più gravi e frequenti. Uno su tutti, la vicenda del peschereccio “Francesco Padre”. Nonostante gli accordi prevedessero che i residuati venissero affondati a non meno di 20 miglia dalla costa, le bombe sono per lungo tempo state caricate su pescherecci che le hanno rilasciate in prossimità dei porti. In un filmato presentato per l'occasione, è emerso che fra il 1974 e il 1977 sono stati rinvenuti presso Torre Gavetone più di 800 mila ordigni, di cui molti a caricamento speciale. E' una situazione devastante quella che investe le nostre acque, facendo sentire i propri effetti sui pescatori e sulla gente comune. Nel 1976 un intero equipaggio fu colpito dal veleno sprigionato da un ordigno trascinato con le reti a bordo dell'imbarcazione. Morirono i 5 membri dell'equipaggio. Fino al '96 sono stati registrati a Molfetta 233 casi di intossicazione da iprite. E' un nemico spettrale, una minaccia che sembrava inabissatasi ma che continua a propagarsi pian piano nell'ambiente alimentandosi dell'indifferenza delle istituzioni. E ogni tanto lancia qualche segnale più evidente, come quando le bombe al fosforo bianco, portate a contatto con l'aria assieme alle reti ritirate dai pescherecci, si incendiano; o quando i ragazzi che fanno il bagno nei porti escono dall'acqua pieni di bolle. Anche i pesci analizzati appaiono sottoposti a stress ambientale, presentano lesioni cutanee e altre anomalie. Il dott. Luigi Alcaro, membro dell'ISPRA – ex ICRAM – ha rassicurato i consumatori spiegando che la molecola dell'iprite agisce sul tessuto dei pesci causando una vescica e venendo poi trasformata in un'altra molecola che non danneggia chi se ne nutre. Il pericolo, invece, è per chi viene a diretto contatto con la sostanza. L'interesse delle istituzioni nei confronti della situazione è nato da una interrogazione parlamentare di Nichi Vendola, dieci anni fa. Oggi, il ministero dell' ambiente ha stanziato 5 milioni di euro per la bonifica delle zone a più alto rischio: Molfetta, Manfredonia, Bari e Torre Gavetone. Intanto la Nato ha avviato una circospezione delle nostre acque su rotte prestabilite, attraverso un sonar. Il Comandante della Capitaneria di Porto, ha ricordato l'impegno della capitaneria sia nelle bonifiche d'urgenza che nella bonifica programmata. Ma è stato Vitantonio Tedesco, presidente della Cooperativa Pescatori Molfetta, a denunciare il disimpegno delle istituzioni a cospetto del deterioramento delle acque, che ha ridotto drasticamente il pescato e ha costretto tanti pescatori al ricovero d'urgenza. I pescatori Molfettesi sono in condizioni disastrose, i guadagni non riescono ad assicurare il minimo sostentamento, mentre in altri porti non toccati dai residuati bellici il pescato continua ad essere abbondante. Non si può, allora, considerare l'alga killer l'unica causa di questa situazione. Come ha ricordato Matteo d'Ingeo, infatti, la scorsa estate si è presentato il caso di due donne con infiammazioni vaginali a seguito della permanenza in acqua, che il medico ha ricondotto non all'alga killer ma ad altri agenti. Le alghe presentano mutazioni genetiche evidenti e inoltre l'alga tossica prolifera nelle acque dove sono presenti le bombe. Per d'Ingeo, la tesi che rimanda all'acqua di zavorra proveniente dal Mar Rosso l'origine dell'alga killer non regge più, la proliferazione dell'alga è strettamente collegata alle sostanze rilasciate dalle armi chimiche. E, nonostante tutto, le ordinanze sindacali che segnalavano la presenza dell'alga sono arrivate solo a fine Agosto. E' stata anche denunciata da una delle poche persone giunte ad assistere al dibattito la disfunzione dello scarico fognario che si riversa nelle acque vicine a Torre Calderina. Ma il comun denominatore degli interventi è stata la preoccupazione per la salute propria e delle future generazioni, di fronte ad un mare le cui condizioni vengono discusse ancora a voce bassa da pochi coraggiosi, e che continua a fornirci prodotti la cui natura resta incerta. Sembra che le ragioni di ordine istituzionale e “personale” rimandino certe scelte determinanti per il futuro della gente tutta, preferendo un arrivo per contrarietà ad esiti sempre più spiacevoli e condizionanti.
Autore: Giacomo Pisani
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