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Io studentessa di Molfetta a Londra ho vissuto in diretta l'attacco terroristico a Westminster
23 marzo 2017

Mirianna la Grasta, collaboratrice di “Quindici Molfetta" è a Londra a studiare giornalismo. E’ stata quindi testimone sul posto del grave attentato terroristico a Westminster. Ci racconta la sua testimonianza diretta

LONDRA - Qui a Londra sono le 22,00 del 22 Marzo 2017. Mi siedo finalmente alla mia scrivania, portatile aperto, pronta a scrivere di getto tutto ciò che è successo oggi nella città che, da ben due anni, mi ospita.

Londra è in subbuglio, ma anche Molfetta lo è. Perché a Londra ci sono Mirianna e tanti altri concittadini che, per un motivo o per l’altro, hanno fatto di questa immensa e caotica metropoli la loro seconda casa.

Ebbene sì, Londra non è stata altro che l’ennesimo bersaglio della follia umana – che i lettori perdonino la mancanza di imparzialità in questa affermazione. Che sia un attacco individuale o di matrice estremista, l’attacco terroristico a Westminster, Londra, è la dimostrazione che il genere umano predilige l’egoismo all’altruismo, la violenza all’amore per il prossimo.

Ero seduta nella hall del Dipartimento di Giornalismo della City, University of London quando, simultaneamente, i monitor che proiettano news da tutto il mondo si sono illuminati con la scritta “BREAKING NEWS”. Erano le 15,00 ora locale e, sembra triste ammetterlo, sono proprio queste storie che noi giornalisti o aspiranti giornalisti aspettiamo.

Questa volta, però, non avremmo compianto né Parigi, né Bruxelles, né Berlino, né le tante altre realtà colpite da attacchi in questi ultimi anni. Scrivere di un qualcosa che non ci riguarda è sempre molto più semplice. Ma oggi, l’orrore londinese ci ha fatto riflettere: Londra era stata considerata una delle metropoli più sicure e controllate d’Europa, con un’intelligence che fino a quest’oggi è riuscita a sventare più di 23 (??) attacchi terroristici in due anni.

Invece eccoci qui, anche noi profondamente colpiti da un evento imprevedibile. E colpiti sono stati soprattutto i cari dei cinque uomini che hanno perso la vita nell’attacco, tra cui lo stesso presunto aggressore e Keith Palmer, 48, un ufficiale di polizia. Il numero totale delle vittime continua a salire. Da 20 si è passati a 40 comuni cittadini feriti, alcuni di loro presentano ferite minime, molti invece sono in “condizioni fisiche catastrofiche”.

“Londoners are advised to stay indoors (i residenti dovrebbero restare in casa)”, ripetono le autorità.

Ed è quello che stiamo facendo. Seguiamo il loro consiglio e restiamo in casa. Guardiamo il telegiornale. Premiamo play e replay sui video che immortalano l’accaduto e che popolano il web e ripercorriamo incessantemente gli attimi di un attacco brutale:

un terrorista a bordo di un SUV Hyundai i40, proveniente dalla parte sud del Thames, percorre il famoso Westminster Bridge ad alta velocità, sale sul marciapiede e lo percorre per un centinaio di metri investendo e ferendo diversi pedoni. Alcuni, come una donna, si gettano disperati nel fiume. Il terrorista poi schianta il SUV contro le inferriate della House of Commons, fuoriesce dal veicolo e si dirige verso il Parlamento. Intenzionato ad entrarci, accoltella a morte un poliziotto di guardia all’entrata ma viene colpito a morte da un secondo ufficiale. 

L’attacco da subito il via alle operazioni anti-terrorismo, per le quali il Parlamento e molti altri edifici in zona vengono chiusi. Anche i trasporti vengono bloccati e la stazione metropolitana di Westminster chiusa.

Seguono soccorsi, ambulanze, elicotteri e macchine della polizia. Sento ancora il suono delle sirene che girano all’impazzata per la città.

Il Primo Ministro Theresa May descrive l’attacco come “sick and depraved (malato e degenerante)”. I medici cercano di salvare vite. La polizia cerca testimoni. I politici criticano i valori di questo Paese. Londra è in crisi. Londra è bloccata.

© Riproduzione riservata

Autore: Mirianna la Grasta
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