Le difficoltà derivanti dalla crisi economica pesano in modo sensibile sul bilancio delle famiglie. I salari sono sempre più incerti e con una minore capacità d’acquisto. Come se non bastasse, si è aggiunto anche il peso della bolletta energetica. Secondo uno studio effettuato da Confartigianato, aggiornato a settembre 2011, ogni famiglia paga per questa fornitura 2.458 euro all’anno, con un aumento del +26,5% negli ultimi dodici mesi. Aumento dovuto soprattutto al caro petrolio che ha raggiunto, sempre nel mese di settembre, la quotazione di 108,56 dollari al barile.
È strano verificare come l’Italia, ancor più di altri paesi e senza possedere giacimenti di combustibili fossili, si sia legata al petrolio e al gas naturale quali principali risorse energetiche. Tra l’altro, prima del boom economico registrato negli anni sessanta, la fonte energetica prevalente, riguardo l’elettricità, era l’idroelettrico, tra le risorse “verdi e sostenibili”. Se tutti i maggiori costi sostenuti per la dipendenza dal petrolio fossero stati investiti per lo sviluppo delle rinnovabili, probabilmente oggi questo caro bolletta sarebbe stato inesistente.
Ormai già da tempo si è compreso come, in base ad un nuovo rapporto tra economia ed ambiente, il sistema produttivo dovrebbe essere totalmente riprogettato mediante sistemi a basso impatto ambientale che utilizzino risorse rigenerabili. Una rimodulazione che garantisca una prospettiva più sicura in termini di disponibilità di beni e servizi, riponendo una particolare attenzione all’equilibrio dell’ecosistema. Il settore dell’energia è chiamato in primis a questo compito. In Italia, a seguito del processo di liberalizzazione del mercato elettrico e al sistema degli incentivi messo in campo, le fonti rinnovabili hanno conosciuto uno sviluppo importante anche se, dal punto di vista della produzione, i quantitativi ottenuti sono ancora modesti.
Anche in un contesto positivo come questo, che ha creato nuovi posti di lavoro, la burocrazia è riuscita a rallentare un elevato numero di progetti, con finanziatori provenienti anche dall’estero. Si è registrata infatti una innumerevole serie di leggi, tra nazionali e regionali, che ha creato enorme incertezza, permettendo prima e vietando dopo. Tutto ciò senza considerare le mancate risposte in merito agli ultimi progetti presentati. Pertanto, pur avendo concesso degli incentivi allettanti, ad una prima diffusione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili (a volte anche caotica per un’assenza di una corretta pianificazione), si è giunti oggi ad una situazione di stallo, in cui una inesistente politica energetica ha reso difficile qualsiasi programmazione.
La Germania, ad esempio, si è espressa sul tema in modo chiaro ed inequivocabile, fornendo un percorso ben delineato. In questi giorni il nostro Governo sta decidendo sulle misure anticrisi. Sicuramente ci sono alcune priorità a cui bisogna dare la precedenza, ma una seria politica energetica potrebbe anche essere una valida spinta alla ripresa dell’economia nazionale puntando, oltre che sulla produzione energetica, sullo sviluppo tecnologico ad essa correlato. È questa una delle ultime possibilità per riagganciare delle posizioni di leadership nel panorama economico internazionale.